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 BUSSOLA: Trapani Nostra - Libri - Salvatore Mugno

Tito Marrone - TEATRO - a cura di Salvatore Mugno





Tito Marrone

TEATRO

a cura di Salvatore MUGNO



Re Ferdinando

Atto Unico

Personaggi:


CORONÈO

GHÌGOLI

IL BARONE

LA BARONESSA

A Palermo. Sul finire dell'Ottocento.
Una bottega angusta, che prende luce da un'alta finestrina con inferriata; è una specie di tana. Dove sono sparsi alla rinfusa, su tavolini tarlati e su scansie polverose, oggetti d'ogni genere. Qua brilla l'oro scrostato d'una cornice, là il manico di ottone d'una lucerna. Libracci dalle rilegature rossastre, mobili di fogge strane, vasi di farmacia, armi arrugginite, maschere alle pareti. Coroneo, il vecchio padrone di quell'ospedale di rottami, con una papalina di velluto verde in capo e uno scialle bigio addosso, rannicchiato in un angolo sopra una sedia zoppa, biascica avemmarie, covandosi tra le mani uno scaldino di coccio. Entra il cavaliere Ghigoli: biondiccio, allampanato, vestito con dubbia eleganza. Fuori, piove.

GHIGOLI - (dopo aver guardato in giro) Coroneo, siete morto?
CORONEO - Non ancora, cavaliere Ghìgoli. Mi preparo, mi preparo. Chiudete la porta.
GHIGOLI - Nell'inferno vostro, quale nicchia è riservata per gli imbroglioni come voi?
CORONEO - (alzandosi) Non mortificate un'anima cristiana.
GHIGOLI - Voi non avete un'anima.
CORONEO - Ma di che cosa vi lagnate?
GHIGOLI - M'avete venduto il ritratto dipinto a olio di don Ferdinando Secondo.
CORONEO - (inchinandosi) Re delle Due Sicilie.
GHIGOLI - Assicurandomi che era antico.
CORONEO - Antico, sissignore.
GHIGOLI - Niente affatto. In un angolino, va via il colore recente e si sta scoprendo qualche altra cosa.
CORONEO - Se v'ho assicurato che era antico, non ho detto che fosse del mille e cinquecento. In quell'epoca, non esisteva il re nostro signore.
GHIGOLI - Non scherziamo. Per antico, intendevo del tempo suo. Eseguito da un artista che lo conosceva.
CORONEO - E che v'importa, cavaliere mio? La rassomiglianza c'è? Il naso è quello? La barba a collana esiste? Eh, mi pare di vederlo ancora, quando lo scarrozzavano per Via Macqueda!
GHIGOLI - Con la scusa della barba e del naso, me l'avete fatto pagare a peso d'oro.
CORONEO - E quello che è costato a me! Per scoprire il suo muso, mi è toccato rovistare in tutte le vecchie case dei nostri paesetti. In città, non se ne trovano più. Coloro che lo possedevano l'hanno truccato per paura, dipingendoci sopra Il Trovatore o l'Arcangelo Gabriele.
GHIGOLI - Non vorrei che, a poco a poco, andando via il colore recente, dovesse venir fuori qualche diavoleria.
CORONEO - Oramai, voi l'avete regalato, e siete a posto.
GHIGOLI - Già, io sono a posto. (compiacendosi) Lo sapete, Coroneo, che il mio dono ha avuto un grande successo?
CORONEO - Lo credo. Conosco bene il barone Ramaglia.
GHIGOLI - Dalla notte al giorno, vi dico. Prima… Con un amico come voi non ho segreti… Prima, dovevo contentarmi di un'accoglienza freddina… Ma ora, si può dire che sono della famiglia.
CORONEO - Lo dovete a me, cavaliere mio. Ricordatevelo, per l'onesta ricompensa.
GHIGOLI - A voi? Lo devo a don Ferdinando Secondo.
CORONEO - (inchinandosi) Re delle Due Sicilie.
GHIGOLI - Ex, ex, Coroneo. Voi dimenticate in che tempi viviamo.
CORONEO - È vero. Oggi, siamo piemontesi.
