Salvatore Costanza


la copertina del libro

la copertina


© Copyright 1989
Arti Grafiche Corrao



via Valenza, 31
Trapani
Finito di stampare
nel settembre 1989



Ringrazio l'amico
Vito Accardo
per avermi portato
alla conoscenza
di questo libro



Questa ricerca storica riproduce, con ampliamenti e integrazioni, l'omonimo studio pubblicato nel fascicolo speciale dei «Nuovi quaderni del meridione» dedicato alla rivoluzione palermitana del settembre 1866 (n. 16, ottobre/dicembre 1966, pp. 419-38).





Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

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PROSPETTI RIASSUNTIVI DEL CATASTO DI CASTELLAMMARE (1842-44)


I FATTI DI CASTELLAMMARE ALLA CAMERA


«Interpellanza del deputato D'Ondes-Reggio sopra alcuni fatti in Castellammare di Sicilia» (Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Sessione del 1861-62, Discussioni, tornata del 15 gennaio 1862, pp. 674-82).

PRESIDENTE. Il deputato d'Ondes ha facoltà di parlare per muovere la sua interpellanza intorno agli ultimi fatti di Castellammare di Sicilia.
D'ONDES-REGGIO. Signori, meglio che interpellanze, io farò delle dichiara­zioni intorno ad alcuni principii fondamentali dello Statuto, ed intorno ad altri principii maggiori di universale giustizia; e credo che alle mie dichiarazioni consentiranno ed il Governo e l'Assemblea tutta.
Fatti deplorabili sono avvenuti a Castellammare in Sicilia. Qui, o signori, io non dò di piglio a recriminazioni, neppur voglio insistere in dire che si dovevano prevedere ed impedire; non è questo l'argomento; non faccio da facile Aristarco, anzi confesso che alle volte certi fatti, anche colle migliori intenzioni, non si possono prevedere, né prevenire.
Desidero, spero che simili fatti piu non si rinnoveranno, ed ho ben donde, tanto perché non voglio dubitare che il Governo d'oggi innanzi sarà piu diligente nell'opera sua, quanto perché dai fatti stessi avvenuti risulta chiaro che il partito borbonico in Sicilia è cosi scarso di numero e così screditato e detestato, che al fine di poter farsi alcun credito, ed ottenere alcuni sconsigliati seguaci, è stato costretto a mutar nome e simulare intenti.
Tali fatti, o signori, come qualunque reato, indubitatamente debbono essere puniti secondo le leggi.
Intanto ho letto nel giornale uffiziale (non parlo di ciò che narrano altri giornali) che vi furono cinque, se non erro, i quali, presi colle armi alla mano, furono fucilati.
Signori, io non credo certo che questi cinque si vogliano considerare come estranei nemici. Ma, se cosi, ornai finito è il tempo in cui il diritto internazionale della guerra era quello di uccidere i prigionieri. Passò anco il tempo in cui i prigioni si facevano servi coi posteri loro. Ormai, una volta che si sono presi i nemici, si tengono come sacra cosa, e nelle tregue e nelle paci si restituiscono.
Questi adunque di Castellammare saranno stati dei ribelli; almeno credo che tali saranno stati, perché appunto, non essendo vi ancora giudizio, io non so che cosa veramente fossero. Credo, anco perché cosi si dice, ma non ne ho certezza, che abbiano commesso omicidi ed ogni altra maniera atroci cose. Ebbene, per quante enormezze abbiano coloro potuto commettere, ciò non toglie che avrebbero dovuto essere condannati secondo la legge.
Lo Statuto, signori, all'articolo 71: «Niuno può essere distolto dai suoi giudici naturali. Non potranno perciò essere creati tribunali o Commissioni straordinarie.» All'articolo 72: «Le udienze dei tribunali in materia civile e i dibatti menti in materia criminale saranno pubblici, conformemente alle leggi.»
Signori, a questi principii dello Statuto nostro sono conformi i principi i della giustizia, e sono dessi omai consacrati in tutti i Codici dei popoli civili. Imperciocché quei cinque dovevano avere il tempo ed i mezzi di difendersi e dovevano essere giudicati da magistrati quali dalla legge sono stabiliti. Di quelli cinque era necessario vedere chi realmente fossero stati rei o no, se questi rei fossero colpiti dalla pena dell'estremo supplizio o di pena minore. Poteva tra di loro trovarsi un minore che appunto per essere tale per il suo reato non va soggetto alla morte. Coloro, non ostante fossero stati presi colle armi alla mano, potevano essere innocenti, poiché non è questa la prima volta che de' ribaldi s'impadroniscono di persone innocenti, e le costringono a stare in mezzo a loro colle armi alla mano; quindi poteva anco ben darsi che tra que' cinque si trovasse non solo un innocente, bensi un uomo che fosse d'idee liberali, e ciò nulladimeno sia stato trucidato. Infine, potevano essere rei, eppure potevano anche meritare perdono; altrimenti non avrebbe senso il diritto di grazia che è consacrato nelle nostre leggi, e in tutte le leggi dei popoli civili.
Io credo che, se il Governo l'avesse potuto prevedere, avrebbe impedito quest'eccidio; e non solo il Governo di qui, ma anche il Governo locale di Sicilia. Imperocché considero le difficoltà che soventi vi sono ad impedire gli sdegni e le ire che fervono ancora dopo una lotta di morti e di stragi; so anzi che molti applaudono a questa specie di sommarii giudizi, e pensano che cosi si salvi la cosa pubblica; io invece sono convinto che cosi essa enormemente si danneggi. Né dubito che in Sicilia stessa cosi opinino molti. E so anco che volghi plebei e volghi nobili non approveranno queste parole mie; diranno è l'antico umani­tario. Ma io non vado in cerca di plausi, a me basta il plauso della mia coscienza (Bene! bene dalla destra).
Signori, in questa materia voglio schiettamente esprimere il concetto mio. lo credo che fra le cose che profondamente distinguono i Governi liberi dai Governi tirannici sieno queste due. Nei Governi tirannici è lecito scuotere il giogo, e, per sottrarsi al peso d'ingenti mali, fare delle rivoluzioni; imperocché mancano i mezzi legali onde ottenere a quei mali riparo, e stabilire un regime di giustizia e di felicità; ma nei Governi liberi, nei Governi dove havvi una rappresentanza nazionale eletta dal popolo e una stampa libera, ciò non è lecito.
Quando i popoli si lamentano dei danni che soffrono per un cattivo Governo, loro è da rispondere: scegliete deputati che facciano meglio le bisogne vostre, e se vi sarà una stampa, la quale, invece di diffondere principii di libertà e di giustizia, dissemini germi di servitu, d'immoralità c d'iniquità, stiate sicuri che un'altra stampa verrà ad investirla e vincerla; la libertà stessa è rimedio agli abusi ed ai danni della libertà. In un paese libero è lecito fare rivoluzione allora soltanto che il Governo viola le leggi fondamentali dello Stato. Quindi, ad esempio, giusta fu la rivoluzione del 1830 in Francia, ma non giusta quella del 1848; ambedue le cacciate degli Stuardi dall'Inghilterra furono giuste; avvegna­ché la prima macchiata di sangue non necessario; giuste sono state, sono state sante le rivoluzioni, ossia la permanente rivoluzione di noi Siciliani dal 1815 al 1860.
