Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

CORALLO - Storia e arte dal XV al XIX secolo


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OPERE

Montagna di corallo (1570), dono a Filippo II Re di Spagna. Descrizione dei pezzi. Acquisto. Assicurazione. Prezzo. T empio di Santa Rùsalia (1631) dono al Pontefice Urbano VIII. Descrizione dell'opera. Lampada pensile (1633) e crocifisso di Fra Matteo Bavera. Tecnica di lavorazione.

Una montagna di corallo
Si deve allo scrupolo del Tesoriere Generale del Regno di Sicilia la pio qualificata testimonianza su un'opera di corallo uscita dalle botteghe artigiane operanti a Trapani nel XVI secolo. Don Pietro Gregorio annotò, infatti, con inusitato scrupolo amministrativo ogni singolo elemento di quell'opera complessa entrata ormai nel mito che va sotto il nome di Montagna di corallo.
Si tratta della prova documentale pio antica, fin qua rinvenuta, sul passaggio (avvenuto certamente diversi decenni prima della data alla quale risale la Montagna) dalla attività empirico-artigianale a quella artistico-culturale frutto di una maturità che fece degli artigiani trapanesi dei veri artisti ineguagliabili in questo settore e tenuti in grande considerazione dai contemporanei di tutta Europa.
Tale era divenuta la loro fama, e altrettanto elevato era il pregio della Montagna di corallo da essere degna di una corte regale, che il Vicerè di Sicilia, Don Francesco Ferdinando Avalos de Aquino marchese di Pescara, si incaricò di fame omaggio al re Filippo II.
La complessità dell'opera e il prezzo pagato (prezzo la cui formazione sarà stata influenzata dal livello della persona intervenuta nell'acquisto) sono esplicita conferma della raffinata bravura degli artigiani che l'avevano creato e della grande considerazione che doveva circondare il loro lavoro.
Dell'acquisto fu incaricato Don Francesco Staiti, esponente di una famiglia influente a Trapani sin dal XV secolo.
Il 19 novembre del 1570 il Tesoriere Generale del Regno di Sicilia diede mandato allo Staiti di acquistare al prezzo di 400 onze (corrispondenti a 1000 scudi) - somma da depositarsi presso Nicolao Gentile - la Montagna di corallo.
Staiti venne incaricato di collocare dentro una apposita cassa la pregevole opera, che sarà imbarcata su una nave diretta da Trapani in Spagna. Per presentare il dono al Re fu designato il capitano Geronimo Salazar al quale vennero assegnate 40 onze per coprire le spese che lo stesso avrebbe sostenuto nel viaggio.
T anto era il pregio del dono che la Montagna fu assicurata per la stessa cifra a quale era stata pagata, con un prezzo equivalente al 5 per cento del valore, cioè 20 onze. Dieci tari fu l'onere per la mezzania.
Del trasporto si incaricò il Patron T ommaso Sagri, raguseo, al quale l'opera fu consegnata 1'8 febbraio del 1571.
Il Tesoriere del regno ne fece una dettagliata descrizione nel conto di Cassa del Tesoro Generale e solo questa circostanza permise allo studioso Salomone-Marino di riscontrarne l'esistenza nel 1893.228
«Addi 9 di febraro. mi faccio introito di una montagna di corallo, havuta per mano di don francesco staiti in la città di trapani, consistenti in l'infrascritti personaggi et peczi, cioè: nostra signora dell'annunciatione con l'angelo gabrieli, et Il Dio patre, tutto ad un peczo insieme. una grutta della navita (sic) di nostro signore nato, Nostra Signora ingenocchione, Santo Joseph ingenocchione, un pastore che sona la ceramella ingenocchione. un altro pastore, con una capretta in collo, ingenocchione. uno angelo con suoi ali et pettafio annuncia alli pastori. dui altri pastori Ingenocchioni con le loro greggi, animaletti, et stigli d'essi pastori, et grutti. Il presepio della navita, alcuni animaletti pastorali, Dayni, cervi, signa, cani, serpi.
Nostra signora a cavallo con il figlio In bracza, Santo Joseph in compagnia, uno angelo per guida, uno arboro di dattilo torto. Christo ingenocchione all'horto, li tre discipoli adormentati, uno Angelo con lo calici alle mano. una tribona d'assai peczecti di corallo, dentro la quale è cristo legato alla colonna, Dui Judei che lo battino, di sopra la tribona Iddio patre con lo mundo alle mano, dentro del quale ci è una nucilla con otto misterij della santissima passione. da circa sessanta personaggi di relevo: un crucifisso grande della passione, dui latroni in cruce, uno longino con sua lanza, nostra signora alli pedi della cruce, Maria Magdalena, Maria Jacobe, Santo Joanne, una colonna et di sopra un gallo et di sotto li dadi, Juda appiccato à una rama. una grotta con santo francesco, un crucifixo incarnato in cruce, un compagno di san francesco. un'altra grutta con santo geronimo in genocchione, un crucifixo alle mano, con suoi leone et cappello, tutti in un peczo. uno altare et suo fonte. una cappelletta con santo Jacobo. un'altra (con) santa caterina, un'altra (con) santo vito,. sotto alli pedi una donnetta arrabiata, con dui cani, tucti ad un peczo. un'altra con santo Joan battista con l'Agnus Dei. un'altra con lo relevo di nostra signora di trapani, con lo figlio in bracza et sua corona. dentro un boschetto, santo sebastiano legato et flicciato, uno Judeo che tira con l'arco, un'altro Judeo che ha tirato, con suo arco et flecchi, alcuni angeli sopra certi peczulli di coralli. uno homo salvagio che butta acqua per la bucca. un menzo angelo simile, che butta acqua. tutta la montagna con suoi granfi e granfetti, et assai nature di mano.
da circa vinticinque Jochi d'acqua. quali montagna del sopradetto modo è accomodata dentro una caxa di ligname, la quale si fece consignare à lo magnifico thomaso sagri di francesco, patron di nave, per portarla in corte di Sua Magesta. et hoc virtute mandati viceregij datj».
Giunti in Spagna il Patron della nave avrebbe dovuto consegnare l'opera al capitano Geronimo Salazar che era incaricato di donarla al Re per conto di Don Francesco Ferdinando De Avalos. Dell'avvenuta consegna Salazar era tenuto a far un resoconto scritto al Tesoriere vicereale entro il mese di giugno del 1571 (di quest'attò però, fino ad oggi non è stata trovata traccia).
La descrizione riportata nel Conto di Cassa dà un esauriente squarcio sulla vastità dell'opera e sulla maestria degli artigiani trapanesi i quali si erano cimentati in questo capolavoro che costituiva l'espressione massima della loro maturità artistica, sfociante anche nel sofisticato con il gioco d'acqua che arricchisce la Montagna di un dato in piu, tipico delle macchine leonardesche create in particolari ricorrenze.
I novanta pezzi scolpiti a rilievo sono la summa dell'evoluzione individuale e collettiva dell'artigianato trapanese e rappresentano la concentrazione del campionario che usciva dalle botteghe locali, e del quale Orlandini e Pugnatore - vissuti in epoca contemporanea alla Montagna - danno una limitata rassegna, che tuttavia conferma l'avvenuta acquisizione di uno stile già ormai sfociato in una vera e propria scuola.