GHIGOLI - Siamo liberali.
CORONEO - E moriamo di fame.
GHIGOLI - Voi non l'avete questa paura: siete antropofago.
CORONEO - Che vuol dire?
GHIGOLI - Che vi mangiate il prossimo.
CORONEO - E voi che vi mangiate, cavaliere mio? Perché mi pare che anche il prossimo vi tenga lontano.
GHIGOLI - (ridendo) Rimane sempre il barone Ramaglia.
CORONEO - Ve lo volete mangiare?
GHIGOLI - La dote, Coroneo. La dote della merciaia.
CORONEO - La signora baronessa? Ma voi non eravate al mondo, quando lei vendeva i bottoni e la fettuccia, all'angolo di Via Sant'Agostino! Era una bella donnetta e, con quella scusa, riusciva anche a fare l'usuraia. Al tempo che fu.
GHIGOLI - Al tempo di Re Ferdinando.
CORONEO - Baiocco su baiocco, quella strega ha messo insieme le migliaia e le migliaia.
GHIGOLI - Aiutata dalla bellezza, si capisce.
CORONEO - Non malignate, ora che volete entrare nella famiglia. Via Sant'Agostino, sissignore, presso il Monte di Pietà. Se me la ricordo!
GHIGOLI - E il barone Ramaglia, facendo arrossire lo stemma di casa, le ha dato il suo nome.
CORONEO - Necessità non conosce legge. Aveva più debiti che capelli.
GHIGOLI - Con lei?
CORONEO - Anche con lei. Ma, a un certo momento, ha detto basta. O l'anello al dito o le carceri di Piazza Ucciardone.
GHIGOLI - E così, dal matrimonio, è nata Orsolina.
CORONEO - Che il cavaliere Ghìgoli, velando a lutto anche lui lo stemma di famiglia, si vuole sposare.
GHIGOLI - La figlia del barone!
CORONEO - La figlia dell'usuraia.
GHIGOLI - È bellina.
CORONEO - Molto meno della madre: ha un occhio di vetro.
GHIGOLI - Una disgrazia, di cui nessuno si accorge. Oggi, gli occhi di vetro li fanno benissimo. (amichevolmente) Coroneo, se questo matrimonio riesce, vi faccio un regalo del quale dovrete ricordarvi per un pezzo.
CORONEO - Con voi, la memoria non serve.
GHIGOLI - Sarete contento. Ma dovete aiutarmi. Siete un grande amico della famiglia…
CORONEO - Amico… è un po' troppo. Della vecchia sì, un tempo. Quando ero un giovanotto mingherlino e tutte le ragazze mi correvano dietro… ogni volta che passavo davanti alla bottega, lei mi regalava la polvere opoponax.
GHIGOLI - Voi siete stato giovane?
CORONEO - E bello! Più di voi, cavaliere mio; senza offendervi.
GHIGOLI - Io non faccio il damerino. Sono un uomo pratico.
CORONEO - Si vede, si vede.
GHIGOLI - Ma dunque se, tra voi e la merciaia, sono corsi questi rapporti… profumati…
CORONEO - No, no. Oramai, io non sono che l'umilissimo inquilino di una bottega del suo palazzo. E m'ha fatto sapere che intende aumentarmi la pigione.
GHIGOLI - Il palazzo era del barone Ramaglia. C'è lo stemma col bove, sul portone.
CORONEO - Precisiamo.La casa era dei creditori. Lo stemma con la vacca non si vedeva più: tante ipoteche aveva sopra le corna. La merciaia gliel'ha ricomprata, perché il barone ha voluto darmi retta.
GHIGOLI - Perciò, quel matrimonio è opera vostra.
CORONEO - Non esageriamo. Io ci ho messo uno zampino. Per pura amicizia.
GHIGOLI - Lo so: eravate tra i creditori.
CORONEO - (punto) Se ero tra i creditori, vuol dire che ero tra quelli che l'avevano aiutato.
GHIGOLI - Si conosce il vostro cuore.
CORONEO - (animandosi) Ma non si sa tutto. E ignorano, tra l'altro, che la vita, il barone Ramaglia, la deve a me!
GHIGOLI - Voi, gli avete salvato la vita!
