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ALBERTO D'ANGELO

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ALBERTO D'ANGELO:

Nasce a Trapani il 26 novembre 1921
Muore a Valderice il 20 maggio 2000

Alberto D'Angelo studia l'arabo all'Istituto Orientale di Napoli. Insegnante elementare - poi, fino al pensionamento, funzionario nell'Amministrazione scolastica presso la Direzione didattica di Valderice (TP).
Appassionato sportivo, nel trentennio 1950-1980 si dedica al motociclismo e poi all'automobilismo ottenendo una messe di vittorie. Risulta per cinque volte campione siciliano di regolarità e vince due Trofei del Campionato nazionale di velocità della Montagna.
Cultore del dialetto e delle tradizioni siciliane, dopo il collocamento a riposo, dà libero sfogo alla sua vena letteraria pubblicando raccolte di poesie e di racconti sia in vernacolo sia in lingua. Confortato da lusinghieri giudizi di critici militanti, consegue prestigiosi riconoscimenti in ambito nazionale. Tra gli altri, si occupano della sua produzione letteraria Salvatore Morselli, Salvatore Di Marco, Ugo Zingales, Elio D'Amico, Salvatore Chiolo, Mario Gallo, Alighiero Maurizi, Salvatore Costanza, Enzo Lauretta, Gioacchino Aldo Ruggieri.

BIBLIOGRAFIA
- Cuore, Canta, Trapani 1986
- Ritorno, Trapani 1998
- Cu lu cori 'n manu, Trapani 1990
- Ora c'u tempu…, Trapani 1992
- Mumenti, Trapani s.i.d.
- Ascuta, Palermo 1997

CRITICA
Ho pensato più volte che debba avere un qualche significato scrivere, in alternanza di lingua e di espressione, ora in dialetto vernacolo ora nell'italiano standard. Se è vero il comune senso della lingua come pensiero organico, dovrà pur esserci una ragione che spinge uno scrittore di poesia a una simile alternanza, obiettivamente contraddittoria e anomala, se vuole esprimere due "pensieri" diversi nello stesso contesto verbale.
La ragione mi pare di poterla trovare, come nel caso di questa "essenziale" raccolta di poesie di Alberto D'Angelo, nel tirocinio che sta alla base di ogni onesta proposizione culturale, volta a verificare il livello semantico delle proprie emozioni: sicilianità assoluta oppure "invenzione di uno status lirico-emotivo che vuole realizzare una propria consonanza con intrecci sentimentali non risolti, perché sospesi in una sorta di attesa e di memoria caduta nei fili inestricabili del sogno perduto.
La sicilianità è figlia della nostalgia, mi pare di poter capire. L'altra lingua, nel nostro caso, è ricerca di stati contemplativi, pensieri d'amore, desiderio di pace.
Un'impressione, comunque, quella che esce fuori dal tessuto poetico di Ritorno, che ci porta a spazi puliti di serenità, appena turbati dal trascorrere degli anni e dalle "incidenze" della civiltà moderna.
Un poeta campagnolo, Alberto D'Angelo? Oppure un uomo che ama ripiegarsi sulla propria esistenza per coglierne sfumate verità e abbandoni sentimentali, qualche volta con ammiccante comprensione delle inevitabili carenze della vita vissuta, della banalità quotidiana? Se un risultato la sua poesia raggiunge con piena tonalità espressiva, è quello, appunto, della discorsività ammiccante e della ritualità dimessa delle parole. Una confessione, a volte; e detta a bassa voce, per una colloquialità domestica, al di là del "tempo" stesso della memoria.
(Salvatore Costanza, Presentazione a Ritorno).

(…) E si legge come un racconto del cuore questo libro, con una partecipazione che ce lo rende amico e ci aiuta a pensare ad un passato che vive attraverso un cassetto che s'apre ed una fotografia ingiallita che prepotente s'affaccia a catturare il ricordo, talvolta il rimpianto, e sempre la gioia di raccontare, di svelare l'animo per sé e per gli altri, su immagini da non consegnare ad una memoria ammuffita.
E il dialetto è l'essenza primaria di questa poesia che con esso nasce dal cuore e si affina nella mente per prodursi con sicura dignità in un legame completo con questa nostra terra, con i suoi uomini, il suo lavoro onesto che pur sofferto si dura con occhi risolenti profondamente pensosi; con i suoi paesaggi irripetibili che trapuntano anche questo libro di notazioni coloristiche di rara sensibilità e di serenante bellezza.(…)
(Gioacchino Aldo Ruggieri, da Prefazione a Cu lu cori 'n manu).

