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Nota di Fabrizio Fonte tratta dal volume “Dal separatismo all’Autonomia regionale”

Fabrizio Fonte
 

Nel corso degli anni mi è ripetutamente accaduto di porre particolare attenzione al periodo del cosiddetto «separatismo siciliano». Questo mio interesse credo derivi anche dal modo, del tutto casuale, in cui sono venuto a conoscenza dell’esistenza del «Movimento per l’Indipendenza della Sicilia» (Mis) e dell’attività portata avanti dai suoi capi carismatici (Finocchiaro Aprile, Varvaro, Castrogiovanni, Gallo, Tasca Bordonaro, etc..). L’anomala “difficoltà” nel prendere consapevolezza di determinati fatti, tutto sommato recenti della storia dell’Isola, mi ha indotto a riflettere sul perché questa vicenda sia stata volutamente, e troppo frettolosamente, riposta nel dimenticatoio.


Fabrizio Fonte
Questa “strana” circostanza mi ha riportato, infatti, alla memoria la continua azione di revisione degli avvenimenti del passato che il «Grande Fratello», concepito dal genio di George Orwell nel suo capolavoro «1984», imponeva ai suoi cittadini, giustificando il suo gesto dal fatto che «chi controlla il passato, controlla il futuro». È, dunque, forse questo il motivo perché le classi dirigenti Isolane (spesso troppo legate ai «palazzi romani») si sono affrettate a “cancellare” dai libri, e soprattutto dalla memoria storica di un intero popolo, una delle pagine, quantomeno dal punto di vista identitario, più edificanti ?
Anche il solo tentativo di poter dare una risposta a questo quesito mi ha spinto ad approfondire, al fine di meglio comprendere, la dinamica socio-politica posta in essere negli anni del «separatismo» nell’Isola. Mi appariva, infatti, quanto meno inverosimile che un manipolo di “idealisti”, e per di più siciliani, fosse stato in grado di mettere a dura prova fin dalle fondamenta nientemeno che l’assetto istituzionale, che stava per nascere, nel nuovo sistema repubblicano.
Fabrizio Fonte
Fabrizio Fonte
Lo stesso Giuseppe Alessi, il primo Presidente della Regione Siciliana, ebbe modo di pronunziarsi a distanza di molti anni sul fatto che debba essere «riconosciuto che i partiti operanti nella Costituente ruppero ogni indugio e rinunziarono ad ogni resistenza riguardo all’approvazione del nostro Statuto forse non tanto, come avrebbero dovuto, per le ragioni storiche ed il fondamento sociale delle nostre rivendicazioni, ma forse per la presenza in Sicilia del minaccioso apparato separatista. Sospetto che oso esprimere pel fatto che, eliminato dalla storia dell’Isola il separatismo, a Roma, uomini di Stato ed istituzioni dello Stato si sono dati un gran da fare per impoverire la portata di norme dello Statuto Siciliano od, addirittura, per dichiararle illegittime ed inoperanti sì che la nostra Autonomia si riduce alla dimensione delle “Regioni a Statuto Ordinario”» . Ecco, dunque, il motivo principale per cui ho ritenuto necessario riportare alla luce avvenimenti, figure o anche solo vicende storiche che hanno un rapporto diretto con il maturare, a cavallo della Seconda Guerra mondiale, dell’idea indipendentista in larga parte della popolazione Isolana.

Fabrizio Fonte
È opportuno, a mio modo di vedere, che soprattutto le nuove generazioni vengano a conoscenza dell’impegno profuso da quei tanti siciliani che, stanchi di essere trattati ancora una volta da sudditi, manifestarono in buona fede e pieni di entusiasmo nelle piazze dell’Isola con tre dita rivolte verso il cielo (ricordando allegoricamente il simbolo della «Trinacria»), per reclamare la loro libertà, i loro diritti e soprattutto, con una speranza mai sopita in fondo al cuore, di poter finalmente mutare in meglio le sorti del loro avvenire.
La guerra, infatti, aveva lasciato delle profonde ferite. I pesanti bombardamenti anglo-americani (che iniziarono nei primi mesi del 1943 e terminarono il 17 agosto dello stesso anno con la conquista di Messina) non avevano avuto alcuna pietà neanche per i civili, provocando un grande numero di morti e di feriti tra la popolazione inerme . Come se ciò non bastasse la conseguente recessione economica portò ai minimi termini, in particolare tra le classi meno abbienti, la stessa capacità di sopravvivenza. Basti dire che il pane era venduto, al «mercato nero», a 20-25 lire al chilo a fronte del salario di un lavoratore medio che era di circa 40 lire al giorno. Nel momento in cui apparvero quindi, in ogni angolo dell’Isola, le bandiere giallo-rosse dei Vespri e gli slogan separatisti, auspicando il definitivo colpo di reni da parte della Sicilia, in molti (secondo i dati della «Polizia di Stato», nel settembre del 1944, se ne contavano circa 480.000) furono portati a sostenere, con naturale partecipazione emotiva, le proposte politiche del Mis. Su tutte ovviamente la richiesta di secessione, in un primo momento apparentemente “accordata” dagli alleati, dell’Isola rispetto alla nazione italiana.

