Alberto Barbata


la copertina del libro

- la copertina -
Piazza vitt. emanuele
monumento
ai caduti
e chiesa madre,
foto del 1938
del Cav.
Ignazio Montalto




Un vivo ringraziamento
al Cav. Vincenzo Montalto
di Castelvetrano,
per aver consentito la pubblicazione delle immagini di Paceco scomparsa, tratte dall'archivio del padre, Cav. Ignazio.



Al Cav. Emilio Curatolo
un particolare ed affettuoso grazie per le immagini fornitemi del ventennio fascista.

Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

L'AUTONOMIA PERDUTA E RITROVATA
di Alberto Barbata


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L'Autonomia perduta e ritrovata

Il Prefetto Dompieri, con nota n° 61 di prot. Gab. del 17 gennaio 1938, invitava il Commissario De Felice ad esprimersi a norma di legge su di una richiesta del Comune di Trapani. Infatti quest'ultimo, con deliberazione podestarile del 31 dicembre 1937 (podestà Domenico Piacentino), aveva richiesto al Governo di fondersi con il Comune di Paceco, il cui territorio, a parere dell'amministratore del capoluogo, era costituito da quattro isole incluse entro il territorio del Comune di Trapani. Nella lettera del Prefetto si parla con un debole eufemismo di "fusione", ma in verità l'atto deliberativo trapanese recita in maniera più cruda di "aggregazione del Comune di Paceco" a quello della città falcata.
Appena una settimana dopo, il 23 gennaio, il Commissario De Felice comunicava al Prefetto di avere adottato la deliberazione relativa alla fusione. Un provvedimento di così vitale importanza per i cittadini di Paceco, adottato velocemente nel giro di pochi giorni. Tale velocità desta almeno il sospetto che il marchingegno del provvedimento fosse premeditato ed il contenuto preparato da tempo. D'altronde l'analisi dei documenti d'archivio ci darà ragione e se ne riparlerà a tempo debito.
Quello che altri podestà e commissari prefettizi non erano riusciti ed avevano avuto il coraggio di adottare, era stato in un batter d'occhio realizzato dal pavido consigliere di prefettura Francesco De Felice che era stato costretto a deliberare un atto amministrativo contro la volontà dei cittadini di Paceco, di ogni colore politico od estrazione sociale.
Con il senno del poi, sembra strano che un uomo di cultura come il catanese De Felice, autore nel dopoguerra di una magistrale storia del teatro siciliano, abbia potuto senza colpo ferire adottare una decisione di così grave importanza per un paese, come Paceco, di ben 12000 abitanti, con una sua storia, una sua vitalità, un'autonomia ammnistrativa che durava già da ben 126 anni. Non basta a giustificarla una contiguità territoriale, dovuta alle sue origini feudali e nemmeno le possibilità avanzate di miglioramento delle condizioni di vita per la popolazione pacecota, così come si vedrà più avanti dai documenti degli anni successivi.
De Felice, nelle premesse al suo atto deliberativo, faceva rilevare l'opportunità di unificare il Comune di Paceco con quello contiguo di Trapani, con giustificazioni speciose di natura storica e topografica dei due Comuni.(3)
"Trapani ha origine antichissima. E' una delle vecchie Città mediterranee che sorgono fin dalle leggende mitiche; la sua età storica inizia nel 260 a. C. (nell'età romana divenne Civitas), ed ogni stirpe e civiltà successive comparse in Sicilia, vi lasciarono impronte e ricordi".
"Paceco, borgo feudale, sorge nei primi del '600 per privilegi conceduti ad una famiglia patrizia trapanese, dal Vicerè di Sua Maestà Cattolica di Spagna, sicchè è il Principe di Paceco, Don Placido Fardella, che promuove la prima comunità, con facoltà amministrative e giudiziarie (mero e mixto imperio) da cui, in seguito, nasce il Comune autonomo"
.
Il Commissario De Felice, continuando nel suo preambolo, rimar cava che il territorio di Paceco risentiva fin dalla sua nascita e formazione del carattere di "patrimonialità", corrispondendo ai privati possedimenti di una sola famiglia trapanese, i Fardella di San Lorenzo.
