Salvatore Costanza


la copertina del libro

la copertina


© Copyright 1989
Arti Grafiche Corrao



via Valenza, 31
Trapani
Finito di stampare
nel settembre 1989



Ringrazio l'amico
Vito Accardo
per avermi portato
alla conoscenza
di questo libro



Questa ricerca storica riproduce, con ampliamenti e integrazioni, l'omonimo studio pubblicato nel fascicolo speciale dei «Nuovi quaderni del meridione» dedicato alla rivoluzione palermitana del settembre 1866 (n. 16, ottobre/dicembre 1966, pp. 419-38).





Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

LA PATRIA ARMATA di Salvatore Costanza


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LA RIVOLTA CONTRO I «CUTRARA»
(Castellammare del Golfo, 1/3 gennaio 1862)



6. Patrioti ricchi e soldati poveri


L'incentivo più grave alla sommossa venne dai provvedimenti adottati dal governo per estendere in Sicilia la 'coscrizione militare obbligatoria. Pur attribuendo alla rivolta dei giorni 1,2 e 3 del gennaio 1862 una diretta ispirazione borbonica, le autorità però non poterono provarla né in fatto, né sulla base delle connessioni politiche, in quanto risultarono subito pili reali e immediate le cause che risiedevano nel malcontento sociale aggravato dal nuovo esperimento della leva. Tut­tavia, per un malinteso sentimento patriottico, e quindi per non riconoscere una ostilità di principio nei confronti del provvedimento da parte delle masse, che avrebbe rimesso in discussione le ragioni ideali del processo unitario e nazionale, si vollero addossare le responsabilità della violenta protesta popolare a chi, in fondo, non aveva un vero interesse a sostenerla nei suoi scatenanti effetti di eversione sociale.
L'istruttoria sui fatti di Castellammare che sarebbe stata predi­sposta al fine di raccogliere gli elementi di giudizio indispensabili a sostenere l'accusa contro gl'imputati di sedizione e strage avrebbe seguito, perciò, unicamente la causa sceleris derivante dal comportamento della fazione degli ex legittimisti, ostile ai liberali, nei giorni della rivolta e in quelli che l'avevano preceduta, sul fondamento degl'indizi raccolti in gran parte attraverso le testimonianze degli stessi liberali.
Questa è l'impressione che si ricava dall'esame del processo, dove appare abbastanza scoperto il tentativo di ricalcarel'impostazione che il governo di Torino aveva già dato al problema della renitenza di massa. Non ostante il diverso avviso espresso da autorevoli parlamentari (come Antonio Mordini), il ministero, facendo approvare nel luglio del '62 una legge per l'aumento delle pene a carico dei renitenti e disertori, aveva chiaramente manifestato le sue preoccupazioni, con l'aver individuato nei maneggi dei «subornatori» la cagione delle difficoltà che s'incontravano per la leva306. Si erano cosi ignorati il «male del paese», «la novità della leva in alcune provincie, la forza delle tradizioni, la forza dell'educazione e delle consuetudini»307, per affermare invece l'esistenza di una ben concertata «cospirazione reazionaria», che, da parte del tribunale di Trapani, si stenterà comunque parecchio a provare308.

306 Cfr. la relazione Pisanelli sul disegno di legge per le diserzioni militari, presentata alla Camera il 18 giugno 1862, in Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Sessione del 1861-62 Documenti, pp. 1750-52.
307 Ivi Discussioni, tornata del 26 giugno 1862, p. 2696.
308 «Diritto e Dovere», nn. 29, 31 e 33 del 1864. Il giornale dedicò ampi resoconti al processo, pubblicando speciali supplementi il 20 e 27 giugno, 8, I1 e 25 luglio, I, I1 e 18 agosto, 5 e 28 settembre, 17 ottobre 1864 (La rivolta di Castellammare innanzi alla Corte d'Assisie di Trapani. Cronaca Giudiziaria).

Né mancarono allora le opinioni e le circostanze di fatto addotte a sostegno della tesi che la leva fosse di per sé impopolare. «È notissima cosa - scrissero al prefetto Lanza, nel febbraio del '62, alcuni notabili di Castellammare imputati al processo - che la sommossa, causata dall'avversione alla leva, non avea colore o fine politico; che ne furono autori le persone medesime uscite dal bussolo ed i loro parenti, tutta gente dei contadi vicini»309. Comunque, testimonianze in questo senso non mancarono nemmeno da parte ufficiale. L'opera di sorveglianza svolta dal prefetto di Trapani, a partire dall'ottobre del '61, per non far naufragare le operazioni di leva, era in relazione al fermento vivissimo esistente nei vari Comuni310. Il prefetto era stato finanche indotto a non usare misure energiche contro gli autori di una dimostrazione organizzata nel capoluogo dal partito d'azione temendo di eccitare maggiormente gli animi, già abbastanza contrariati per l'introduzione della leva. «Qui, come altrove tra il popolo minuto - aveva scritto al luogotenente generale in Palermo -, per inveterato pregiudi­zio, non si fa ad essa buon viso. E però anche colla veduta di non isvegliare delle suscettibilità nella prossima estrazione degl'inscritti, e per non apprestare appicchi a biasimi ed a male voci, che riuscirebbero di nocumento alle ultime operazioni della leva, ho creduto tornar bene al mantenimento dell'ordine, di sostare d'inquirere nelle vie economiche per un fatto già passato»311.