CORONEO - Sicuro; e senza interessi, quella volta!
GHIGOLI - (incuriosito) Raccontatemi l'avventura, e vedremo di proporvi per una medaglia.
CORONEO - L'avventura… Eh, vi assicuro che ci faceva caldo, a Porta Termini, il ventisette maggio del Sessanta! Palermo non si riconosceva più, con tutte le materasse in mezzo alle strade. Fucilate piovevano da tutte le parti! Quei diavoli erano riusciti ad aprire una breccia e vi si precipitavano, urlando e scannando. Non salta in testa al baronello Ramaglia di appiattarsi dentro una cantina con trenta disperati, e da lì mettersi a sparare, attraverso la finestrina bassa, su le schiene degl'invasori? Il fiore della nobiltà borbonica aveva con lui… Il marchese Branciforte, il duca di Santa Flavia, il contino Pizzo, don Sante Rùvola e tanti, tanti che non ricordo più. Tutte le teste matte, insomma, che volevano salvare il regno, stando in una cantina!
GHIGOLI - C'eravate anche voi, Coroneo?
CORONEO - C'ero. Mi avevano preso per forza. Ero il figlio dell'intendente del barone vecchio. Soggetto a loro: non potevo rifiutarmi.
GHIGOLI - E sparavate…
CORONEO - Per l'amor di Dio! Io sono cristiano: caricavo le armi.
GHIGOLI - E poi?
CORONEO - E poi… I diavoli scamiciati, appena si accorgono di quel putiferio dalla cantina, s'imbestialiscono, irrompono nel cortile, ci prendono alle reni. Che vi posso raccontare? Don Sante Rùvola si buscò un fendente che gli spaccò la testa; altri, fucilati a bruciapelo, caddero con la bocca aperta e le braccia in croce; il contino Pizzo lo legarono a un'inferriata e gli mozzarono il naso, che gettava come una fontana rossa. Tre o quattro fecero in tempo ad appiattarsi dietro le botti, in mezzo alle ragnatele. Il baronello Ramaglia, che lo credevano il capo, col gran vociare che faceva correndo a destra e a sinistra, te lo acciuffano, gli turano la bocca con la stessa sciarpa che portava a tracolla, lo ficcano in un sottoscala e se lo pestano sotto i piedi, giurandogli di tornare a riprenderselo più tardi, per trascinarlo davanti al generale e farlo impiccare con tutte le regole. Poi se ne vanno, scaricando all'impazzata i fucili, sfasciando a sciabolate le botti. Colava il vino da tutte le parti e allagava il pavimento, mescolandosi col sangue dei morti. Io…
GHIGOLI - Ah! Voi non eravate morto.
CORONEO - Io ero mingherlino e m'ero schiacciato come un'acciuga dietro il battente della porta. Passa qualche minuto: il cuore mi picchiava nel petto peggio di un orologio. Sporgo un centimetro di faccia: il diavolo lasciato a custodia del povero Ramaglia s'era attaccato alla cannella d'un fustino di marsala con gli occhi chiusi, e non vedeva altro. Arrischio, strisciando, qualche passo; riesco, con l'aiuto di Dio a socchiudere l'uscio del sottoscala; mi carico su le spalle il baronello svenuto… e, non so come, lo porto fuori in salvo. Che febbre, la notte! Rimasi una settimana tra la vita e la morte. Ramaglia, a poco a poco, risuscitò. Ma provatevi a fare solo il nome di Garibaldi, davanti a lui! Una belva diventa. Eh, se lo avessero ripreso, era un uomo impiccato!
GHIGOLI - Bravo, Coroneo.
CORONEO - (passandosi un fazzoletto a colori sul viso) Bravo, il cavaliere Ghìgoli, che si sposa sua figlia e s'inghiotte una magnifica dote!
GHIGOLI - Siamo ancora lontani.
