Pino Ingardia









Archivio culturale di Trapani e della sua provincia
"Solamente un giorno d'Estate" di Pino Ingardia

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Parte 5


Quell'anno la malannata fu memorabile: la resina ai vigneti, lo scirocco sabbioso che distrusse i seminativi, la solita rapacità dei sensali che buttò a terra il prezzo dei meloni, giunta come un colpo di grazia dopo un anno asciutto che domenedio non si era capacitato a cambiare manco con la processione in pompa magna ogranizzata a maggio su pressione della Associazione Combattenti.
E per quell'anno afoso i mulinati si presero in deposito quasi tutto il raccolto per l'uso di casa, a settanta e trenta, con la scusa che il coccio era sporco e minuto.
Don Cola del mulino vecchio diede per una stagione caniglia a tinchité senza proteste e la malannata diventò festa grande solo per le mule, i porci e le galline di casa.
Chi aveva figlie femmine e maschi a studiare si preoccupò di scegliere dai cannizzi le fazzolettate di coccio più grosso, impaiò carretti e carrozzini alla volta di Marsala e Trapani, a fare la parlata a certuni ma senza grossi risultati.
Ci furono famiglie come quella di don Peppe, già caduto in bassa fortuna, che campavano coi seminativi in affitto, che furono costrette a impegnarsi il mulo e carretteria per il mangio.
Don Peppe, divorato dall'affitto e pieno da anni di debiti presso la Cassa Rurale, lo avevano allontanato tutti quelli della parentela più stretta, dopo che suo padre aveva distrutto il patrimonio a femmine.
Era onesto e aveva iniziato a farsi una famiglia come giornaliero ed affittuario; teneva in casa due figlie femmine, le più grandi, e i quattro maschi se li portava in campagna a lavorare come muli per proteggere l'orto a girasoli e cocuzze, e la frumentata che copriva tre dei quattro tumoli presi alla Cuddìa.
Fu una mattinata di fine maggio, alle prime ore di luce, che uscendo dal pagliaio il più piccolo dei figli si accorse per primo. Il vento caldo spuntato di notte come dall'inferno aveva fatto strage delle spighe, che giacevano distrutte come un ammasso abbafaracchiato di paglia.
- E che fu? - andò dicendo tutto il giorno come un pazzo tra sé e sé - il troppo attaccamento al lavoro? La fiducia in domenedio? E di chi è questo mondo ormai? Dei vastasi e sfottitori, che se ne stanno a gambe incarvacate a mangiarsi il frutto degli altri distesi sui tavoli della taverna!
La mietitura nei giorni successivi fu di un silenzio pesante, infinito, e per la vergogna di rinfrescargli la ferita i confinanti che lo avevano sempre aiutato non si fecero vedere, malgrado la malannata fosse grande per tutti nella contrada.
Macinò le spighe all'antica, con l'aria e la mula, per sparagnare la spesata della trebbia.
Poi al tramonto, stanco morto e chiuso nel suo mutismo, se ne scese in carretto al paese, a consegnare coi figli i tre sacchi scarsi al mulino.
Don Cola con la misura calcolò sei decali tri e mezzo e l'accordo fu di versare il prezzo, trenta lire, alla Cassa, come ogni anno.
A casa donna Anna e le figlie si giurarono di non aprire bocca e quella sera si consumò una zuppa di cocuzze e lumache di spine a portone chiuso, chè il caldo e i nervi stavano scoppiando.
Si andò a letto subito e don Peppe passò la notte facendo e rifacendo i conti dei debiti. Poi nelle mattinate si decise a chiedere al presidente di tenersi solo ventilire, per pagare l'affitto del terreno.
Alle otto indossò il vestito di velluto buono e andò a parlare con quelli della Cassa.
- Ma Peppe, ma come non capisci che trentalire sono appena gli interessi? Non è per male, ma nelle carte c'è la tua firma, l'atto della carretteria. Sai, stamattina presto è venuta tua moglie a pregarmi... ma renditi conto.
Don Peppe lo guardò in faccia pallido, senza parole, poi se ne andò.
Arrivò a casa che donna Anna stava lavando fuori del portone nella pila di pietra e infilandosi dentro la chiamò.
Quando gli fu davanti la colpì con una potente boffa, l'unica che la cristiana ricordi in quella casa piena di rispetto.
Il giorno stesso accompagnò i figli maschi a lavorare a giornata allo stazzone vecchio, riempì il carretto di sale e di barili d'acqua buona e prese sotto il sole delle tre la strada per il feudo, solo, a fare il vastaso verso i paesi dell'interno.


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