L'altra cosa che distingue i Governi tirannici dai Governi liberi è questa: che nei Governi tirannici impunemente si violano le leggi, si commettono violenze d'ogni maniera, i soldati ammazzano innocenti o rei, la volontà dei governanti sfrenata ed iniqua sta per legge; ma nei paesi liberi queste enormità non possono commettersi, non debbono commettersi. I Borboni appunto cosi trattavano i Siciliani, i soldati borbonici fucilavano anche dei giovinetti che non toccavano gli anni 15, assai volte fucilarono gl'innocenti. Quando non si osser­vano le norme stabilite dalle leggi, non è possibile che si distinguano i rei dagl'innocenti. Ciò che principalmente concitò in Sicilia l'odio implacabile contro i Borboni furono queste uccisioni, che si facevano senza forme legali.
Signori, crudeli e feroci sono i selvaggi, i deboli, i timidi, gl'improbi; ma i civili, i forti, i probi, i magnanimi sono di sensi umani, vogliono la giustizia ed anche perdonano. lo so che, se io od altri cadessimo in mano dei borbonici, questi ci fucilerebbero spietatamente senza giudizio. Ma so ancora che essi, cadendo nelle mani nostre, da noi debbono essere giudicati secondo giustizia.
Questa è la differenza fra noi e loro; ed altrimenti ove sarebbe la nostra superiorità su di loro? Perché noi saremmo migliori di loro? (Movimento) E piu ancora c'innalzeremo noi sopra di loro, se la cosa pubblica salvando, loro perdoneremo.
Non dico dunque desidero, non dico spero; dico chieggo, ed ho diritto di chiedere in nome della libertà e della giustizia che niuno patisca pena senza regolare giudizio.
Signori, libertà e giustizia cose indissolubili sono; libertà e giustizia sono i principii eterni dell'umanità, il diritto divino dell'umanità.
PRESIDENTE. Il deputato La Farina ha facoltà di parlare.
LA FARINA. Veramente l'onorevole deputato D'Ondes ha in parte tolta la cagione, per la quale io fin da principio mi era fatto a chiedere la parola.
Egli ha dichiarato ch'è sicuro che le sue parole non saranno applaudite in Sicilia; ma io colgo questa occasione per dire qual è l'opinione della Sicilia, qual è il desiderio di quelle popolazioni.
Io non entrerò nella questione del fatto di Castellammare, prima di tutto perché ignoro i particolari, secondo perché divido coll'onorevole D'Ondes il desiderio che il signor ministro di giustizia ci dia prima degli schiarimenti in proposito.
Ma ciò che io so è questo, che in Sicilia, signori, ciò che soprattutto si desidera è un Governo forte, che in Sicilia (e credo che nessuno degli onorevoli deputati che siedono in questa aula potrà smentirmi) si vuole il rispetto della legge, si vuole e si desidera il rispetto della libertà, ma nell'istesso tempo non si vuole transigere colla sedizione, di qualunque veste si ammanti. e sotto qualunque bandiera si manifesti. In Sicilia si desidera che la legge non sia violata, ma si desidera che la legge sia eseguita con quella fermezza e con quel rigore che i tempi ne' quali ci troviamo esigono.
Noi siamo antichi amici della libertà; noi non siamo sospetti di voler leggi eccezionali, di voler la sospensione delle nostre libertà; no, o signori. Ma noi vogliamo che queste libertà siano difese con mano energica e forte. Per la sedizione che sorge in piazza, per la sedizione armata, per la sedizione scellerata sino al punto di abbruciare delle donne vive, signori, per questa sedizione io non ho nessuna pietà, e credo che la Sicilia divida la mia opinione, e credo che la divida la maggioranza, se non l'unanimità dei deputati siciliani che siedono in quest'Assemblea.
Certamente il Governo libero non può usare i mezzi del Governo dispo­tico, né deve usarli. Qui sono perfettamente d'accordo coll'onorevole D'Ondes. Ma il Governo libero ha il dovere di difendere questa libertà per la quale si è sparso tanto sangue, questa libertà, o signori, che ci costa si cara! E se il Governo esitasse, se transigesse colla sedizione, io dichiaro che per me in questo caso il Governo mancherebbe al primo, al piu essenziale de' suoi doveri; perché, se è rispettabile la libertà dei cittadini, è rispettabile anzi tutto la libertà della nazione; perché se, come osservava l'onorevole D'Ondes-Reggio, noi dobbiamo tener fermo alle libertà dello Statuto, dobbiamo prima di tutto provvedere che questo Statuto non sia messo in pericolo dalla ribellione, che lo Stato stesso non sia messo in pericolo. Il Governo, compiendo in questa parte il suo dovere con energia, avrà l'applauso di tutti i buoni. lo non dubito, o Signori, che l'esercito italiano usi giammai quelle barbariche rappresaglie che soleva usare l'esercito borbonico. lo credo che l'esercito italiano, quando adopera le armi, le adopera costretto dalla necessità della sua propria difesa, costretto dal sacro dovere di ridonare alla società quella tranquillità e quella sicurezza, senza la quale, o signori, la libertà non sarebbe che una parola vuota di senso.
Io quindi aspetto che il signor ministro per la giustizia voglia avere la bontà di chiarirci sui fatti che ebbero luogo a Castellammare, e mi riservo, ove occorra, di proporre un ordine del giorno.
D'ONDES-REGGIO. Mi pare che tutto il discorso del signor La Farina non abbia nulla a che fare con quello da me pronunciato. lo non ho detto che il Governo non debba far rispettare la legge, ma bensi che debba farla rispettare; io non ho detto che il Governo non debba adoperare tutte le forze affine di vincere le ribellioni e punire ogni maniera di delitti, ma ho detto, e ripeto però, che il Governo deve eseguire la legge; e per me il Governo è legittimo quando osserva lo Statuto.
MIGLIETTI, ministro di grazia e giustizia. Piacque all'onorevole D'Ondes di rivolgere a me un'interpellanza sui fatti di Castellammare, a me che forse meno di tutti i miei colleghi sono in condizione di dare schiarimenti riguardo a questi fatti. lo ben posso rispondere all'onorevole D'Ondes relativamente al modo col quale la giustizia sia amministrata, ma dare schiarimenti relativamente al modo col quale questi fatti sieno avvenuti, in verità non è cosa la quale mi appartenga. lo conosco questi fatti per le voci pubbliche, ma non ho avuto, al giorno d'oggi, ancora dall'autorità giudiziaria alcun riscontro positivo: seppi che in Castellammare una sommossa ebbe luogo, nella quale avvennero molti omicidii; che vi fu ucciso il comandante dei militi, che furono parimente uccisi il maresciallo dei carabinieri, ed alcuni altri carabinieri, ed un maggiore della guardia nazionale; che fu dato il fuoco a molte case; questi fatti io li credo veramente positivi, ma non li so, ripeto, per informazioni ufficiali.