CORONEO - Non tanto. Il colpo maestro è stato il regalo al futuro suocero del ritratto di Re Ferdinando. Che figura farà nel grande salone, dove tutti i mobili tentennano quando si cammina! Ci metterà davanti un lumino, come all'immagine di Santa Rosalia.
GHIGOLI - Tre mesi delle mie magre rendite sono scomparsi nelle vostre tasche, per avere quel mascherone.
CORONEO - Mi darete altrettanto, dopo le nozze.
GHIGOLI - Siete proprio sicuro della riuscita?
CORONEO - Ragioniamo, cavaliere mio. La ragazza, chi potrebbe sposare? La nobiltà non la vuole: c'è l'usuraia che dà ombra. Un borghese? Non lo vuole il barone, con i suoi antenati di Spagna. Voi non possedete un soldo, ma siete nobile. E poi… assoluta mancanza di scrupoli.
GHIGOLI - Coroneo, non vi posso permettere…
CORONEO - (sorridendo) Ma qua dentro chi ci sente? Vi parlo col cuore in mano, da vero amico.
GHIGOLI - Ah, sì? Vi ringrazio.
CORONEO - Il barone, come avrete visto, a una parola mia ci dà peso.
GHIGOLI - Ma la baronessa?
CORONEO - Subirò l'aumento della pigione, per amor vostro. E nel portarle l'affitto, troverò modo di ricordarle…
GHIGOLI - (ridendo) Opoponax?
CORONEO - Eh, altro che opoponax!
(Il rumore di una vettura, che si ferma alla porta. Entrano, in mezzo a un rovescio d'acqua, il barone e la baronessa Ramaglia. Questa porta sotto il braccio un quadro, ravvolto in un giornale)
GHIGOLI - (in fretta, a Coroneo) I suoceri! Non voglio che mi trovino qui. Nascondetemi.
CORONEO - (indicando una porticina nel fondo) Là, dentro il mio laboratorio. (Ghìgoli scompare)
IL BARONE - Coroneo, abbiamo bisogno dell'opera tua.
CORONEO - (accorrendo, con esagerata umiltà) Ai vostri ordini, signor barone. (inchinandosi poi alla baronessa) Eccellenza!
BARONESSA - Qua dentro, speriamo che non piova.
CORONEO - (con un sorriso mellifluo) C'è qualche piccola infiltrazione. Perciò, mi ero permesso di pregarla… Nel suo interesse: la bottega ne soffre.
BARONESSA - Non si tratta di questo, ora.
IL BARONE - Ti abbiamo portato un quadro.
BARONESSA - (porgendolo a Coroneo) Questo ritratto.
CORONEO - (dopo averlo liberato dall'involucro, con un grido) Re Ferdinando!
IL BARONE - Sua Maestà.
BARONESSA - Grattatelo.
CORONEO - Non capisco.
IL BARONE - Ti spiego io. La baronessa ha ricevuto la visita d'un amico, che ha una splendida collezione di quadri antichi ed è un vero intenditore. Osservando questo, che abbiamo avuto di recente, gli è parso di vedere, attraverso qualche screpolatura, il fondo di un altro dipinto a tinte rosse. Dice che recentemente è stato scoperto così un capolavoro d'un maestro veneto, nascosto sotto una pittura di poco valore. Un Tiziano, nientemeno! E il fortunato possessore l'ha rivenduto in America, per un milione.
CORONEO - (guardando il quadro con rammarico) Un milione!
BARONESSA - Grattate.
IL BARONE - Certo… mi rincresce assai per la memoria di Sua Maestà.
BARONESSA - Niente. Col ricavato della vendita, te ne comprerò un altro più bello, per quattro soldi. Questo ha il naso troppo lungo. (a Coroneo) Grattate: presto.
CORONEO - Ma… se poi fosse… una disillusione!
BARONESSA - E che ci rimettiamo? Un naso da iettatore.
IL BARONE - Il tono del rosso, sempre secondo l'amico, è un indizio sicuro d'antica pittura veneziana.
BARONESSA - E poi, quello che c'è sotto non può essere peggio di quello che c'è sopra.
IL BARONE - (rammaricandosi) Il rispetto, Bebè!