309 La lettera è riprodotta dal «Diritto e Dovere» (n. 28 del 25 luglio 1864) tra i documenti del processo.
310 Si veda la corrispondenza intercorsa tra il prefetto di Trapani, Raffaele Lanza, e il luogotenente generale del re a Palermo, conte Pettinengo, in ASP, Pref, Gab., 1861-62, b. 2, fase. 17, Leva in Sicilia.
311 Ivi; rapporto del 3 ottobre 1861.

Le leggi che autorizzavano la coscrizione obbligatoria in Sicilia dei giovani nati nel '40 e nel '41 erano state pubblicate, rispettivamente, il 30 giugno e il 22 agosto 1861312. Il 5 novembre di quell'anno si erano chiuse non senza inconvenienti le operazioni per la leva dei nati nel '40; ma per le altre, che erano seguite subito dopo, i renitenti aumentarono al punto da rendere pressoché nulli i sorteggi3l3. Né servirono molto in tale occasione gli appelli delle autorità e l'aiuto prestato dai piu influenti cittadini «di notorio patriottismo». Furono costituiti appositi comitati per raccogliere fondi a favore delle famiglie dei coscritti piu bisognose di assistenza. Si organizzarono, a fini di propaganda, feste e parate in onore di quanti si accingevano al servizio militare; ma sembrava, per es., un controsenso al prefetto di Catania che si festeggiassero i giovani soltanto perché compivano un «dovere sacrosanto», «coronandoli di pampini a guisa di vittime»314. L'aperta ostilità dei Siciliani non risiedeva tanto nelle antiche e oggettive diffidenze contro la leva, quanto nel carattere manifestamente discriminatorio della legge. Nessun appello ufficiale poteva allonta­nare dalla loro mente l'idea di un'odiosa prevaricazione a danno dei piu deboli. Chi voleva riscattarsi dall'obbligo del servizio militare doveva semplicemente pagare alla tesoreria provinciale una certa somma315; o poteva rivendicare la prescritta esenzione svelando le astuzie della legge, ma aiutato in ciò da ben remunerati patrocinatori.

312 Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, Torino 1861, n. 63 (pp. 133-34) e n. 223 (pp. 994-95). L'immediata adozione in Sicilia deIle leggi relative al ramo militare già vigenti nel Regno sardo era stata però disposta con un decreto del 17 febbraio 1861 (v. Raccolta delle leggi e decreti del governo luogotenenziale, Palermo 1862, pp. 198-99).
313 «Gl'iscritti di Monte - scriveva in quei giorni il prefetto Lanza - sono 151 dei quali si sono presentati soli II benché ho (sic) fatto il possibile per farli presentare. Anche per Paceco se ne presentarono pochi. Vedremo che faranno in Marsala». A Paceco, anzi, qualche tempo prima un predicatore, venuto per far propaganda a favore della leva, e i carabinieri che l'accompagnavano, erano stati costretti a lasciare il paese «in mezzo a' fischi ed a pietre che il popolaccio lanciava loro dietro». Qui, peraltro, anche l'arciprete De Luca aveva contribuito col suo atteggiamento ostile al governo ad alimentare la vivace reazione popolare. (Note diverse in ASP, Pref, Gab., 1861-62, b. 2, fasc. 17, Leva in Sicilia).
314 Cfr. rapporto del pref. di Catania al Luogotenente del re, II gennaio 1862, in G. SCICHILONE, Documenti sulle condizioni della Sicilia, p. 118.
315 La somma necessaria per la liberazione degl'iscritti deIla leva suIla classe 1841 fu di lire 3000 (v. Raccolta ufficiale delle leggi, p. 1574).

