Salvatore Costanza


la copertina del libro

la copertina


© Copyright 1989
Arti Grafiche Corrao



via Valenza, 31
Trapani
Finito di stampare
nel settembre 1989



Ringrazio l'amico
Vito Accardo
per avermi portato
alla conoscenza
di questo libro



Questa ricerca storica riproduce, con ampliamenti e integrazioni, l'omonimo studio pubblicato nel fascicolo speciale dei «Nuovi quaderni del meridione» dedicato alla rivoluzione palermitana del settembre 1866 (n. 16, ottobre/dicembre 1966, pp. 419-38).





Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

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PROSPETTI RIASSUNTIVI DEL CATASTO DI CASTELLAMMARE (1842-44)


SCIOGLIMENTO DELLE PROMISCUITÀ E DIRITTI SIGNORILI


«Ordinanze emesse dall'Intendente della Provincia di Trapani su' progetti del Funzionario Aggiunto per promiscuità e diritti signorili». Supplemento al Giornale dell'Intendenza della Provincia di Trapani nell'anno 1845, I, pp. 73-79; II, pp. 32-36.


L'INTENDENTE
DELLA PROVINCIA DI TRAPANI


Vista la deliberazione del decurionato di Castellammare del Golfo del di 7 Agosto 1842 che tratta, tra l'altro, l'esercizio dell'uso civico di legnare sulla Montagna Gagliardetta.
Visti gli atti compilati dal Funzionario Aggiunto Sig. D. Nicolò Dommarco, non che il suo progetto di ordinanza del tenor seguente:
«Veduta la deliberazione del Decurionato di Castellammare del 7 Agosto 1842, e lo stato a quella annesso, dond'emerge, tra l'altro, la deduzione dell'uso civico di legnare sulla Montagna di Gagliardetta.
Veduto il verbale di pruova testimoniale compilato in Castellammare nel giorno 5 Giugno 1844.
Veduti i verbali compilati al 1°, 20 e 27 Agosto, e 25 Novembre 1844 per la pruova contraria del mentovato uso.
Veduti alcuni documenti prodotti per parte del Conte di Gallitano e della Sig.a D.a Laura Naselli Duchessa di Gela possessori della Montagna di Gagliardetta, e le carte tutte.
Ha elevata la seguente quistione:
Sussiste o pur no l'uso civico di legnare sulla Montagna Gagliardetta, dedotto dal comune di Castellammare; e nel caso di si quale sarà il compensa­mento da tribuirsi al Comune medesimo?
Ha considerato che l'uso civico di cui è parola costituisce un fatto notorio, il quale viene attestato dalle deposizioni di tutt'i testimoni, scelti tra le piu probe persone del Comune, uditi per la pruova; di talché lo stesso testimone D. Giuseppe Marcantonio Occhipinti comunque antico dipendente di quell'ex feudatario, padre dell'attuale procuratore del Conte di Gallitano, e prevenuto a segno d'insistere nella sua deposizione ripetutamente nel diritto, mentr'era interrogato unicamente del fatto, pur non dimeno ha confessato, che l'uso di legnare in Gagliardetta si è sempre esercitato, e si esercita tuttavia dai cittadini di Castellammare.
Che le deposizioni contenute ne' verbali di ripruova del l°, 20 e 27 Agosto, e 25 Novembre 1844, non solo non provano cos'alcuna contro l'uso di legnare in Gagliardetta, ma sono incapaci financo di spargere alcun dubbio sulla sussi­stenza di un tal fatto, la quale invece confermano consentaneamente a tutte le altre deposizioni raccolte per la pruova; imperciocché tranne il Campi ere Bolo­gna dependente, e salariato dapprima del Principe di Aragona, di poi del Conte Gallitano, e quindi non meritevole di fede, il falegname Sangiorgio, il quale molto meno merita fede, perché ha dato pruova di esser prevenuto, quando in vece di rispondere sul fatto di che veniva interrogato ha cominciato dal soste­nere, che i naturali di Castellammare non avevan diritto di legnare in Gagliar­detta, ed il caprajo Monteleone, i quali hanno asserito, che i Campieri non han permesso di legnare, locché non importa non essersi legnato; il detto di tutti gli altri testimonì prodotti dal Conte Gallitano offre chiaro il concetto di essere andati, e di andare tuttavia a legnare i Cittadini di Castellammare in Gagliar­detta, e di essere talvolta molestati dal Campiere.
Il Campiere Garofalo poi, e il marinajo Curatolo antico salariato dello ex barone, han detto che non sanno se ora si va a legnare nel detto exfeudo, e il Sig. Borruso figlio del già segreto baronale, e procuratore attuale di un avente causa dal Barone, ha detto sapere, che s'ingiungeva altra volta ai Campieri la custodia del bosco, ma non ha saputo asseverare se la inibizione di legnare si estendesse anche al morto; epperò le deposizioni di questi tre testimonj dipen­denti dell'ex Barone, oltre che nulla pongono in essere non sono manco perti­nenti, perché nulla dicono dello stato attuale del possesso.
Laonde il fatto dell'attuale esercizio dell'uso in discorso viene assicurato da tutt'i testimonì scelti fra i piu probi Cittadini, e le deposizioni de' testimonì prodotti dal Conte di Gallitano, per la maggior parte suoi dipendenti, o dell'ex Barone, non altro hanno cercato porre in mezzo, se non la resistenza de' Campieri, la quale, se fosse vera, non muterebbe il fatto di esercitarsi il ripetuto uso, il qual essi non hanno osato niegare.
Che le rancide idee di resistenza, o d'indulgenza de' Campieri in nulla possono inficiare il diritto della popolazione di Castellammare; poicch'essendo l'uso di quei Cittadini compendiato a legnare sul morto, era, ed è nel diritto del possessore del fondo l'impedire la recisione del verde, e la devastazione delle piante; e d'altra parte quel che si dice indulgenza, e tolleranza da parte del possessore d'un demanio per l'esercizio degli usi è ciò che costituisce il diritto degli usuari, e che mena per legge allo scioglimento della promiscuità, ed al compensamento reciproco, a differenza della tolleranza di usi sopra fondi allodiali, la quale non è produttiva d'alcun diritto a prò degli usuarì. E poicché il nesso delle deposizioni di tutt'i testimonj uditi assicura il fatto di essersi esercitato, e di esercitarsi tuttavia da' naturali di Castellammare l'uso di legnare al morto sul demanio ex-feudale di Gagliardetta, della di cui qualità non si muove dubbio alcuno, non rimane, per l'esecuzione della legge, se non iscioglie­re la promiscuità mercé l'assegnamento di una parte del fondo al Comune, in compensamento dell'uso.
Che nulla pongono in essere i documenti prodotti fuori sede dal Conte di Gallitano; imperciocché essi potrebbero riflettere il diritto all'uso, ma di questo non può veder l'Intendente, al quale la legge ha ingiunto di procedere allo scioglimento delle promiscuità secondo lo stato dell'attuaI possesso, e lasciare all'autorità competente la quistione del diritto agli usi, ove fusse ventilata, come emerge dagli articoli 9, 16, 28, delle cennate Istruzioni.
Che indipendentemente da ciò, per un dippiu, egli è da riflettersi, che tali documenti non ispargono il minimo dubbio sull'uso, di cui è cenno, giacché gli atti di fitto del 1813, 1814, 1819, 1821 e 1834 contengono la inibizione di legnare nell'exfeudo Gagliardetta al solo fittajuolo, e non mai ai naturali di Castellammare; le vendite fatte al 20 Agosto 1821, e lO Settembre 1836, del legname del bosco per uso di carbone, non escludono il fatto di esercitarsi sul bosco istesso l'uso di legnare da' naturali di Castellammare, e da ultimo l'atto di assegnazione volontaria fatta dal Principe di Aragona del 30 Agosto 1827 lungi dall'escludere l'idea d'usi sull'exfeudo di Gagliardetta, la include anzi apertamente; imperciocché nel patto 120 statuisce che l'assegnante avrebbe garentito l'assegnatario nel solo caso, che sul fondo si trovassero stabilite servitu per fatto di lui, e non mai se si trovassero stabilite per fatto di terzi.
Che l'uso di legnare al morto va noverato dalle Istruzioni fra gli essenziali, e va compensato col quarto nel massimo, e col quinto nel minimo, del fondo sul quale lo si esercita, epperò sia equo temperamento tribuire al comune di Castellammare il minimo, ossia il quinto in valore dell'exfeudo di Gagliardetta in compensamento del mentovato uso.