Che se io devo rispondere all'interpellanza dell'onorevole D'Ondes per quanto si riferisce ai fatti delle fucilazioni a cui egli accennava, dirò innanzi tutto che l'onorevole D'Ondes non vorrà certamente mettere questi fatti come norma del modo col quale la giustizia si amministri in Sicilia. Se nell'impeto non hanno potuto i militi reprimere un sentimento, dirò, di giusta ira, in seguito agli immensi danni di cui erano spettatori, non è cosa questa, la quale in alcun modo possa essere addotta come argomento che la giustizia sia male ammini­strata.
Sono questi di tali fatti che debbono essere deplorati, che è da desiderarsi che non abbiano mai a succedere, ma che può facilmente comprendersi come non siansi potuti impedire. Del resto, ben può star certo l'onorevole D'Ondes che l'amministrazione della giustizia avrà sempre di mira la legalità, e, qualun­que sia la condizione dei tempi, mai non ricorrerà a mezzi eccezionali.
CRISPI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Il deputato Crispi ha facoltà di parlare.
CRISPI. Da quel che pare, l'onorevole ministro della giustizia ci ha manifestate le sue intenzioni, e non altro. Il deputato D'Ondes voleva sapere come sieno stati fucilati in Castellammare quegli sciagurati, che si dicono stati presi colle armi alla mano.
Se l'onorevole ministro ci avesse detto che cinque dei ribelli del! o genna­io, presi colle armi alla mano, furono sottoposti ad un Consiglio di guerra, e che i comandanti le truppe, valendosi di tal una disposizione del Codice penale militare, in qualche modo legittimante la loro condotta, li avessero fatti fucilare, avrei capito la risposta. Ma quando sento ch'egli non conosce neppure come siffatte fucilazioni sieno avvenute, dico la verità, ciò mi stupisce e m'induce a credere che dagli agenti suoi non è messo a giorno del modo come la giustizia colà si amministra.
Quando si siede a quel posto, e si deve sorvegliare alle esecuzioni capitali pronunziate dai tribunali ordinari, come anche alle condanne militari, mi maraviglio che un consigliere della Corona non solo ignori questi sconci, ma non trovi rimedio, perché la legalità, in occasioni cosi solenni, abbia pienissimo effetto.
Io comprendo che, nelle presenti condizioni politiche d'Italia, il Governo debba avere quell'energia, senza la quale non si salvano le nazioni. Ma energia non significa in costituzionalità; energia non significa che ad ogni momento si possano fare arresti e adottare partiti arbitrarii. Energia significa invece fare tutto il possibile per prevenire i reati e per punirli quando sono stati commessi. Ecco quale è la vera energia.
In Sicilia abbiamo tutto l'opposto. Le sue condizioni, altra volta mi avvenne di manifestarlo, provano che qui vi, invece di un Governo energico, esiste un Governo debole ed incapace, tanto nell'amministrazione della cosa pubblica, quanto in quella della giustizia.
Io ricordai nella celebre seduta del IO dicembre gli arresti arbitrari e gli omicidii illegali commessi in Sicilia; ma fin qui non ho potuto conoscere né dal ministro di giustizia, né dagli altri suoi colleghi, se cotesti arresti arbitrari ed omicidii illegali abbiano o no ricevuto la pena dalle leggi sancita contro i pubblici ufficiali che li commettono nell'esercizio delle loro funzioni.
Io non sono certo gentile verso i borbonici, e laddove la legge militare fosse necessaria per estirparli d'Italia, io sarei il primo a consentirla. Dico solo che bisogna punire i borbonici pei reati che commettono, e punirli secondo le leggi esistenti nel regno. Ma no, l'illegalità è senza freno; fin dal novembre ultimo furono arrestati dei cosi detti borbonici, il processo dei quali non è stato neanco iniziato. Ho qui la nota di quasi venti individui i quali stanno nelle prigioni attendendo che giustizia sia fatta. lo dico dunque al signor ministro: sono innocenti? metteteli in libertà; sono rei? perché non li avete fin qui legalmente puniti? Anzi com'è che non avete ancora scoperto le prove del reato pel quale furono arrestati? Voi di questo modo avete dato e date prova di una debolezza o almeno di una imperizia che vi condanna. Ripeto: nelle condizioni in cui si trova l'Italia, l'energia è piu che necessaria a salvare la nazione; ma, perché questa energia fruttifichi, la prima condizione è che le leggi siano rispettate, che i reati siano regolarmente puniti.
Non ha guari, il 3 del corrente mese, in Messina, al cader del giorno, un signore, Vincenzo Perino, era ucciso nella strada, e l'assassino non veniva arrestato, anzi è ancora ignoto chi ei si fosse. Il 12 dicembre scorso in Palermo, a mezzo di, un certo Gambino era assassinato nella pubblica piazza e l'omicida fu lasciato fuggire. Posto ciò, ditemi in che consiste questa energia del Governo? lo credo che il Governo, anziché essere energico, è cieco; non solo egli non usa i mezzi necessari per arrivar a scoprire i rei, i quali alla luce del sole commettono misfatti terribili, ma lascia libera la falange di cospiratori che sventuratamente invade quell'infelice paese.
Io termino adunque chiedendo al ministro che sia energico quanto il può ed il sa; ma, piu che energico, sia perspicace, previdente, osservatore della legge.
MIGLIETTI, ministro di grazia e giustizia. Che l'onorevole Crispi si mera­vigliasse perché io, conoscendo i fatti, non cercassi di portarvi rimedio, lo troverei giustissimo; ma che egli si meravigli perché io, interpellato, non possa dare alla Camera quegli schiarimenti che per avventura possono essere deside­rati, è cosa affatto inopportuna, dal momento che le autorità locali, le quali dipendono dal Ministero di grazia e giustizia, non hanno ancora trasmesso informazioni; ed io mi guarderei bene di dare, come ministro, informazioni le quali non mi fossero pervenute dalle autorità che sono sotto la mia dipendenza.
Il signor Crispi però fa rimprovero al Governo perché non mostri energia sufficiente nell'amministrazione della giustizia, perché molti prevenuti di reati si trovino in carcere senza che seguano i giudizi, perché molte volte i giudizi non corrispondano alla verità dei fatti; ma, Dio buono! la giustizia si amministra col mezzo dei magistrati; i magistrati che esercitano la giustizia in Sicilia noi li abbiamo ereditati dal Governo precedente.
CRISPI. Domando la parola.
MIGLIETTI, ministro di grazia e giustizia. Ora, se manca in Sicilia il coraggio di deporre sulla verità dei fatti che succedono, se un crimine commesso nella piena luce del giorno non può essere stabilito, perché nessuno si presenta a deporre del fatto, che cosa ne può il Governo? lo dirò anche: che ne possono i magistrati?
Si cessi dunque una volta di rimproverare il Governo anche in ciò che non è in modo alcuno dipendente dal di lui fatto.
Quando il Governo avrà potuto stabilire il nuovo ordinamento, quando a vrà fatto la scelta del personale, se l'amministrazione della giustizia darà luogo a richiami, allora si potrà far rimprovero al Governo di non aver saputo dotare la magistratura di uomini atti al bisogno; ma al giorno d'oggi voglia la Camera avere quella tolleranza che anche il Governo è obbligato ad avere a questo riguardo.
PATERNOSTRO. Mi permetta la Camera che io dica poche parole in occa­sione delle dichiarazioni dell'onorevole deputato D'Ondes.