BARONESSA - Un naso da iettatore, ti dico!
CORONEO - E va bene. Proveremo, strofinando leggermente con una miscela di mia invenzione, che fa miracoli.
IL BARONE - Sei sicuro di non rovinare…?
CORONEO - (orgogliosamente) Dovevo laurearmi in chimica: lo sapete?
BARONESSA - E… in quanto tempo?
CORONEO - Un mio collega vi domanderebbe un mese; a me bastano pochi minuti, se la vernice non è troppo secca.
BARONESSA - Ah, se fosse un Tizio!
IL BARONE - Tiziano, Bebè.
CORONEO - (insinuante) Però… se il risultato è quale si spera… voi non dimenticherete che io ho contribuito alla scoperta.
BARONESSA - (investendolo) Che vorreste il milione?
IL BARONE - (conciliante) Se il risultato non è cattivo…
BARONESSA - Non vendiamo la gatta nel sacco.
CORONEO - (con un sospiro, indicando un divano) Vogliono accomodarsi, intanto? Io vado a tentare. (si avvia verso il fondo, portando il quadro con sé)
BARONESSA - Ma io ho il diritto di assistere…
CORONEO - (scusandosi) Oh; eccellenza! E il segreto professionale? (S'inchina ed entra nel retrobottega, richiudendo l'uscio. Il barone e la baronessa si siedono, la pioggia aumenta)
BARONESSA - Senti, che acqua!
IL BARONE - Il nostro cocchiere si sta bagnando come un pulcino.
BARONESSA - Vuoi scommettere che si è già riparato dentro il coupé? Se mi rovina il raso, lo caccio via. Sessantatrè lire al metro costa!
IL BARONE - Che starà scoprendo, Coroneo?
BARONESSA - Non mi fido. È stato sempre un imbroglione.
IL BARONE - Perderemo Sua maestà, e non ricaveremo nulla.
BARONESSA - Il cuore mi dice…
IL BARONE - Il cuore mi dice che anche il cavaliere Ghìgoli, l'ultima speranza per nostra figlia, non lo vedremo più.
BARONESSA - E buon viaggio!
IL BARONE - Antica nobiltà borbonica.
BARONESSA - Tasche vuote.
IL BARONE - Ma un uomo di cuore. Il regalo del ritratto mi ha veramente commosso. Per questo, gli do mia figlia.
BARONESSA - Se quello che c'è dentro ci frutta una bella somma, mi rassegnerò.
IL BARONE - Non la vincerai sempre, con la tua avarizia. A qualunque costo, gli faccio sposare Orsolina. Anche se sotto il Re c'è un pomodoro.
BARONESSA - Vedremo.
IL BARONE - Vedremo.
CORONEO - (aprendo uno spiraglio e mettendo fuori il capo) Devo continuare?
IL BARONE - Cosa vien fuori?
CORONEO - Rosso.
BARONESSA - Grattate. (Coroneo scompare e richiude)
IL BARONE - Ma che sarà? Un incendio?
BARONESSA - O un tramonto.
IL BARONE - Già: un tramonto veneziano.
BARONESSA - Ci sono stati altri pittori a Venezia, oltre Tiziano?
IL BARONE - Moltissimi.
BARONESSA - E valgono tutti un milione?
IL BARONE - Tutti.
BARONESSA - Mi vien voglia di ridere, pensando alla faccia di Ghìgoli, quando lo saprà.
IL BARONE - Non lo saprà. Troveremo un pretesto, per giustificare la scomparsa del quadro. (lo scoppio di un tuono)
BARONESSA - Senti, che uragano?
IL BARONE - E che freddo!
BARONESSA - Bisogna riscaldare il letto, questa sera. (Lunga pausa. Poi si schiude cautamente l'uscio del fondo. Compare Coroneo, col viso sconvolto, nascondendo il quadro dietro di sé)
IL BARONE - (alzandosi) Ebbene?
CORONEO - (con un filo di voce) Ebbene…
BARONESSA - Tiziano?
CORONEO - (mettendo desolatamente il quadro sotto i loro occhi) Garibaldi.
IL BARONE - In casa mia!
BARONESSA - (al barone) Lo vedi che t'ha combinato quel malfattore di Ghìgoli? E volevi dargli mia figlia! Se l'avessi qui…