PROGETTA
Che il Signor Intendente della Provincia si compiaccia

DICHIARARE
Che sussiste l'uso civico di legnare al morto vantato da' naturali di Castellammare sulla montagna di Gagliardetta, ed

ORDINARE
1.° Che in compensa mento del mentovato uso sia assegnato al Comune il quinto in valore dell'exfeudo di Gagliardetta. A quale oggetto un perito Agrimensore assistito da due esperti indicatori di campagna, l'uno scelto dal Sindaco di Castellammare, l'altro dal procuratore del conte di Gallitano, che sarà all'uopo intimato, misuri, ed estimi l'exfeudo di Gagliardetta, e ne stacchi poscia il quinto in valore a favore del Comune nel sito che sarà scelto dal Sindaco, segnando semplicemente la linea che separi la parte assegnata al Comune dal rimanente dell'ex feudo, e levandone apposita pianta da rimanere alligata al verbale di esecuzione.
2.° Che appena compiuta l'operazione della divisione, o che in quella sia intervenuto l'indicatore per parte del Conte di Gallitano, o che non vi sia intervenuto, l'atto della esecuzione sia intimato al procuratore del detto Conte, affinché se si produce reclamo nel suo interesse avverso l'ordinanza, si attendo­no i risultamenti della discussione di quello, e se, trascorso il termine utile, non sarà prodotto reclamo, allora si appongano dallo stesso perito Agrimensore i termini lapidei, che separino la parte assegnata al Comune dal rimanente dell'exfeudo di Gagliardetta, e s'immetta il Comune nel materiale possesso della detta parte.
3.° Che fino a quando non sarà dato al Comune il materiale possesso della parte assegnatagli, i naturali di Castellammare continuino ad esercitare in natura l'uso di legnare al morto nell'exfeudo di Gagliardetta.
4.° Che il Sindaco e il Regio Giudice di Castellammare sieno incaricati della esecuzione dell'Ordinanza.
Trapani l.° Ottobre 1844».
Vista la nostra determinazione de' tre Dicembre ultimo, colla quale fu disposto, che gl'interessati si fossero presentati innanzi a Noi nel giorno Il detto Dicembre per esser intesi pria di emettersi la nostra ordinanza.
Intesi nell'indicato giorno nella Sala del Consiglio d'Intendenza il Sig. D.
Giacomo Arceri per parte del Comune di cui è procuratore, e D. Michele Lombardo procuratore del Conte sudetto.
Discusso in Consiglio d'Intendenza, coll'intervento del Funzionario Ag­giunto Sig. Dommarco, il progetto di Ordinanza di sopra trascritto dalla quale discussione è risultato, ch'esso debba in tutto il suo tenore ritenersi.