Le voci che erano state sparse durante le operazioni di leva, sulle «colpevoli preferenze da accordarsi ai ricchi a danno dei poveri, ai potenti a pregiudizio dei deboli»316, non erano perciò del tutto infondate. I tumulti, scoppiati alla fine del '61 a Sciacca e a Naro, in provincia di Girgenti, derivarono pure dall'insofferenza popolare per ciò che appariva un sopruso, piu o meno legittimato dal potere politico. E la legge, nel caso dei coscritti, si mostrava piuttosto col volto esoso dei tanti faccendieri «dai visi avidi, affamaticci, aggirantisi instanca­bili per la sala con mostra di sostenere i diritti all'esenzione di questi e di quelli tra gl'inscritti: diritti, che essi facean vedere chiarissimi ai poverelli che vi si affidavano, e che in fondo erano menzogne messe in campo a illuderli, onde smungere da essi che stentavano la vita tutti quei quattrini che gli scellerati piu potevano»317.
Ad alimentare, quindi, il fenomeno della renitenza non erano solo gl'inconvenienti causati dal lungo periodo della coscrizione militare, da trascorrere lontano dalla propria famiglia, per la quale spesso il giovane costituiva un indispensabile sostegno; né soltanto i tenaci pregiudizi e le ataviche consuetudini d'inerzia civile; ma era anche il danno provocato dalle ripulse di una Giustizia che, al solito, appariva negarsi a quanti non avevano i mezzi per piegarla ai propri interessi. La diffidenza con cui era già stato accolto il decreto dittatoriale del 14 maggio 1860 sulla milizia nazionale, che pure aveva carattere straordinario, si era ben presto trasformata in sentimento di avversione e mal represso rancore contro i successivi provvedimenti per la leva. Si accrebbe per tutto ciò, di anno in anno, il numero dei renitenti in ogni parte dell'isola318.

316 Nota del funzionario di polizia di Sciacca al luogotenente del re, 15 ottobre 1861, in ASP, ML, Polizia, b. 1682, fase. 27.
317 Cfr. R. SALVO DI PIETRAGANZILl, Angiola e Maso o la leva, Palermo 1863, p. 4. Alla testimonianza dello scrittore termitano facevano riscontro, nei giornali del tempo, frequenti denunce di brogli e truffe a danno dei coscritti. Comunque, i prefetti erano stati chiamati a presiedere in ciascuna provincia i consigli di leva onde assicurare la regolarità delle operazioni, «e rivelare sempreppiu nelle masse il prestigio de' consigli» stessi (cfr. ministeriale n. 7118 del 31 ottobre 1861, in «Giornale Officiale della Prefettura di Trapani», 13 novembre 1861, p. 810).
318 Relazione del ministro della guerra alla Camera in Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Sessione del 1863, Discussioni, tornata del 5 dicembre 1863, p. 2104. Sulle reazioni popolari alla leva in Sicilia, v. anche la pubblicistica tìloborbonica: ad es. la Cronaca degli avvenimenti di Sicilia da aprile 1860 a marzo 1861, Italia 1863, pp. 366-67; G. DE SIVO, Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, rist. Napoli 1964, II, pp. 490-92 (ivi cenni sulla rivolta di Castellammare).

Nel circondario di Alcamo, dove gl'iscritti nelle liste d'estrazione risultarono 642, per i nati nel '40, e 675, per i nati nel '41319, pochissimi giovani si presentarono, preferendo alla coscrizione obbligatoria la vita randagia delle bande. Spesso a spingere questi giovani nelle bande erano noti capimafia, come l'alcamese Giuseppe Ferrara, che poteva anche contare sulla protezione di qualche ricco proprietario del luogo320.
Nel comune di Castellammare il malumore era parimenti assai esteso. Un gruppo di giovani, tra i quali era stato notato il figlio di Gioacchino Borruso, aveva pubblicamente lacerato i manifesti per la leva321. Quando poi si iniziarono i sorteggi, i renitenti preferirono nascondersi nelle campagne dell'interno, formando una banda la cui presenza fu segnalata dalle autorità del paese al prefetto di Trapani e al generale Pettinengo322.

319 AST, Registro sommario delle decisioni del Consiglio di Leva. esame definitivo ed assento degli inscritti della classe 1840 diviso per Mandamenti, vol. I; idem della classe 1841, vol. 2. Per il comune di Castellammare, gl'iscritti nelle liste d'estrazione risultarono per la leva degli anni 1840 e 1841, rispettivamente, 169 e 150. Una certa aliquota dei coscritti era obbligata alla leva di mare (25 nel 1861). 320 Come protettore del Ferrara, un rapporto del luogotenente del re al s. pref. di Alcamo (7 gennaio 1862) indicava il cav. Matteo Rocca di Alcamo. Costui pare lo avesse anche mandato «per la campagna a spargere malcontento e preparare gli animi a novità, e si dice che esso Ferrara abbia incettato tutti gl'inscritti per fadi renitenti» (cfr. G. SCICHILONE, Documenti sulle condizioni della Sicilia, p. 117). 321 Nota del delegato di p.s. di Castellammare al prefetto di Trapani, 21 dicembre 1861, in «Diritto e Dovere», n. 28 del 25 luglio 1864. Giuseppe Borruso, protagonista in loco della protesta contro la leva, era stato, però, nel '60, tra i seguaci di Garibaldi. 322 Ivi. Ignazio di Pettinengo era luogotenente del re per le provincie siciliane.


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