Mi pare, se non m'inganno, che voglia confondersi l'ordinaria amministrazione della giustizia con un fatto tutto eccezionale.
Sono i fatti di Castellammare che hanno indotto il deputato D'Ondes a dichiarare che intende che le leggi siano osservate, che tutto proceda regolar­mente a norma delle medesime, e che non si abusi, per cosi dire, della forza nell'amministrazione della giustizia.
L'onorevole ministro guardasigilli non ha potuto dare quelle esatte spiegazioni pei fatti di Castellammare che forse potrà dare il ministro dell'interno; ma noi conosciamo, non solamente dai giornali, ma anche dalle lettere partico­lari, che a Castellammare, passato il primo momento di lotta tra truppa e ribelli, è arrivato un giudice d'istruzione, e tutto procede regolarmente a norma della legge.
Quando la forza pubblica è arrivata a Castellammare, quando tentava di entrarvi per ristabilirvi l'ordine, i ribelli tirarono su di essa. Arrivati rinforzi, la truppa, in mezzo alle fucilate, entrò in paese perdendo un capitano, perdendo dei soldati ed agenti della forza pubblica. È naturale che in quel momento, trovando assassini in atto di aperta ribellione, invece di pensare a popolarne le carceri, si pensò di fucilare sul fatto quei nemici della patria trovati con le armi alla mano.
lo, o signori, non desidero certo di trovarmi in simili casi; ma, se mi ci fossi trovato, state sicuri che avrei pensato poco alla stretta legalità, poco alle future osservazioni del deputato D'Ondes, ed avrei fucilati, senza misericordia, quei feroci perturbatori dell'ordine. (Ilarità generale - Bravo!)
Energia nel Governo. Questo diceva l'onorevole La Farina, e sino a un certo punto parmi che ne convenga l'onorevole Crispi. In Sicilia, anziché di violenza, si potrebbe il Governo accusare quasi di debolezza. Ciò è naturale; il credere che· si possa in momenti eccezionali governare in ogni occasione un paese come si governa in tempi normali; il voler governare colla scrupolosa legalità un paese uscito appena da una rivoluzione e dalla oppressione di un Governo tirannico, e come si governano le provincie dove già si raccolsero sino a un certo punto i frutti della libertà, mi pare una utopia. Ricordate, o signori, che in Sicilia usciamo da una rivoluzione; ricordate che le prigioni furono aperte; ricordate che tenne o invase la magistratura una classe di individui (sono pochi), ma individui che si avviticchiarono un po' alla dittatura, un po' alla prodittatura e un po' al Governo regolare, e certamente non perché tutti gli onorevoli amministratori non avessero voluto fare una buona scelta, ma perché in momenti di confusione forse non poterono farla, ne derivò che nella magi­stratura buona, in gran parte, c'è un po' di guasto. È a sperare che il ministro guardasigilli porterà un pronto riparo a tale guasto, che indebolisce l'azione della giustizia. D'altra parte, un giudice istruttore non può e non deve costrin­gere a deporre coloro che conoscono i fatti, con delle misure alle quali sogliono talvolta ricorrere i magistrati sotto i Governi tirannici e dispotici. Da ciò ne deriva spesso mancanza assoluta di deposizioni e di prove.
La libertà in tal une provincie d'Italia non è progredita tanto da poter dire al cittadino: sii uomo onesto, e muori; di' la verità, e abbiti un colpo di stile. Fin là non siamo ancora arrivati. Bisogna quindi proteggere in tutti i modi la pubblica sicurezza, bisogna che un po' il Governo, un po' la stampa, un po' i buoni cittadini, un po' la rappresentanza nazionale si adoperino a ciò. Non bisogna dire alle popolazioni ora che il Governo non pensa a niente, ora che il paese s'abbandona a se stesso, ora che si vogliono leggi eccezionali, infine fuorviare la pubblica opinione con discorsi che mantengono l'agitazione. Bisogna aspettare che le popolazioni si educhino, e che ciascuno adempia all'obbligo suo.
Ora, se da un lato è vero che tutte queste circostanze producono debolezza nella magistratura e negli agenti di sicurezza pubblica, epperciò debolezza nell'ordinaria azione governativa, non è men vero poi che qualche volta, o i fatti troppo avanzati, o l'opinione pubblica troppo pronunziata, o la necessità di salvare il paese in un momento di violenta agitazione, fanno scostare forse un tantino, trovandosi a fronte di supremi pericoli, dalla pura, pretta, scrupolosa legalità. Il venire a gridare alla Camera: voi violate la legge; voi non potete fare quello che avete fatto; voi avreste dovuto mettere in prigione tranquillamente nel primo momento che siete entrati a Castellammare tutti coloro che avete trovati colle armi alla mano; voi dovevate istruire un processo; voi dovevate agire, come se diceste a quelle popolazioni: fate pure, perché poi vi sarà un processo, vi saranno le minoranti, le attenuanti, le escusanti, i testimoni a discolpa, forse la corruzione o la paura dei magistrati, e quando voi avrete trucidato 50 individui, abbruciate 100 case; quando avrete messa a rischio la libertà, voi sarete tutelati dalla legalità; e, se per poco l'armata che entra se ne scosta nel furor della lotta, voi troverete un deputato che tuonerà nel Parlamento, perché questa legalità sia mantenuta scrupolosamente! il dire, il far questo, o signori, non mi pare opera lodevole nei momenti che corrono. lo rispetto la legalità quant'altri mai, non darei il mio voto, se non in momenti supremi, a misure eccezionali; ma prego la Camera di riflettere che al presente in talune provincie la legalità scrupolosa parmi impossibile, soprattutto quando si tratta di incorreggibili reazionari, o di individui che già erano condannati per reati comuni, e che la rivoluzione ha, per cosi dire, gettati in mezzo alla strada, e che la pura legalità in quei paesi, nei quali è corsa l'idea che il Governo sia debole, potrebbe arrecare gravissimo danno, quando i fatti reclamano pronta ed ener­gica repressione. lo non vi dico: fate una legge eccezionale; non vi dico: date al Ministero ampia facoltà di passar sopra alle leggi; vi dico soltanto che nei momenti di ribellione, nei momenti di agitazione violenta, nei momenti di furti, d'incendi e di assassinii, se si va un po' più in là, io chiudo un occhio; occupia­moci delle leggi, e non ricorriamo ad osservazioni troppo minuziose, qualora, come nel caso presente, le leggi non sono violate, ma la necessità del momento ci conduce a oltrepassare i limiti d'una stretta e rigorosa procedura. Sarebbe, a mio avviso, impossibile in questo momento governare alcune provincie con diverso sistema. Ecco francamente la mia opinione.