DICHIARA
Che sussiste l'uso ci vico di legnare al morto vantato dai naturali di Castellammare del Golfo sulla Montagna di Gagliardetta, ed

ORDINA
l.° Che in compensamento del mentovato uso sia assegnato al Comune il quinto in valore dello ex feudo di Gagliardetta. A quale oggetto il perito Agrimensore D. Vincenzo Rini assistito da due esperti indicatori di campagna, l'uno scelto dal Sindaco di Castellammare del Golfo, l'altro dal procuratore del Conte di Gallitano, che sarà all'uopo intimato, misuri, ed estimi l'exfeudo di Gagliardetta, e ne stacchi poscia il quinto in valore a favore del Comune nel sito che sarà scelto dal Sindaco, segnando semplicemente la linea, che separi la parte assegnata al Comune dal rimanente dell'exfeudo, e levandone apposita pianta da rimanere alligata al verbale di esecuzione.
2.° Che appena compiuta l'operazione della divisione, o che in quella sia intervenuto l'indicatore per parte del Conte di Gallitano, o che non vi sia intervenuto l'atto della esecuzione sia intimato al procuratore del detto Conte, affinché se si produce reclamo nel suo interesse avverso l'ordinanza si attendano i risultamenti della discussione di quello, e se trascorso il termine utile, non sarà prodotto reclamo, allora si appongano dallo stesso perito Agrimensore i termini lapidei, che separino la parte assegnata al Comune dal rimanente dell'exfeudo di Gagliardetta, e si immetta il Comune nel materiale possesso della detta parte.
3.° Che fino a quando non sarà dato al Comune il materiale possesso della parte assegnatagli, i naturali di Castellammare del Golfo continuino ad esercitare in natura l'uso di legnare al morto nell'exfeudo di Gagliardetta.
4.° Che il Sindaco e il Regio Giudice di Castellammare del Golfo sieno incaricati della esecuzione dell'Ordinanza.
Trapani li 4 Febbrajo 1845.

L'INTENDENTE
GIUSEPPE DEMARCO
IL SEGRETARIO
GENERALE LUIGI BARBERI
***
L'INTENDENTE
DELLA PROVINCIA DI TRAPANI
Vista la deliberazione del decurionato di Castellammare del 7 Agosto 1842 che tratta dell'uso civico di pascere sulla Montagna denominata Comune, al presente posseduta dal Barone Stabile di Calatafimi.
Visti gli atti compilati dal Funzionario Aggiunto Sig. D. Nicolò Dommarco non che il suo progetto di ordinanza del tenor seguente:
«Veduta la deliberazione del Decurionato di Castellammare del 7 Agosto 1842, e lo stato a quella annesso, d'onde risulta, tra l'altro, la deduzione dell'uso civico di pascere sulla Montagna denominata Comune.
Veduto il verbale di pruova testimoniale compilato nel giorno 5 Giugno 1844, pe'l quale rimane fino all'evidenza chiarito che i naturali di Castellammare sono stati sempre soliti di condurre al pascolo i loro animali di qualunque specie, ed abbeverarli nella Montagna denominata Comuni fino a pochi anni sono quando l'arbitrio dello ex barone assegnò quel latifondo al Barone Stabile di Calatafimi, il quale ha privato la popolazione di tali usi.
Veduta la dichiarazione fatta dal Sindaco di Castellammare nel mentovato verbale, per la quale egli spiega, che sebbene nella deliberazione del decurionato del 7 Agosto 1842 siasi fatta una semplice enunciazione del dritto di pascere sulla Montagna denominata del Comune, pure questo diritto s'intese accennarlo nel senso dell'uso esclusivo a favore del Comune di Castellammare, senzacché il Barone avesse potuto arrogarsi alcun dritto sulla Montagna istessa, la quale è stata sempre un demanio comunale, fino a che, non sono molti anni, fu occupata dalla soperchieria del Barone.
Ha elevato le seguenti quistioni:
l.a Qual conto deve tenersi della dichiarazione fatta dal Sindaco di Castellammare?
2.a Costituisce, o pur no ostacolo legale al procedimento il non essersi destinato alcun rappresentante dal possessore della Montagna denominata Comuni?
3.a Sussiste o pur no l'uso di pascere sulla stessa dedotto dal Comune, e nel caso di si, quale sarà la ragione del compensamento?