E a tal proposito esprimeva una considerazione storica superata alla luce della moderna storiografia: "Sorge così il Comune dalla necessità di una sola famiglia, di crearsi, alle porte di Trapani, un luogo d'asilo per se e per i suoi seguad, dal quale trarre, con la ricchezza ed illustro, anche il mezzo per resistere e potere n'attaccare altre famiglie potenti della Città di Trapani, in quel secolo di aspre contese tra Signori".
Ma Paceco nasce nel '600, un secolo dopo le aspre lotte intestine che tormentarono la Sicilia dopo la morte di Ferdinando il Cattolico. Si era ormai lontani, oltre un secolo, dal famoso "caso" di Sciacca e dalle diatribe trapanesi tra i Fardella e i San Clemente del 1516.
Faceva notare il De Felice che il territorio di Paceco aveva confini "frastagliatissimi", corrispondenti a quelli della proprietà privata dei signori Fardella e dei loro seguaci ed appariva, a suo avviso, "precluso, distaccato dall'artificio dell'arbitrio, da quella unità di vita di tutto il territon'o che da ogni parte lo circonda e lo preme. La forma topografica è sufficiente a dimostrarne la mostruosa artificiosità e innaturalezza, basti dire che esso è costituito da ben quattro isole e s'incunea dentro la città di Trapani, separando il capoluogo dal suo restante territorio in più parti discontinue".
Auspicava il Commissario che occorreva ricostituire l'unità del territorio trapanese, che motivi feudali avevano spezzato e unificare in un unico territorio quello dei due Comuni.
A sua volta faceva rilevare che "questo unico territorio, malgrado la divisione ne abbia constratato e oggi ne constrasti il naturale sviluppo, di fatto è rimasto sempre unitario. Sono, infatti, rimasti continui i traffici, gli affari, i commerci fra Trapani e Paceco, sempre più interdipendenti e fusi. Sono trapanesi, abitanti a Trapani, i proprietari della maggior parte del suolo di Paceco, ove hanno le migliori campagne e ville, perchè in Paceco non rimangono che piccoli proprietari coltivatori diretti e coloni, in potere di scarsi mezzi finanziari, i quali, con l'ausilio di una grande popolazione di bracciantato agricolo (giornalieri), coltivano essi stessi la proprietà rurale di quella gran parte di trapanesi che non si dedicano alla cultura diretta delle loro terre. Che, anzi, se taluna famiglia rurale riesce a migliorare la propria condizione economica, essa stessa si trasferisce nella vicinissima Trapani, lasciando il Comune sempre povero, impoverito ancora delle sue forze umane e materiali migliori. Questo fenomeno è uno dei più evidenti, che si ripete incessantemente, e produce ed è prodotto di vario danno. Produce un perpetuarsi di vita vuota di ogni beneficio civile, e prodotto dell'insofferenza di qualunque famiglia, che abbia raggiunto una certa prosperità, a dimorare in luogo, per la sua perenne povertà, destinato ad essere privo di ogni attrezzatura di vita cittadina civile".
Evidentemente il De Felice sconosceva la storia sociale e politica di Paceco, che da piccolo paese feudale era riuscito, nel corso di due secoli, tra il '600 e il '700, ad enucleare, tramite il continuo incremento della piccola proprietà fondiaria, ritagliata dalle terre del Principe, tramite concessioni enfiteutiche ed acquisti diretti da altre famiglie, una piccola borghesia e patriziato civico, esprimendo una sua vitalità, una sua storia, fino ad arrivare alle lotte risorgimentali della prima metà del secolo XIX e poi, successivamente, dai Fasci Siliani fino all'avvento della cooperazione e nascita delle ideologie libertarie e socialiste degli inizi del Novecento.(4)


(3) A.S.C. Fondo c.c. - Registro atti deliberativi anno 1938.
(4) Barbata, A. - Per Antonio Scuderi - Apostolo del "Sol dell'Avvenire". Paceco, Comune, 1998.


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La Koinè della Collina
Associazione Culturale
Paceco
2005







Ringrazio l'amico
Vito Accardo
per avermi
fatto conoscere
questo libro







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