E non crediate, o signori, che questo sia un assurdo. Vi sono due specie di legalità, le leggi in sé stesse e la elasticità delle medesime: la prima legalità oggi è l'ordine pubblico; è questo che nelle provincie meridionali si cerca e si chiede tutto giorno; tutti gridano per carità, ordine pubblico, finitela una volta cogli assassinii e colle agitazioni. Non vi si dice già: sopprimete la stampa; non vi si dice: perseguitatela; non vi si dice: perseguitate le associazioni, perseguitate le opinioni dei liberali, no; ma vi si dice: perseguitate l'assassino, il perturbatore; perseguitate lo in tutti i modi, e siate energici; si dice al ministro di grazia e giustizia che migliori la magistratura; si dice al ministro dell'interno di vedere se i suoi prefetti, i suoi sotto-prefetti, i suoi questori sieno all'altezza del loro mandato; si dice ai deputati, a qualunque colore appartengano, che gridini alla Camera, e che scrivano ai loro elettori che la sicurezza deesi mantenere ad ogni costo, che il disordine deesi schiacciare là dove si trova; perché il trionfo d'un'idea, il trionfo d'un partito, il trionfo d'una gradazione politica, il trionfo di certi principii, sia di unificazione, sia d'autonomia e di confederazione deve aver nulla che fare colla pubblica sicurezza, nulla che fare coll'ordine pubblico, nulla che fare coll'assassinio, nulla con uomini che inalberano una bandiera rossa, gridando: morte ai liberali! I tristi, signori, bisogna perseguitarli ad ogni costo.
Concludo il mio discorso con dire che desidero che il Ministero spieghi tutta la sua energia; che il ministro di grazia e giustizia, lo ripeto anche una volta, migliori la magistratura; che il ministro dell'interno faccia un esame severo di tutti gli agenti del Governo, per vedere se tutti si ispirano alle vedute della nazione.
Quando il Governo agirà energicamente, sono sicuro che dappertutto, se non una perfetta tranquillità, vi sarà almeno quell'ordine che è compatibile allo stato attuale delle cose; e questa certezza mi spinge a gridare: energia, energia e sempre energia.
CRISPI. Il signor guardasigilli si è trincerato dietro le autorità locali, e direste che lasciasse cadere sopra le medesime la colpa della fattagli imputazio­ne. Cotesta, secondo me, è una cattiva difesa per un ministro costituzionale. Se le autorità locali non hanno spedito il rapporto dei casi di Castellammare, ciò è segno di disordine nel pubblico servizio. In Sicilia, sotto tutti i Governi, non escluso quello della dittatura, i questori e i procuratori generali del Re manda­vano settimanalmente al Ministero il rapporto dei reati che si commettevano. Inoltre, quando seguivano reati straordinari, le suddette autorità erano obbliga­te a fare un rapporto speciale. Sarebbe ormai venuta meno cotesta pratica? La ribellione del l o gennaio fu un fatto abbastanza clamoroso ed importante perché dovesse essere oggetto di un rapporto istantaneo, immediato pel Governo della capitale. In ogni modo, checché ne sia, la negligenza degli agenti del potere non è una scusa innanzi a noi. Pel Parlamento non c'è che il ministro responsabile.
L'onorevole guardasigilli soggiunse che, se la giustizia non è bene amministrata in Sicilia, egli è per i magistrati che il Governo ha ereditato.
MIGLIETTI, ministro di grazia e giustizia. Non ho detto questo.
CRISPI. Se non afferrai bene la frase del signor ministro, affermo però essere stato cotesto il significato delle sue parole.
In verità, dopo quattordici mesi che il Governo regio è instituito in Sicilia, non ci è scusa per lui sugli errori nella pubblica amministrazione.
Il Ministero, ove l'ha voluto, ha mantenuto completamente il personale.
Di sette prefetti nominati sotto la dittatura, appena due ne rimangono. E nel giudiziario, quando il guardasigilli l'ha creduto necessario, non ha mancato di fare altrettanto. lo gli ricorderò il fatto del giudice Fortunato, il quale nel novembre ultimo, per rispetto a qualche suscettibilità locale, fu traslocato da Palermo a Messina. Credete voi che ciò sia avvenuto perché il medesimo aveva commesso qualche irregolarità? Niente affatto. Il signor Fortunato fu punito per aver fatto il suo dovere contro un milite della guardia nazionale. Si trattava di un atto di energia di quel giudice, ed il ministro di giustizia, invece di lodarlo e promuoverlo pel buon esempio degli altri magistrati, gli fece mutare residenza.
MIGLIETTI, ministro di grazia e giustizia. Ma ciò sta nella competenza del luogotenente. I giudici sono nominati dal luogotenente.
CRISPI. lo qui non conosco luogotenenti; io non conosco che il ministro responsabile. (Bisbiglio a destra)
In ogni modo, se l'onorevole guardasigilli mi ricorda che quella disposizione fu data dal luogotenente generale del Re, io, alla mia volta, richiamerò alla sua memoria ch'egli era a Palermo quando ciò avveniva. Quindi, essendo colà, poteva provvedere secondo giustizia.
L'onorevole ministro finalmente, non potendo negarci che in Sicilia l'istruzione dei processi va assai lenta, e spesso non raggiunge lo scopo, l'attribui­sce alla mancanza di coraggio nei testimoni.
Signori, ho qui una statistica del 1852, dalla quale risulta che su cento reati portanti pene criminali, settantacinque allora erano puniti. Per ottenere questo risultato, bisognava bene che i testimoni parlassero. Or dunque, come avviene che in quel tempo avessero coraggio, ed oggi ne manchino? No, o signori, non dobbiamo lagnarci dei testimoni, ma dell'imperizia nei giudici istruttori, del­l'imperizia nei magistrati incaricati del Pubblico Ministero. Il male è tutto là, e bisogna fare il possibile perché le procure generali siano purgate, e si scelgano giudici che conoscano il loro dovere.
Ho detto che in Sicilia si sono fatti arresti arbitrari e si sono applicate delle pene in via economica non ammesse dalla legge. Il 10 dicembre io parlai anche di un signor Pancali, confinato nel comune di Vittoria, dove sta ancora al presente senza giudizio di magistrati. lo credeva per lo meno che l'onorevole ministro avesse dato ordini energici perché quei cittadini fossero liberati. Gli ricordai altri fatti della stessa natura in quel giorno, ma non so ancora che giustizia si sia fatta. Ora, finché il Ministero non si metterà sulla via della giustizia, anziché Governo energico, sarà riputato Governo debole. Non si può far nulla contro la legge, e tutto quello che le si fa contro, lo è a danno della libertà.
BROGLIO. Mi pare evidente che la presente discussione non possa avere un esito pratico.
Io sono d'accordo coll'onorevole D'Ondes nel rispetto a quei sommi principii di giustizia e di libertà ch'egli ha invocati, ed egli sarà sicuramente d'accordo con me e cogli altri membri di questa Camera che hanno parlato in questo senso nell'ammettere che in occasione di guerra, od almeno di lotta civile, d'insurrezione e di repressione, la propria difesa obbliga i soldati, gli stromenti dell'ordine pubblico a venire a repressioni violente, le quali debbono cessare dal momento che cessa la lotta. Il punto che è ora in controversia sta nel vedere, se le fucilazioni di cui si parla siano una conseguenza immediata, un atto stesso della lotta, oppure un atto sopraggiunto dappoi. Su questo l'onorevole ministro ci ha detto di non avere ancora i rapporti speciali delle autorità giudiziarie dove le circostanze del fatto sono esposte. Per conseguenza è evidente che non si può venire ad una conclusione pratica. lo credo quindi che si debba chiudere questa discussione, stando sempre salva, ben inteso, all'onorevole D'Ondes la facoltà di chiedere al signor ministro ulteriori spiegazioni, quando egli venga a sapere che le informazioni sieno arrivate dall'isola.