SULLA PRIMA
Considerato, che sebbene dalla pruova testimoniale risulta, che la monta­gna denominata del Comune era destinata al pascolo degli animali de' cittadini, in modo che l'ex barone non vi prendeva ingerenza, e la stessa denominazione, che tuttavia ritiene mostri, che era un demanio comunale, pur non di meno nell'attuale sede di scioglimento di promiscuità non si può tener conto della dichiarazione del Sindaco di Castellammare, la quale tende alla reintegrazione della Montagna del Comune a favore dell'Università: materia da trattarsi in altra sede, nei termini delle disposizioni dettate dalla legge, e per conseguente debba procedersi al compensamento dell'uso di pascere salvo al Comune il diritto per la reintegra ne' modi di legge.

SULLA SECONDA
Considerato che l'art.O 54 delle istruzioni approvate col Real Decreto degli Il Dicembre 1841 è cosi concepito: «Tutti gli ex baroni, le chiese, i corpi morali, ed in generale tutt'i possessori di terre demaniali dovranno fra lo spazio di due mesi, dalla pubblicazione delle presenti istruzioni, destinare ne' comuni rispet­tivi i loro rappresentanti con piena facoltà, altrimenti si procederà in loro contumacia, senza che abbian diritto alle opposizioni». Epperò attese cosi chiare disposizioni, il non essersi costituito nel Comune di Castellammare un procuratore del Barone Stabile, o da chiunque altro siasi, il possessore della Montagna del Comune, non costituisce alcun ostacolo legale al procedimento per lo scioglimento della promiscuità, e pel compenso degli usi.

