Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

Giuseppe Romano

da: Santa Caterina alla Colombaia

Breve storia delle carceri della provincia di Trapani


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FAVIGNANA E I DETENUTI LIBICI

Fino all'ottobre del 1911 lo Stabilimento servì come Casa di Reclusione, poi venne adibito per la detenzione dei condannati libici.
I primi di loro arrivarono nel novembre del 1911; poi, nel successivo mese di febbraio, ne arrivarono 431. la loro età variava dai 15 ai 70 anni. Secondo una ricerca condotta dallo studioso Raniero, nell'isola di Favignana dal 1912 al 1920 furono internati 1757 libici, dopo l'occupazione di quel paese ordinata dal Governo Giolitti.
Fra questi, anche il poeta Fadil Hasin ash-Shalmani di Misurata, che ci lasciò una piccola poesia a testimonianza della sua carcerazione:

"Siamo in piccole celle, pressati,
senza luce del sole
chiuse le porte di ferro serrate.
E ovunque io guardi, non vedo che italiani.
"

con questi pochi versi il poeta elevava la sua infinita sofferenza e soprattutto la sua protesta quando, prima di essere ogni giorno avviato ai lavori forzati, veniva esaminato da un "capo cristiano"e trattato come una "pecora nelle mani di un mercante".
A norma del Regolamento Carcerario Libico e per l'angustia e poca sicurezza del carcere di Bengasi, gli indigeni (i libici) che venivano condannati a pene superiori ad un anno di reclusione, venivano tradotti negli Stabilimenti Penali del Regno d'Italia per espiarvi la pena. Tale sistema diede luogo ad innumerevoli inconvenienti, infatti, vuoi per ragioni climatiche, vuoi per la costituzione fisica dell'indigeno, vuoi anche e soprattutto per le scarsissime condizioni igieniche e condizioni di vita carcerarie, di quanti ne partivano, solo una scarsa percentuale riusciva a ritornare, a pena espiata, in Libia.
I prigionieri dormivano per terra, sopra uno scarso strato di paglia che diventava subito sudicia perché non veniva cambiata spesso. Non furono fornite le coperte. I finestroni sbarrati erano senza vetri. Il vestiario non era adeguato e non veniva cambiato se non raramente. Presto, infatti, molti di loro si ammalarono. Si decise allora di sistemarli nelle brande dove prima dormivano i coatti. Il vestiario venne cambiato ma il vitto restò scarso e scadente. Il numero dei detenuti per camerone, (dove venivano ammiassati fino a 60 detenuti) non diminuì, cosa che facilitava il diffondersi di malattie infettive.
Ogni giorno, il medico della colonia dott. Mirabella (che il Lombroso definì uno dei migliori antropologi del Sud Italia, per aver pubblicato uno studio antropologico sui coatti e approfondito l'argomento sul loro gergo e sui loro costumi), si imbatteva in queste malattie infettive: tbc, polmonite, bronchite, tifo, colera, malattie intestinali. Alcuni deportati venivano ricoverati nell'infermeria della colonia, altri venivano portati al Lazzaretto.
Si calcola che a Favignana perirono almeno 354 deportati e ad esempio, solo nell'anno 1917, si ebbero ben 106 decessi tra i detenuti arabi, il che alimentava la diffusione di una leggenda che la ostile fantasia araba andava creando, e cioè che il Governo mandava gli indigeni in Italia, non ad espiare la pena, ma a morire!
Si impose, così, un diverso procedere nel campo esecutivo della pena e sorse la necessità di lasciare gli indigeni in Libia. Anche questa "leggenda" che si stava diffondendo rapidamente tra i libici fu portata a conoscenza del Governo e furono avanzate numerose proposte sulla necessità di richiamare in Libia tutti i reclusi che stavano nei Penitenziari del Regno. Il Dirigente delle Carceri libiche si offrì di ricoverare i detenuti nel carcere di Bengasi, sia che appartenessero alla Cirenaica, che alla Tripolitania.
Fu così che sul finire dell'anno 1920, oltre cento indigeni di entrambe le Regioni, vennero restituiti dai nostri Reclusori alla loro patria, e così, anche a Favignana si chiuse la triste parentesi dei condannati libici.

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Un gruppo di detenuti libici nella Colonia Penale di Koefia (Bengasi) foto del 1920

Da allora, Castel San Giacomo di Favignana, ritornò all'uso primitivo ma, per a causa del sovraffollamento della popolazione detenuta del carcere di Trapani e di altri della Sicilia, venne istituita una sezione assai numerosa di detenuti giudicabili (in attesa di giudizio n.d.r.) riducendo di conseguenza la disponibilità di posti per i reclusi.
Nel 1923, su una capienza complessiva di 550 posti, soltanto un quinto era riservato ai condannati, mentre gli altri erano a disposizione dei detenuti giudicabili.


NOTE:

1 Nato ad Alcamo (TP) il 19/3/1964; per molti anni risiedette a Favignana dove fu Ufficiale Sanitario per 17 anni, nonché sanitario della colonia coatti dal 1900 e della Casa Reclusione dal 1904. Grazie ai suoi studi antropologici era arrivato alla discutibile conclusione che i relegati libici, erano degli scimpanzé addomesticati, degli scimpanzé che parlavano. (sic!)



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