Io propongo dunque che si passi senz'altro all'ordine dei giorno.
D'ONDES-REGGIO. lo credo che veramente se quei signori che hanno difeso il Ministero non l'avessero difeso, la cosa sarebbe andata meglio, perché io il primo ho detto che concepiva le difficoltà che il Governo avrebbe potuto incontrare in impedire il deplorabile caso. Intanto debbo ritenere che sia avve­nuto, mentre l'ho letto nel giornale ufficiale, ché se mai il giornale fosse scritto (e forse a questo pare che alludano le parole dell'onorevole Broglio) che nella lotta cinque furono uccisi, ed allora certamente io non ne avrei fatto discorso; ma le parole del giornale sono: «presi colle armi alla mano, furono fucilati.» Ciò è contro lo Statuto, è contro la giustizia, lo ripeto, non c'è questione, o signori. Tutto quello che hanno detto gli onorevoli La Farina e Paternostro non fa niente all'argomento; eccetto che eglino non intendano dire con parole chiare, ma con un giro di frasi e reticenze: non vogliamo giustizia, ma invece vogliamo energia. Ora per me tutto ciò che non è giustizia non può essere altro se non ingiustizia. È un errore il credere che l'energia e la giustizia sieno cose incompatibili; no; anzi la vera energia consiste nel fare eseguire la giustizia. Quindi si spieghino chiaro: vogliono la giustizia? E la giustizia presso i popoli civili significa ciò che è dalle leggi stabilito; l'energia significa il fare eseguire rigorosamente la giusti­zia; parlino chiaro come parlo io ...
LA FARINA. Domando la parola.
D'ONDES-REGGIO. Il signor La Farina sa che questi sono i miei principi i antichi, e sa che sovente ho avuto a combattere per sostenerli.
Quanto poi a quello che l'onorevole Paternostro ha manifestato che avrebbe voluto adoperare se si fosse trovato al potere, io non gl'invidio la gloria di quello che avrebbe fatto, ma so che non l'avrei mai fatto io civile europeo. (Ilarità prolungata - Bravo!).
Voci. Ai voti! ai voti!
Molti deputati. Ai voti! ai voti! La chiusura!
PRESIDENTE. Il deputato Plutino ha la parola.
LA FARINA. Io aveva domandata la parola.
PRESIDENTE. L'avrà dopo; prima è iscritto il deputato Plutino.
LA FARINA. Ma è per un fatto personale.
D'ONDES-REGGIO. Quanto a me, propoIlgo l'ordine del giorno puro e semplice. (No! no! a sinistra - Rumori)
PRESIDENTE. Parli il deputato La Farina per un fatto personale; la prego però di volersi tenere strettamente in questo limite, perché altrimenti io sarei costretto a richiamarlo.
LA FARINA. Spero di mantenermi da me stesso per non mettere l'onorevole presidente nella necessità di richiamarmivi.
PRESIDENTE. L'aveva avvertito appunto per non trovarmi in questa necessità.
LA FARINA. lo non posso stare sotto l'accusa mossami dall'onorevole O'On­des, quando mi rimproverava di non parlar chiaro.
L'onorevole D'Ondes mi conosce da molto tempo, e sa che, se io pecco, pecco del parlare troppo chiaro. Forse qualche volta non arriverò ad esprimere bene il mio pensiero, ma la volontà mia è sempre di parlar chiaro. E per persuadere la Camera che io voglio parlar chiaro, dirò che nessuno di noi potrebbe immaginare che ci possa essere una forza disgiunta dalla giustizia; ché anzi la giustizia è la prima forza dei Governi liberi. Ma io distinguo la giustizia ordinaria, come si esercita nei tempi normali, dal caso delle lotte armate di cui si sta parlando. E questo caso, o signori, esce fuori di tutti i termini, di tutte le previsioni della giustizia (Movimenti diversi e rumori).
Bisogna che la Camera si metta ...
PRESIDENTE. Ella esce precisamente dal fatto personale.
LA FARINA. Essendo stato accusato di non volere l'esercizio della giustizia, debbo dimostrare come questo non sia.
PRESIDENTE. Il deputato O'Ondes disse semplicemente che non ha parlato chiaro; ella ha risposto che si...
LA FARINA. (Interrompendo) Ma io non confondo la giustizia colla violen­za. lo sono per la stretta osservanza delle leggi.
PRESIDENTE. E questo basta.
LA FARINA. lo credo che il Governo non può e non deve transigere colla forza bruta, colla ribellione armata che esce in istrada (Movimenti).
PRESIDENTE. Parli il deputato Plutino.
Voci. No! no! La chiusura! la chiusura! Ai voti!
PRESIDENTE. Lo prego però di voler limitare le sue osservazioni ai fatti di Castellammare.
PLUTINO. Dirò due sole parole. Voci. Ai voti! ai voti!
PLUTINO. Io credo che i soldati che hanno combattuto a Castellammare non potevano far altrimenti che a fucilate rispondere con fucilate. (Bravo!) Cercando di penetrare nella città e volendo salvare la popolazione da quei feroci cannibali, che abbruciavano ed uccidevano pacifici cittadini, hanno dovuto usare le armi e combattere la forza colla forza. La questione, signori, non è questa. È tempo che queste carnificine cessino nelle provincie meridionali; ed io credo che i borbonici prendano ad ogni istante le armi, perché le autorità locali in vari punti incoraggiano i borbonici. (Mormorio).
Signori, riflettano a ciò; è un anno che io insisto sulla stessa idea. Se la magistratura l'anno passato fosse stata modificata, i primi iniziatori di una rivolta a quest'ora sarebbero o alla galera o fucilati. I prefetti non fanno il loro dovere, gli agenti di polizia non fanno il loro dovere, ed è un anno (signori, scusate, è doloroso, ma debbo dirlo), è un anno che il Governo, col fatto, incoraggia i borbonici a combattere i liberali. (Movimenti diversi)
PRESIDENTE. Prego il deputato Plutino di non fare insinuazioni, e di non lanciare accuse generiche, le quali perciò non possono essere combattute.
Voci. La chiusura! la chiusura!
PRESIDENTE. Non trovandosi piu alcun oratore iscritto, e d'altra parte non essendovi alcuna proposta, si passerà all'ordine del giorno ...
BROFFERIO. Propongo anch'io un ordine del giorno ...
PRESIDENTE. Scusi; la discussione è finita.
BROFFERIO. lo propongo un ordine del giorno in opposizione a quello puro e semplice.
PRESIDENTE. Non si è proposto alcun ordine del giorno. Il deputato Broglio ha posto innanzi l'ordine del giorno puro e semplice sulla proposta d'un ordine del giorno motivato, che supponeva che si sarebbe fatta; ma, dappoiché il deputato D'Ondes-Reggio, che ha fatta l'interpellanza, non ha presentato alcuna proposta, e si accostò anzi all'ordine del giorno puro e semplice, non saprei su che cosa si abbia a deliberare.
BROFFERIO. Domando perdono. Questa è tale discussione, che non deve essere sepolta in cotesto modo. lo propongo una soluzione che spero sarà accettata dalla Camera, perché dettata nell'interesse del paese e del Parlamento.