SULLA TERZA
Considerato che l'uso di pascere sulla Montagna Comuni è luminosamen­te provato per le deposizioni uniformi di tutti i testimonI uditi, i quali concor­demente han detto di essersi sempre esercitato da' naturali di Castellammare, fino a che l'ex barone ne li privò facendo assegnazione di quel fondo al Barone Stabile di Calatafimi, e il testimone D. Giuseppe Marcantonio Occhipinti ha soggiunto, che l'ex Barone distrusse l'esercizio dell'uso mercé l'assegnazione, per ritrovare in ciò un compenso alla perdita del mero e misto impero, che per la legge del 1813 aveva sofferta, vale a dire che l'exfeudatario credé di rivalersi a suo arbitrio della perdita di prerogative divenute mostruose, con la invasione de' dritti della Università.
Che provata la sussistenza del mentovato uso, deve al Comune di Castel­lammare assegnarsi in compensamento di quello una quota parte della Monta­gna Comuni, sulla quale si è esercitato.
Che le istruzioni approvate col Real decreto degli Il Dicembre 1841 prescrivono, che nello scioglimento delle promiscuità, e nella compensazione di tutti gli usi civici si debba aver riguardo al solo stato possessivo, e che sia permesso ai Comuni, in mancanza del possesso, il provare con titoli posteriori al 1735 gli usi civici, che possono loro competere sulle terre feudali innanti all'Intendente in Consiglio d'Intendenza, e l'art.o 28 prescrive, che ove il Comu­ne contenda la qualità feudale del demanio, ovvero creda rappresentarvi diritti maggiori di quelli de' quali è in possesso, l'Intendente farà procedere alla divisione secondo lo stato possessivo, o che il possesso nasca dal giudicato, o dal fatto.
Che da queste disposizioni deriva per conseguenza, che per istato di possesso debba intendersi non solamente quello del momento in cui, o a richiesta de' Comuni, o di officio, si apre la istruzione, ma eziandio quello del tempo antecedente, imperciocché tutta la teoria della promiscuità poggia sopra due principali elementi, cioè la qualità feudale del fondo, e l'essersi su quello esercitati de' dritti da' cittadini di un comune, di modocché il solo fatto di un tale esercizio, indipendentemente da qualsiasi titolo, vien dalla legge chiamato uso, e questo uso vien dalla legge istessa riconosciuto come diritto.
Or il possesso essendo un fatto, il quale può esser provato o con titolo, o con testimonì, come emerge dall'art.o 28 dianzi citato, ne deriva che la pruova per testimonì comprende il tempo cui può rimontare la memoria degli uomini, che possono attestarlo, e non mai il tempo anteriore, perlocché la legge ha prescritto, che dove il possesso degli usi non possa esser provato per testimonì, si abbian facoltà i comuni di dimostrarlo per titolo, ma è da notarsi che la legge ha statuito il tempo cui può rimontare la pruova per titoli in mancanza di possesso, e quello cui può rimontare la pruova per testimonì, vale a dire del possesso attuale, giacché l'art.o 16 delle citate istruzioni prescrive che i soli titoli posteriori al 1735 possono farsi valere in pruova di usi civici, e la pubblicazione della legge d'interina amministrazione de' Reali dominii Insulari, avvenuta agli Il Ottobre 1817 ha fissato l'epoca al di là della quale non può rimontare il possesso attuale degli usi, e quindi la pruova di esso per mezzo di testimonì.
Ed in vero questa legge aboliva e vietava per l'articolo 198 ogni promiscui­tà di proprietà, di corpi di rendite, o di diritti tra comuni e i particolari, tra comuni e lo stato, o tra essi comuni, e per gli articoli 199 e 200 dichiarava che i comuni possedevano diritti e servitu attive su' fondi altrui, locché costituiva la promiscuità abolita e vietata per l'art. ° 198, ed ordinava che la venisse sciolta mercè l'assegnazione in proprietà assoluta a ciascuno degli interessati, della porzione di terre, che corrispondesse ai suoi diritti. Quindi poicché al tempo della promulgazione della legge del 1817 stava il fatto dell'esercizio dell'uso di pascere sulla Montagna Comuni, la quale doveva sciogliersi mercé compenso reciproco, la materia rimase colpita nello stato in cui si trovava, ed assoggettata all'azione dell' Amministrazione, la quale era chiamata a procedere di officio indipendentemente dalle domande, che le parti avesser potuto produrre, come scorgesi dalla istituzione delle abolite Commissioni de' dritti promiscui, e dalle vigenti istruzioni. La pubblicazione adunque della legge interina del 1817 fissava il punto, dal quale non poteva piu addursi pretesto alcuno per invadere i diritti, che le popolazioni aveansi su demanii, poicché mise la materia sub judice e tutto ciò che fosse operato dalle parti da quel punto fino al tempo in cui si instruisce, e si pronunzia lo scioglimento della promiscuità, non può cangiar minimamente la condizione in cui erano allora i rapporti tra' possessori dei demani e gli usuari, qualunque sia la lunghezza del tempo decorso dalla pubblicazione della legge fino allo scioglimento della promiscuità.
Che essendo luminosamente provato, per le concordi deposizioni di tutti i testimoni uditi, il possesso, vale a dire il fatto di avere i naturali di Castellam­mare esercitato l'uso di far pascolare i loro animali di qualunque specie nella Montagna denominata del Comune, fino al tempo in cui l'ex barone ne li spogliò col mezzo dell'alienazione del fondo, avvenuto molto tempo dopo dalla pubbli­cazione della legge del 1817; ne deriva che il Comune è nel possesso attuale dell'esercizio dell'uso, e che la promiscuità debba essere sciolta mercé il com­pensamento reciproco; che ove diversamente volesse pensarsi, astrazion fatta dallo sconoscere principi generali, ne seguirebbe, che un abuso commesso sotto l'impero di una legge, che lo vietava, avrebbe efficacia contro la legge istessa, locché è un assurdo. Che l'uso di pascere sulla Montagna del Comune appartiene alla prima classe, ossia a quella degli usi civici essenziali, epperò sia equo temperamento tribuirsi al Comune, in compensamento di esso, il quinto in valore della parte inculta del mentovato fondo.

PROGETTA
Che il Signor Intendente della Provincia si compiaccia

ORDINARE
Che sia assegnata al Comune di Castellammare la quinta parte in valore della Montagna detta del Comune in compensamento dell'uso di pascere eser­citatovi da' suoi naturali, a quale oggetto un perito Agrimensore si rechi sopra luogo, verifichi la estensione e 'l valore della detta Montagna, e poscia ne stacchi la quinta parte in valore a favor della Comune, circoscrivendone i confini, e levandone apposita pianta, che farà parte integrale del verbale di esecuzione.
Che resti salvo al Comune il diritto a di mandar la reintegrazione della Montagna Comuni, se ne ha, ne' modi di legge.
Che il Sindaco di Castellammare sia incaricato dell'esecuzione dell'Ordinanza.
Trapani 3 Settembre 1844»


IL FUNZIONARIO AGGIUNTO
NICCOLÒ DOMMARCO
Discusso in Consiglio d'Intendenza coll'intervento del Funzionario suddetto il progetto di sopra trascritto, dalla quale discussione è risultato ch'esso debba in tutto il suo tenore ritenersi.