GHIGOLI - (comparendo dal fondo) Buonasera.
BARONESSA - Voi! E con quale faccia osate venirmi davanti?
IL BARONE - Càlmati. Si deve trattare di un equivoco.
GHIGOLI - D'un leggero equivoco? Ma Coroneo spiegherà tutto.
CORONEO - (imbarazzatissimo) Io… sono una vittima.
BARONESSA - Qui, la vittima sono io.
GHIGOLI - Io. Un moto generoso del mio cuore, così male ricompensato. Coroneo, la parola a voi.
CORONEO - La mia buona fede è stata sorpresa. Ecco che cosa vuol dire essere un galantuomo.
BARONESSA - Voi avete osato tacere con me! Con la vostra benefattrice!
CORONEO - (con un'occhiata al soffitto) Ci piove.
BARONESSA - Dovrebbe diluviare, per annegarvi.
IL BARONE - Bebè, quello che dici non è ortodosso. I nostri principi religiosi…
CORONEO - Vi ringrazio, signor barone. Ma io ho imparato, cristianamente, a sopportare le ingiurie.
BARONESSA - Bugiardo: voi siete ebreo.
CORONEO - Mio padre, poveretto, lo era. Io ho avuto… (con un'altra occhiata al soffitto) il battesimo.
GHIGOLI - E questo vi obbliga a darci le spiegazioni che aspettiamo.
CORONEO - Tanti imbroglioni, cavaliere mio, e un solo galantuomo! Ripeto che la mia buona fede è stata sorpresa. Lo credevo originale, il vostro quadro, quando lo comprai. Dovrò ritirarmi dal commercio.
BARONESSA - E farete bene! Ritiratevi in una cella dell'Ucciardone.
IL BARONE - Un momento. Caro Ghìgoli, in questa disgraziata faccenda, io non voglio dimenticare il vostro slancio generoso. E ve ne resterò grato, comunque siano andate le cose. Ma che facciamo adesso? Non posso certamente appendere la faccia di questo barbone tra le degne figure degli antenati.
GHIGOLI - Lasciatemi riflettere.
BARONESSA - Per riflettere meglio, anche voi dovreste andare con Coroneo. Le manette!
CORONEO - Sono innocente.
GHIGOLI - Signora baronessa, io non devo raccogliere le insinuazioni che vi compiaceste di fare. Conosco il rispetto che vi è dovuto.
BARONESSA - E allora scomparite per sempre.
GHIGOLI - (con un amabile sorriso) Ma non prima di aver trovato una soluzione.
BARONESSA - Non c'è.
GHIGOLI - C'è. Coroneo, voi che siete il solo responsabile di questa sciagura, volete redimervi?
BARONESSA - (con un filo di speranza) Ghìgoli, avreste trovato?
GHIGOLI - Ho trovato. Coroneo, richiamate subito vostro nipote, quel pittoretto che avete cacciato da casa.
CORONEO - E che volete farne? È un pazzo.
GHIGOLI - Un pazzo: proprio quello che serve. Signor barone, vi prego di ascoltarmi. (additando il quadro) Lo vedete, Garibaldi?
IL BARONE - Pur troppo!
GHIGOLI - Benissimo. Ma tra poco non lo vedrete più. Con una splendida aureola, un giglio tra le mani invece della spada, qualche bel ricciolo bianco nella barba… il nipotino di Coroneo ve lo trasforma in un magnifico San Giuseppe.
BARONESSA - (ironica) San Giuseppe Garibaldi.
IL BARONE - San Giuseppe, e basta.
GHIGOLI - L'uno distrugge l'altro. Una magnifica vendetta.
IL BARONE - Finiamola, Bebè; e ringrazia il cavaliere, che ti regala un gran Santo. Bravo, Ghìgoli! E voi non potevate sapere che è il protettore della mia casata…
GHIGOLI - (modestamente) Lo sapevo. (inchinandosi) Io mi sono sempre interessato della vostra nobile famiglia, signora baronessa. (e sorridono tutti)

pagina a cura di    Gigante Lorenzo Maurizio    per Salvatore Mugno

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