Il signor guardasigilli che cosa ha egli detto? Ha detto che non era informato, e non poteva rispondere. Dobbiamo noi dunque deliberare sopra una mancanza di informazioni?
PRESIDENTE. Non si prende alcuna deliberazione.
BROFFERIO. Mi lasci terminare. È troppo grave l'argomento di cui si tratta, e non è lecito, sopra cosa di tanta importanza, o di non deliberare, o di deliberare in fretta e superficialmente.
Il signor ministro di giustizia non può darci alcun ragguaglio sui lamentevoli fatti di Castellammare? Ebbene, venga il ministro della guerra, informi la Camera, e la Camera, udite le informazioni, pronunzi.
Il signor Paternostro vi consiglia a chiudere un occhio; io invece vi consiglio a spalancarne cento, perché dove si tratta di mantenere incolume la giustizia, fonte suprema di libertà, la nazione ha debito di vegliare con ogni maggior diligenza.
Soggiunge il signor Paternostro che ci sono due legalità. Questa sentenza mi ha ricordato ciò che diceva una volta un celebre diplomatico. Diceva quell'eccellenza che nella diplomazia vi sono due verità, una delle quali non era vera; cosi il signor Paternostro vorrebbe per servizio del Governo una legalità illegale. Comodo ripiego per violare la legge.
Noi dobbiamo oggi astenerci da pronunziare nel merito, ma non dobbiamo soffocare la discussione.
Io sono inclinato a scusare il soldato che sul campo di battaglia non tenga conto degli articoli del Codice; in cospetto a' nemici che in nome della reazione vogliono assassinare la patria, il soldato non fa l'avvocato. Tuttavolta, quando un disarmato prigioniero è in mano dell'autorità sia civile, sia militare, io voglio che l'autorità rispetti la giustizia.
In questo stato di cose, io propongo alla Camera di invitare il ministro della guerra a venire, in un giorno da stabilirsi, a fare una relazione esatta e circostanziata sopra le esecuzioni capitali di Castellammare. Quando la Camera avrà questa relazione, pronunzierà il giudizio suo; ma non pronunziare oggi nemmeno un giudizio incidentale, come quello che io propongo, sarebbe un errore grande, sarebbe far credere che non avessimo a cuore il rispetto delle leggi, né il rispetto del decoro nazionale, né il sentimento dell'altissima missione che la libertà ci ha affidata.
BROGLIO. Io non ho proposto l'ordine del giorno per seppellire nessuna mozione, e questa meno che qualunque altra; io anzi ho espressamente dichia­rato che era riservato, come del resto non era bisogno che glielo riservassi io, il diritto all'onorevole D'Ondes, od a qualunque altro deputato, di rinnovare le loro interpellanze in un altro giorno, ogni qual volta si venga a sapere che il signor ministro abbia ricevute le informazioni di cui manca.
La mia proposta non aveva dunque per iscopo né di seppellire questioni, né di porre in trascuranza un fatto illegale qualsiasi, né di chiudere gli occhi sulla legalità od altro. Volli semplicemente constatare il fatto che l'onorevole D'On­des non aveva proposto alcun ordine del giorno motivato, e che quindi la questione mi pareva non potesse protrarsi senza far perdere tempo alla Camera. Dappoiché non vi poteva essere un esito pratico e definitivo, io proposi di passare all'ordine del giorno, cioè di procedere innanzi a trattare gli argomenti che sono all'ordine del giorno, per venire a qualche cosa che potesse avere un risultamento efficace.
In questo senso ho proposto l'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Se l'onorevole deputato Brofferio avesse badato alle spiegazioni da me date ed alla proposta da me fatta, che era di non emettere alcuna deliberazione, egli otteneva il suo scopo, e lo otterrà certo, se acconsente a questa mia proposta; perché, ove la Camera non prenda alcuna deliberazione, rimarrà in piena facoltà de'suoi membri, allorché verrà il ministro della guerra, di interpellarlo su quest'argomento; e sono persuaso che il signor ministro non avrà nessuna difficoltà di dar loro adeguata risposta. Dopo questa, il deputato Brofferio sarà libero d'invocare la deliberazione che crederà.
BROFFERIO. Farò passare il mio ordine del giorno al signor presidente.
PRESIDENTE. Noto ancora che, se la Camera lo rigettasse, non si potrebbe piu ritornare su questo argomento.
BROFFERIO. SO anch'io che ogni deputato ha diritto di interpellare il signor ministro quando a lui pare e piace; sopra di ciò non havvi questione; la questione sta in questo, che la Camera prenda in seria considerazione i fatti di Castellammare come vennero riferiti dal foglio uffiziale, e senza aspettare nuove interpellanze al ministro della guerra, che si faranno chissà quando, ordini ella stessa le informazioni di cui ha d'uopo per essere illuminata, e pronunziare, come gliene corre obbligo, secondo verità e giustizia.
LANZA GIOVANNI. lo credo che qui inopportunamente si vogliano invocare i sentimenti di decoro e di dignità della Camera. Questa questione sorse per iniziativa di un deputato della sinistra, il signor deputato D'Ondes-Reggio. Egli adunque chiese spiegazioni sopra fatti avvenuti ultimamente a Castellammare in Sicilia; ma, per quanto io abbia attentamente ascoltato il suo discorso, non ho inteso ch'egli asserisse essere succeduti fatti illegali, fatti incostituzionali; chiese se questi erano succeduti in quelle date condizioni che si allontanassero dal prescritto dello Statuto e delle leggi dello Stato, ma non provò sin qui, anzi non asseri neppure che fatti illegali e incostituzionali fossero effettivamente accaduti. Come vorrà la Camera formarsi un convincimento se queste illegalità siano succedute quando lo stesso interpellante non le ha provate, anzi nemmeno asserite in modo fermo e sicuro? lo credo che la Camera non possa assolutamen­te andare piu in là dell'onorevole interpellante. (Movimenti di approvazione a destra)
Se poi è in via di schiarimento che si vogliano questi fatti appurare, io osservo che ogni deputato ha diritto di chiedere questi schiarimenti, quindi rimane libero all'interpellante, quanto a qualsiasi deputato, di ripigliare nuova­mente la questione appena sarà presente quel ministro, che per la sua specialità sia in grado di dare queste informazioni; non vedo adunque nessuna necessità che la Camera prenda preventivamente una deliberazione per fissare un giorno apposito, e per invitare quel tal ministro a dare le chieste spiegazioni.
Se l'onorevole D'Ondes avesse addotto delle prove, avesse sino ad un certo punto dimostrata la probabilità che questi fatti illegali fossero avvenuti, io comprenderei che la Camera potesse preoccuparsene vivamente, ed associar­si a lui per chiedere dal ministro della guerra le necessarie spiegazioni; ma sin qui l'onorevole D'Ondes non ha data nessuna prova; l'unica cosa che addusse si è ch'egli ha letto nel giornale uffiziale che nel lamentevole fatto succeduto in Sicilia un certo numero di ribelli fu preso colle armi alla mano e fucilato. Ma basta questo, o signori, per costituire un fatto illegale? Certo non sarà il deputato D'Ondes che vorrà asserirlo.