ORDINA
Che sia assegnata al Comune di Castellammare la quinta parte in valore della Montagna detta del Comune in compensamento dell'uso di pascere esercitatovi da' suoi naturali, a quale oggetto il perito Agrimensore D. Vincenzo Rini di Alcamo si rechi sopra luogo, verifichi la estensione e 'l valore della detta Montagna, e poscia ne stacchi la quinta parte in valore a favor della Comune circoscrivendone i confini, e levandone apposita pianta che farà parte integrale del verbale di esecuzione.
Che resti salvo al Comune il diritto a dimandar la reintegrazione della Montagna Comuni, se ne ha, nei modi di legge.
Il Sindaco di Castellammare è incaricato dell'esecuzione della presente Ordinanza.
Trapani li 4 Febbrajo 1845.
L'INTENDENTE
GIUSEPPE DEMARCO
IL SEGRETARIO
GENERALE LUIGI BARBERI
***
L'INTENDENTE
DELLA PROVINCIA DI TRAPANI
Veduto il Real decreto degli undici Dicembre 1842 pe'l quale in uno ch'è stata ordinata !'immediata cessazione di qualsiasi diritto, ed abuso feudale, che sebbene abolito senza compenso tuttavia si esercitasse, si è posto a risponsabi­lità degl'Intendenti delle province il curare la esecuzione di tali disposizioni.
Veduta la deliberazione del decurionato di Castellammare del sette Ago­sto 1842, e lo stato a quell'annesso, nel quale è notata, tra l'altro, la riscossione che altra volta facevasi da quell'ex barone, ed ora si fa da' suoi aventi causa su suoli di terra occupati per le abitazioni di quel Comune, in ragione di tari tre per CIascuna casa.
Veduta l'ordinanza de' 30 Settembre 1842, per la quale fu disposto d'intimarsi amministrativamente l'ex-feudatario di Castellammare Sig. Principe di Aragona, e i suoi aventi causa; onde nel corso di giorni otto coll'aumento legale avessero destinato i loro procuratori, per dedurre le loro ragioni, se ne avessero.
Veduto l'atto relatato della cennata ordinanza; dal quale appare essere stata intimata nel giorno dieci Ottobre 1842 al Reverendo Padre Vincenzo Gervasi Prefetto della Casa dei Crociferi in Castellammare; nel giorno quattordici dello stesso mese al Sig. D. Francesco Saverio Borruso procuratore del Reverendo Padre Giovanni Naselli Preposito della Congregazione di S. Filippo Neri di Palermo, e del Reverendo P. Giuseppe Pilo procuratore generale di detta Congregazione; e nel giorno ventinove del ripetuto mese di Ottobre 1842, al Sig. D. Baldassare Naselli Principe di Aragona, ed al Reverendo Padre Ignazio Calona nella qualità di Prefetto della Casa del Noviziato de' Cruciferi in Palermo.
Veduto l'atto di Notar Gaetano Maria di Blasi di Castellammare de' sedeci Ottobre 1842, pe'l quale il Prefetto della Casa dei Crociferi di quel comune ha costituito suo procuratore il Reverendo P. Mario Lipari Prefetto della Casa dei Crociferi di Trapani.
Veduto l'atto di Notar Diego Maria Lo Bianco e Zito di Palermo dei quattordici Ottobre 1842, pe'l quale il Reverendo P. Giovanni Naselli Preposito dell'Oratorio di S. Filippo Neri in Palermo, anche per parte del Padre Pilo ha costituito procuratore D. Vincenzo Garofalo di Trapani.
Veduto un libello prodotto dal Procuratore della Casa dei Crociferi di Castellammare, e del suo Noviziato in Palermo, pe'l quale si sostiene, che la esazione, la quale si fa per suolo di case in Castellammare; non sia un abuso feudale, dacché il Principe di Aragona ne fece l'assegnazione ai PP. Crociferi per atto di Notar Salvadore Leonardo di Palermo de' 10 Agosto 1825, e per effetto del Real Decreto de' 27 Ottobre 1825, che permise l'intitolazione dei ruoli; che essendo si estratti dai libri di assento le partite de' censi dovute da' possessori di case al numero di 408, fu per essi ottenuta intitolazione con ordinanza del Presidente del Tribunale Civile della provincia de' 18 Giugno 1830, e non essendosi prodotta da' debitori opposizione alcuna, rimase la detta casa nel possesso di tali censi. Laonde si è conchiuso che trattandosi di distruggere titolo, e possesso, l'Intendente debba dichiarare la sua incompetenza, o pure rigettar la dimanda del Comune, o pure chiamare il Principe di Aragona in causa.
Vedute le copie informi di tre atti cosi detti di obbligo, pei quali taluni possessori di case si obbligano pagare il diritto per suolo di casa a pro della comunità de' Crociferi di Castellammare, rogati per Notar «Di» Blasi dello stesso Comune a' 22 Novembre 1840, 14 Marzo e 4 Giugno 1841.
Veduto l'atto del IO Agosto 1825 rogato per Notar Salvatore Leonardo, pe'l quale il Principe d'Aragona assegnò a' PP. Crociferi di Castellammare, in soddisfazione di debiti, tra l'altro, Onze 90 di censi sopra case che disse dovuti in quel Comune obbligandosi a fame intitolare il ruolo.
Veduto il ruolo renduto esecutivo per ordinanza del Presidente del Tribunale Civile della provincia a' 18 Giugno 1830.
Considerando che il Principe di Aragona ex-feudatario di Castellammare, intimato, non ha curato di produrre ragione alcuna intorno alla riscossione in esame, locché fa presumere ch'egli non ne abbia.