Fabrizio Fonte
In realtà ben presto la speranza doveva lasciare il posto, ancora una volta, alla più profonda delusione, poiché le contraddizioni (indipendenza/autonomia – repubblica/monarchia – democrazia/comunismo) che maturarono al suo interno e, quindi, di riflesso anche fra i suoi militanti (che nel giro di poco tempo, ovviamente, si “accasarono” in altre formazioni) segnarono ineluttabilmente il declino del Mis, sottolineando, ancora una volta, il fatto che qualsivoglia formazione partitica è destinata ad avere, se non ha un importante retaggio ideologico alle spalle, una breve durata.
Fabrizio Fonte
Il movimento separatista fu dunque travolto dalle sue ambiguità, ma anche, a dire il vero, dal chiarimento del quadro politico che nel frattempo, dopo un lungo periodo di vacatio causato dalla dittatura fascista, si stava profilando con la riorganizzazione dei partiti nazionali. La nuova classe dirigente repubblicana, appena la situazione tornò sotto controllo, seppe infatti calmierare i fermenti separatisti con la concessione dell’Autonomia regionale. Esemplare fu, in tal senso, la posizione assunta da don Luigi Sturzo che più volte rimarcò la logica dell’«Autonomia sì, separatismo no !». E così, di fatto, alla fine avvenne. L’ovvia conseguenza fu che i partiti nazionali riuscirono a riposizionarsi al centro della scena politica Isolana, marginalizzando, fino alla sua completa scomparsa, il Mis, ma è indubbio, tuttavia, che proprio grazie alla sua martellante e capillare azione furono poste le basi per la concessione dell’Autonomia regionale siciliana.

Fabrizio Fonte
Gli anni dunque che vanno dallo sbarco degli alleati fino alla concessione dello «Statuto speciale d’Autonomia» meritano, senza dubbio alcuno, di essere meglio conosciuti. Avere nozione, e soprattutto capire bene, perché fu concessa l’Autonomia, partendo dalle sue premesse storiche, ma essere anche consapevoli (a maggior ragione in tempi di riforme in senso federalistico dello Stato) delle sue potenzialità e della sua attualità credo che sia, innanzitutto, un dovere per tutti i siciliani. O almeno per coloro a cui sta a cuore il risveglio, da un torpore ormai durato troppo a lungo, della propria Terra, per intraprendere un percorso di sviluppo capace di riportarla ai fasti di un tempo, ovvero quando era universalmente apprezzata per essere la culla delle civiltà del Mediterraneo.
Per tutte queste motivazioni ho ritenuto opportuno dare alle stampe questo breve saggio, facendo “parlare” quanto più possibile direttamente i protagonisti del tempo, che videro trionfare, in tempi non sospetti in relazione alle tutto sommato “recenti” rivendicazioni del Nord, l’idea autonomista in chiave regionale. Spero, pertanto, che possa scaturire dalla lettura del presente testo un ulteriore momento di riflessione alla vigilia del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, che appare caratterizzato, in piena era post-ideologica, da un sempre più frequente ritorno all’identità territoriale (si veda, ad esempio, per quanto riguarda il Mezzogiorno al cosiddetto «Partito del Sud») rispetto alla logica nazionale promossa, invece, a suo tempo dai moti risorgimentali. Per riprendere, infine, un celebre adagio appare quasi naturale chiedersi se per “caso”, dopo tutto questo tempo, non si debbano ancora fare gli italiani ?

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