Noi sappiamo pur troppo che nelle lotte di questa natura tante volte la parte la quale giunge ad afferrare alcun nemico non ha piu la libertà d'azione, per poter procedere piu in un modo, che in un altro; e fa un bel dire che, quando si fanno prigionieri di guerra, si debbono consegnare immediatamente all'auto­rità civile perché proceda regolarmente. Ma questo è egli possibile in tutti i casi, tanto piu quando si tratta di fatti di aggressione accaduti per sorpresa, in cui la forza pubblica che sopravviene per reprimerla non si trova sempre in numero sufficiente per poter arrestare e imprigionare, e quando i prigioni possono fuggire da un momento all'altro e rivolgere ancora le loro armi contro di lei?
Credete voi che in questi casi, per rispettare quello che voi dite la legalità dei tempi normali, si possa abbandonarli nuovamente col pericolo di vederli ridiventare aggressori?
Ma, signori, voi vedete che questo sarebbe un procedere non umano, ma inumano, non savio, ma imprudente, che comprometterebbe la cosa pubblica, e noi stessi, quando succedessero poi tristi avvenimenti a cagione di questa poca previdenza della forza militare, e noi stessi, dico, saremmo i primi a redarguirla.
Per conseguenza, prima di poter dichiarare che i fatti succeduti a Castellammare sono illegali e incostituzionali, bisogna avere delle prove, bisogna dimostrare che questo fatto si poteva evitare, che non fu consigliato all'autorità militare dalla suprema necessità della salute pubblica, della difesa del paese.
Dunque conchiudo che nello stato delle cose non si può assolutamente affermare che s'abbia alcuna prova che siansi commessi questi fatti illegali; ma nello stesso tempo riconosco che si possano desiderare maggiori spiegazioni da chi crede esistervi una qualche presunzione che questi stessi fatti illegali siansi commessi. Ciò può fare l'interpellante, o qualsiasi altro deputato; ma, ripeto, allo stato della vertenza, e, permettetemi una parola tecnica, allo stato della procedura credo non vi siano sufficienti indizi perché la Camera solennemente dichiari l'opinione sua con un voto sopra i fatti annunciati dal deputato D'Ondes-Reggio.
A lui stesso e ad altri nostri onorevoli colleghi non mancano i mezzi di ottenere in proposito tutte le piu ampie spiegazioni; ma parmi che sarebbe un aggravare troppo la cosa un pregiudicare, direi quasi, la stessa questione, quando si volesse intromettere un voto della Camera, il quale avrebbe questo significato, che cioè le interpellanze saranno mosse a nome della Camera, e non piu da un deputato, al ministro che è specialmente responsabile dei fatti annunciati. lo propongo quindi l'ordine del giorno puro e semplice, salva sempre la libertà a qualsiasi deputato di chiedere nuovi schiarimenti a quel ministro che si dichiarerà meglio informato sopra questi fatti.
PRESIDENTE. Il deputato D'Ondes ha facoltà di parlare.
D'ONDES-REGGIO. Signori, il mio discorso affatto non tendeva, come ha immaginato l'onorevole Lanza, a sapere se fosse vero o no che cinque individui erano stati fucilati; non era questo il mio scopo; io ho ritenuto questi fatti veri perché li ho trovati scritti nel giornale ufficiale. Non è quindi il caso d'insistere nel dire che questi od altri consimili fatti sono veri o no; quello che è fatto è fatto, ed è un male non piu rimediabile; lo scopo che io volevo ottenere, e credo che l'avrò ottenuto, sono franco nelle cose mie, è che in appresso simili ingiustizie non avvenissero piu. Non c'è quindi bisogno di fare ordini del giorno per riescire ad una conseguenza pratica; la conseguenza pratica sarà quella, e non chiedo altro.
MIGLIETTI, ministro di grazia e giustizia. Vorrei pregare la Camera ad assentire alla proposta fatta dall'onorevole D'Ondes, il quale, avendo mosso l'interpellanza, conosce meglio d'ogni altro quale ne dovesse essere l'effetto. lo ho dovuto dichiarare che non potevo dare schiarimenti riguardo a questi fatti, perché non mai m'avventurerei a dire alla Camera cose delle quali non mi constasse in modo positivo. Ora, finché è incerto in qual modo questi fatti sieno avvenuti, due supposizioni sono possibili: o la fucilazione ha avuto luogo previo un processo spedito si, ma ad ogni modo regolare, ed in questo caso mi pare che nessuno vorrà fare appunti all'autorità militare, la quale avrebbe in questo modo punito rivoltosi presi colle armi alla mano; oppure questa fucilazione ha avuto luogo per solo impeto, e senza che alcun procedimento abbia constatato il reato, ed allora dichiaro che considero questo fatto come illegale.
Ma la Camera non dee tanto occuparsi dell'accertamento di questo fatto, quanto di esaminare quale sarà il contegno del Governo quando il fatto sia accertato nel senso dell'illegalità.
Voglia dunque la Camera lasciare che il fatto si accerti, che il Governo possa adottare quei provvedimenti che crederà opportuni; e qualora i provve­dimenti adottati non corrispondano all'aspettazione della Camera o di alcuni deputati, sarà il caso allora d'interpellare quel ministro che possa aveme mag­giore responsabilità, e di chiedergli la giustificazione del suo operato.
Voci. Ai voti! ai voti!
PRESIDENTE. Interrogo la Camera se intenda chiudere la discussione.
D'ONDES-REGGIO. Debbo protestare contro un'asserzione del signor ministro. Egli ha detto che i militari possono istituire giudizi; credo che non lo possano mai.
Molte voci. La chiusura! la chiusura!
PRESIDENTE. Domando se la chiusura sia appoggiata. (È appoggiata.)
La pongo ai voti.
(È approvata.)
Darò lettura del voto motivato proposto dal deputato Brofferio.
BROFFERIO. Chiedo di parlare. Dopo le dichiarazioni fatte dal signor guardasigilli, il quale promette che il Ministero farà le piu accurate investigazio­ni sopra i fatti che avvennero a Castellammare, ritiro il mio ordine del giorno, nella speranza che le promesse saranno religiosamente mantenute.
BERTOLAMI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. SU che cosa?
BERTOLAMI. È solo per fare una brevissima protesta contro una parola pronunziata dal deputato D'Ondes
Voci. No! La discussione è chiusa. (Rumori)
PRESIDENTE. La discussione è chiusa; mi duole d'essere costretto a negarle facoltà di parlare. Ho data la parola al deputato Brofferio per ritirare il suo ordine del giorno, ma a lei o ad altri non la posso dare assolutamente. (Il deputato Bertolami saggi unge alcune parole fra le interruzioni.) Il deputato Lanza aveva anche proposto l'ordine del giorno; ma poiché il deputato Brofferio ha ritirato il suo ...
LANZA GIOVANNI. Io ho ottenuto il mio scopo.
D'ONDES-REGGIO. Domando la parola per un fatto personale.
PRESIDENTE. Non posso darla a lei, come non l'ho data al deputato Bertolami.
D'ONDES-REGGIO. Ma è per un fatto personale.
PRESIDENTE. Nemmeno per un fatto personale. Dappoiché la Camera ha pronunziata la chiusura, non posso dar la parola a nessuno. (Bravo!)


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