Considerando, che la dedotta eccezione della incompetenza dell'Intendente non merita ascolto, perché contraria alle chiare prescrizioni della legge, la quale pone a cura, e risponsabilità degl'Intendenti la pronta cessazione dei diritti signorili aboliti senza compenso, e che tuttavia sotto qualunque colore si esercitino.
Che ne anco meritino ascolto le deduzioni estranee alla suggetta materia, le quali niente hanno di comune coi diritti signorili aboliti.
Considerando, che o che il comune di Castellammare avesse preesistito alla infeudazione, o che fosse surto dopo di quella, doveva nell'un caso, e nell'altro avere per sé un suolo comune sul quale stesser le case dell'abitato, le strade, gli spianati ecc. Ed in vero le vigenti istruzioni, dopo di aver ricordato che per principio generale gli usi civici non sono se non riserve piu o meno estese del dominio che le popolazioni rappresentavano, o rappresentano sulle terre de' feudi, o riserve apposte dal concedente per conservare alle popolazioni il mezzo da sussistere, diffiniscono uso civico essenziale quello di occupar suoli per abitazioni.
Che la esazione la quale si fa dagli aventi causa dall'ex-feudatario di Castellammare a titolo di censo per suoli di case in quel comune, offre il carattere evidente di una capitazione, e quindi di una prestazione personale abolita dalla legge, tra perché nel ruolo compilato dall'agente dello ex-barone è spiegato farsi la esazione alla uniforme ragione di tari tre per ciascun suolo di casa, e perché muove da preteso diritto universale di suolo, gravitando sopra 408 possessori di case.
Che male a proposito si vanno rintracciando ragioni di leggittimità, per la prestazione in disputa, nel decreto de' 16 Ottobre 1809, e nella giurisprudenza adottata ne' Reali Domini continentali dalla Commessione feudale, segnata­mente nella sentenza de' 17 Gennaro 1810, N. 153; imperciocché le distinzioni fatte da quel decreto, e dal Collegio, che ne fece l'applicazione menano a conseguenza contraria.
Consacrò quel decreto il principio, che la presunzion della legge è tutta favorevole alla libertà delle case, che i naturali de' comuni posseggono nell'abitato, e che ogni diritto universale su' suoli delle case degli ex-feudi è ritenuto illeggittimo; dichiarò quindi per regola generale abolite le capitazioni, che i baroni esiggevano sotto nome di casalinaggio, o altro simile, non ché le prestazioni sostituite al casalinaggio.
A questa regola fece l'eccezione di conservarsi i censi solari giudicati leggittimi, e non contraddetti, e prescrisse che chi vantar volesse diritto universale di suolo sulle abitazioni degli ex-feudi fusse tenuto giustificarne il titolo presso la Commessione feudale. Quindi le conseguenze: l. che la prestazione a carico de' possessori di case nell'abitato di un comune, la quale si esigga a titolo di casalinaggio, o altro simile, come sarebbe di censo per suoli di case, poicché è l'esercizio di un diritto universale sul suolo delle abitazioni, e poicché è nella uniforme ragione di tari tre per ciascuna casa, non cessa di essere una capita­zione, vale a dire una prestazione personale abolita dalla legge, né può cangiar natura per la denominazione sotto la quale si esercita: 2. che i censi solari sono conservati non per la denominazione di loro, ma per la loro natura, e per lo concorso degli estremi di non esser contraddetti, e di esser giudicati leggittimi:' 3. che la idea della leggittimità non può sussistere quando sta la uniformità della prestazione per suoli di case: 4. che il diritto universale di suolo sulle abitazioni dei comuni non potrebbe esser giustificato che con pubblici istrumenti. E tale precisamente è l'applicazione che del decreto anzi detto fece la Commessione feudale nella sentenza citata, dacché tenendo ai veri principi di giustizia, soppresse la riscossione per casalinaggio, e per suoli di case dal barone di Flumeri esercitata, e lasciò allo stesso il dimostrare con pubblici istrumenti se si avesse censi solari.
I motivi del quale decreto sono troppo chiari, per non doversi tenere alcun conto di quistioni di parole mosse per dare all'abuso il colore del diritto; imperocché se sta per legge la libertà delle case nelle mani de' possessori e per conseguenza la ingiustizia di assoggettar questi ad una prestazione, può nondimeno un tal principio esser soggetto ad eccezioni, perché può stare in un Comune qualche casa, la quale o per la fabbrica o per il suolo si appartenga al barone, e perciò il censo che su quella si esiggesse sarebbe leggittimo; ma in questo caso fa di mestieri provare la qualità allodiale della fabbrica o del suolo pe'l quale si vuò riscuotere, e la concessione fattane a determinate condizioni; ed una tal pruova vogliono il decreto, e la sentenza testé ripetuti, che si faccia per pubblici strumenti.
Considerando, ch'erroneamente la prestazione per suolo di case in Castellammare si sostiene esser leggittima per titolo, e per possesso. Imperciocché in quanto al possesso è cosa ovvia non esser esso capace di leggittimare una riscossione abusiva, constituire in vece un fatto, e questo fatto appunto essere stato dalla legge abolito, perché abusivo; di talché sarebbe assurdo il voler trarre la leggittimità della riscossione in parola dal perché sta il fatto del suo esercizio. E per ciò che concerne titoli mal si asserisce di esservene.