C'è una cosa che colpisce subito nella poesia di Alberto D'Angelo ed è la sorprendente capacità d'esprimersi senza enfasi e lambiccanti giri di parole: i versi si formano senza sforzo, privi di retorica o di frasi abbaglianti e funambolici giuochi d'immagini o tortuose espressioni che lasciano immaginare profondità inesistenti. A lui basta poco, un fiore, una rondine, due occhi e immediatamente i pensieri e la bocca fondono e danno luogo ad un panorama mosso e vario alimentato dall'osservazione affettuosa o dai richiami d'archivio della memoria liberata dal lieve groviglio di ragnatele.

(…) Eppure il poeta non perde mai il contatto con la natura, con le stagioni, con il paesaggio ma anche con le ragioni del tempo che vive, sospinto dal paragone col favoloso passato quando ognuno si sforzava di vivere nel suo ruolo e c'era forse povertà ma certo più rispetto. Pur senza moralismi verbosi e inutili, il poeta non può fare a meno di rammaricarsi per la scarsa pulizia interiore che governa la nostra vita quotidiana: un monito che dà tono e rilievo ad una poesia aliena dalle tinte fosche o dalla parola bizzarra destinata a far colpo ma estremamente veloce ed eloquente nella sua sapiente brevità.
(Enzo Lauretta, dalla Prefazione a Ora c'u tempu…)

(…) Poesia della nostalgia e della memoria, canto del più profondo sentire dell'uomo: questo vi è in Mumenti, dove i versi sono riportati in un dialetto che sa essere insieme rispetto della tradizione linguistica dell'area trapanese (lo si rileva di più dal punto di vista lessicografico che da quello morfosintattico, con rare segnature ortografiche). Ma vi è pure ricerca di una modernità espressiva che tende a rinnovare le tramature semantiche di questo dialetto antico e nobile che perde - nella scrittura di D'Angelo - il peso di notazioni vernacolari di corto respiro popolaresco per collocarsi invece sui versanti della espressività letteraria culta. Poeta dunque del sentimento e della intimità il nostro Alberto D'Angelo, poeta dal metro libero e dallo stile sorvegliato, poeta di vena ispirativa fluente, poeta dal dialetto segnato con equilibrio sulla stessa res poetandi. Ma poeta - e mi pare utile sottolinearlo in conclusione - che si inserisce sul solco della florida tradizione poetica di tutto il trapanese, area geografica e linguistica da cui provengono figure importanti della poesia dialettale siciliana del Novecento.
(Salvatore Di Marco, dalla Prefazione a Mumenti)

(…) Le poesie di Alberto D'Angelo sempre hanno prodotto in me sensazioni narrative, di un raccontare aulico e coinvolgente al tempo stesso nella sua semplicità e genuinità di pensiero, per questo, sentendogli commentare ed aggiungere "cose" alle poesie che leggeva Ida, la moglie ispiratrice e comprensiva ascoltatrice dei suoi ricordi, cercai di convincerlo che nei suoi versi c'era l'embrione di un grande ritorno per la letteratura in lingua siciliana: il racconto breve che ormai da tempo non si legge a livelli di effettiva presenza nel mondo appunto della letteratura, se si eccettuano i tentativi ironici o caricaturali di alcuni pur pregevoli interpreti di sentimento popolare.