L'assegnazione fatta nel 1825 in via bonaria dal Principe di Aragona ai suoi creditori, dei censi per suoli di case a carico di coloro che ne possedevano in Castellammare, è eziandio un fatto dell'ex-barone, che né nuoce ai terzi, né può leggittimare un abuso, e però rimane sempre a vedersi se ha ceduto un diritto leggittimo o pure un abuso.
Il ruolo renduto esecutivo nel 1830, astrazion fatta dal non rispondere alle prescrizioni del decreto de' 27 Ottobre 1825, non è che un semplice documento in possessorio, atto a provare unicamente che il Principe di Aragona ebbesi facoltà di esiggere la prestazione di tre tari a casa da naturali di Castellammare, solo perché aveva un possesso asserito dal suo Contabile, il quale per altro non seppe darle una origine piu antica del 1816, e senza punto esaminarsi la quistione del diritto di un tal possesso, alla quale non poteva discendersi, perché i ruoli si rendevano esecutivi con ordinanza del presidente del Tribunal civile, per giudizio in via di sommaria esposizione; e per la natura della cosa egualmen­te che per espressa disposizione di legge le provvidenze che si prendono in tali giudizi lungi dal tribuire diritti irrevocabili sono interine, e non possono ledere punto la quistione principale.
Al che si aggiunga, che il magistrato il quale rendé esecutivo il ruolo dei censi per suoli di case a carico dei naturali di Castellammare, nel fine di allontanare l'errore in cui l'interesse poteva strascinare, e di chiarire i creditori, che la ordinanza per la quale si rendeva esecutivo il ruolo non poteva riguardare il diritto del possesso, e leggittimare la usurpazione, dichiarò espressamente nella ordinanza medesima, che la eseguivasi provvisoriamente, e che non toc­cava la quistione principale, riportandosi all'art.o 892 delle leggi di procedura ne' giudizi civili.
Considerando, che i pochi cosi detti atti di obbligo del 1840 e 1841, pei quali taluni naturali di Castellammare, e fra essi quello stesso D. Francesco Saverio Borruso, il quale figura come procuratore di uno degli aventi causa dal Principe di Aragona, si obbligarono pagare a prò della casa dei Crociferi di quel comune, cessionaria dell'ex-feudatario, la prestazione per suolo di case, non costituiscono titolo atto a provare la leggittimità di una tale riscossione. Essi non si riportano ad alcun titolo primitivo donde costasse la qualità allodiale delle case, o del suolo sul quale son fabbricate; essi costituiscono un accessorio del possesso, e del ruolo renduto esecutivo, e poicché questi estremi sono incapaci di cangiare l'indole abusiva della riscossione, incapace egualmente ne è l'acces­sorio dei medesimi, e ciò ch'è vizioso in origine è vizioso sempre. Che sebbene possa taluno rinunziare ai benefizi che accorda la legge, ciò vale solamente nei rapporti da privato a privato, e per le leggi facultative, non mai nei rapporti di pubblico interesse, e per le leggi proibitive, altramente ogni disposizione dal Legislatore emanata nel fine di guarentire la individuale libertà di un popolo, di proteggere le proprietà e le industrie, di promuovere la pubblica prosperità, rimarrebbe sempre subordinata alla influenza della soperchieria sull'ignoranza, o in altri termini la barbarie la vincerebbe sulle civili istituzioni; la usurpazione sul diritto, i privilegi, e lo spirito di località sulla centralizzazione dell'azione provvida dell'amministrazione. E poiché la percezione uniforme di tre tari per ciascun suolo di casa esercitata nel comune di Castellammare è una capitazione; non è in facultà di coloro che ne sono gravati il consentirla; simili patti, perché contrari alla legge, non debbono esser tenuti in verun conto, come è spiegato pe'l R. Decreto de' 6 Luglio 1842, essi non possono arrestare l'azion dell'ammi­nistrazione nello interesse generale, e la capitazione deve cessare.
Inteso il Sig. D. Nicolò Dommarco Funzionario Aggiunto all'Intendente per lo scioglimento delle promiscuità nella Provincia, e ritenute le sue osservazioni.

ORDINA
l.° Che cessi immediatamente la riscossione di tari tre annui, che ciascun possessore di case paga nel comune di Castellammare agli aventi causa da quell'ex-feudatario, per suolo di case, sia che si pretenda per ciascuna casa, sia per la estensione del suolo, che occupa ciascuna casa.
2.° Sia salvo all'ex-barone o suoi aventi causa il dimostrare, innanti a chi, e come di diritto, se si abbia nell'ambito dell'abitato censi solari costituiti per pubblici strumenti.
3.° Il Sindaco di Castellammare è incaricato, sotto la sua risponsabilità, della pronta, esatta esecuzione della presente ordinanza.
Trapani li 31 Luglio 1843.
L'INTENDENTE
FILIPPO LAURELLI
IL SEGRETARIO
GENERALE LUIGI BARBERI


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