(…) Fermati, lettore, ad ascoltare quest'uomo segnato dal tempo sul forte viso e nel giovane cuore, e ti sentirai portato in mondi, in squarci di mondi che, mutati i volti e ritrovati i luoghi, saranno i tuoi, quelli che ricordi e non racconti, perché non sai o perché non vuoi, perché non a tutti è data la virtù di andare oltre le varie "scomparse" della vita, per riproporle come valori insostituibili per un rapporto tra passato e futuro che è l'unica forza per conquistare il presente e viverlo da protagonisti, capaci di ordinarlo, ora sorridendo, ora anche piangendo.
Ascolta, lettore. È nuovo il racconto, è nuova la forma di questa poesia narrata, è forte la sua immediatezza coinvolgente pur nella sua forza compositiva. Ti ritroverai dovunque e non sarai mai solo, perché con questi "racconti", vedrai, riscoprirai anche quello che potevi aver dimenticato della tua vita e, se sei giovane ancora, leggerai il filo invisibile che rende eterne le generazioni degli uomini, anche se hai poco da ricordare, perché il ricordo del poeta preparerà il tuo ricordo, ti insegnerà a costruire angoli d'anima dentro i quali, divenuto adulto e poi vecchio, potrai accartocciarti come quando fosti nel seno della madre, ed essere uomo, contento di vivere con l'unica grandezza che merita rispetto: il rispetto di sé stesso come tramite tra passato e futuro, sintesi dell'esperienza che, senza ricordo, memoria, commozione, pensiero, rielaborazione, fede e speranza non avrebbe avvenire.
(Gioacchino Aldo Ruggieri, dalla Prefazione ad Ascuta)

RICONOSCIMENTI
Premio Speciale per opera edita in volume Cuore, Canta e Ritorno al 16° Concorso Internazionale di Poesia dialettale indetto dall'ASLA di Palermo.
Premio Speciale Benemerito per opera edita in volume con Cu lu cori 'n manu al 17° Concorso nazionale di Poesia dialettale indetto dall'ASLA di Palermo.
1° premio per silloge in dialetto alla XXI edizione del Premio internazionale "San Valentino" di Terni.
Vincitore del Concorso internazionale "Giovanni Gronchi" di Pontedera.
Vincitore del Premio nazionale "Cesare Pavese-Giovanni Gori" di Torino.

ANTOLOGIA POETICA
VALDERICI
Niscivi du tracoddu/ e Valderici m'apparsi ch'era un quadru:/ Santa Barnaba/ cu Cofanu dda 'n funnu;/ chiù a manca Bonagia/ cu la so' turri e lu so' mari;/ versu punenti la vaddata/ ch'i munti 'n lontananza; e lu paisi,'nto mezzu,/ tutt'allungu,/ cu Rausìa chiù supra,/ a chiudiri u scinariu./ E un suli tantu,/ 'n celu.

DIVERSA
Diversa è la mia casa:/ odora di pini e di cipressi,/ di pere, d'arance. Di limoni./ È a misura del mio cuore,/ dei miei figli,/ del mio amore,/ di bimba nostra./ Diversa è la mia casa:/ per la natura che mi parla,/ per l'odore del terreno quando piove,/ per la sua pace./ Diversa,/ perché nelle notti stellate,/ alzando gli occhi al cielo/ mi sento vicino a Dio.
(Da Cuore, canta)

CIAVURU D'AUTUNNU
Chiuviu, 'stanotti, e lu tirrenu,/ passatu d'aratru./ è vunciu;/ pari allivitatu:/ comu u pani 'n pasta/ prontu p'essiri 'nfurnatu./ E l'arvuliddi/ sunnu/ vistuti a festa/ 'stamatina./ E 'ntall'aria/ c'è un ciavuru stranu:/ un ciavuru fattu/ di terra, di tipuri e d'umitanza:/ u ciavuru d'autunnu.
(Da Ritorno)

GRUTTI DI MAROTTA
Vi vardu di luntanu/ grutti antichi di Marotta!/ Nun è chiù lu tempu/ quannu, picciutteddu,/ appiccicannu a tipu crapa,/ jucava cu vuàtri;/ e mi cuntavu stori fantasiusi/ d'armali d'atri tempi,/ di giganti, di draghi e di ciclopi./ Di luntanu ora vi vardu…/ e ancora mi parlati./ Ma ora…/ li capiddi janchi,/ li surca nta la facci…/ La 'nnuccenza picciridda/ 'a riartà da' vita/ 'a cancillàu
(Da Cu lu cori 'n manu)

POVIRI PINI MEI
Poviri pini mei/ da' me' pineta;/ poviri pini mei/ tutt'abbruciati!/…/ Pena… duluri… raggia…/… / Quanti riscursi,/ quanti riscursi chi vi fici!/ Quanti sigreti,/ quanti sigreti cunfirati!/ …/ Poviri pini mei/ mort'abbruciati!
(Da Mumenti)


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Questa scheda è stata creata da Giovanni A. Barraco

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