Tempio di Santa Rosalia
Stessa impostazione artistica e architettonica doveva avere il Tempio di Santa Rosalia, il dono che il Senato di Palermo fece a Papa Urbano VIII nel 1631. Ma le sue proporzioni rispetto alla Montagna di corallo erano piuttosto contenute.
Con ammirazione ne parla Mongitore229 il quale tuttavia sostiene che si tratta di «memorabile opera di coralli fatta lavorare in Palermo dal suo Senato e mandata poi in dono al Sommo Pontefice Urbano VIII nel 1631 in grata memoria dei benefici fatti alla città di Palermo ed onori contribuiti alla sua gloriosa concittadina Santa Rosalia».
La dizione «fatta lavorare in Palermo» potrebbe implicare che sia stata opera di artigiani locali, ma questa circostanza sovvertirebbe tutte le notizie fin qui acquisite sull'esistenza di un artigianato del corallo presente nella capitale del regno che potesse primeggiare con quello di Trapani già tanto noto e affermato. È piu verosimile che il Senato di quella città abbia chiesto a corali ari trapanesi che l'opera venisse eseguita in loco.
Questa è la descrizione che ne fa Mongitore, il quale per altro la rileva da padre Giordano Cascini.
«... finissimi coralli di queste nostre maremme guernita d'oro e di smalto dove nel mezzo fra 8 bellissime colonne grosse lunghe e dritte come non suole essere facilmente il corallo, si vedeva la statua della S. Vergine Rosalia molto bene accompagnata, perciocché aveva d'intorno ben disposte ai suoi luoghi le statue di altre SS. palermitane, cioè dell'altre SS. Vergini e Martiri Agata, Ninfa, Oliva: e dei SS. Sommi Pontefici Agatone e Sergio e molti angeli in varie guise disposti tutti con bella e vaga proporzione».
In tutto nel Tempio sono individuabili 25 statue in corallo che, per quanto rappresentino poco piu di un quinto di quelle della Montagna, sono pur sempre un insieme che ha del raro implicando una impostazione armonica, frutto certamente di una perfezione maturata attraverso molti decenni.
Il Papa ne rimase tanto favorevolmente colpito che volle ringraziare il Senato di Palermo, riportando l'impressione che avava ricavato appena vista l'opera e cioè che gli sembrava che le colonne e le statue fossero in cera, tanto bene erano modellate. Si tratta della continuità di una scuola, quella trapanese, che ormai si ripeteva sempre con lo stesso impegno e la stessa bravura.
Anche quest'opera è andata, tuttavia, dispersa.

Lampada e crocifisso di Fra Matteo Bavera
Appena di due anni dopo è la lampada pensile che si trova ora esposta presso la Sala dei Coralli del Museo Nazionale di Trapani. È l'unica fra le grandi opere pervenuta fino a noi pressocché integra essendo passata dalla Chiesa di San Francesco d'Assisi, alla Pinacoteca comunale per essere definitivamente collocata dove in atto si trova. È la sola creazione in rame dorato e corallo datata e firmata.
A realizzarla nel 1633 fu Fra Matteo Bavera, un francescano che dovette cimentarsi in altre opere altrettanto prestigiose ma delle quali non si ha certezza documentale.
Sulla lampada, che misura 125 centimetri di circonferenza, ed è alta 150 centimetri, sono riprodotti tutti gli schemi delle tipiche realizzazioni dell'artigianato trapanese dell'epoca tutta immersa nel barocco subentrando al manierismo che in città si era manifestato verso la fine del '500; il barocco resterà il motivo conduttore fin oltre la metà del '600 conferendo una inconfondibile impronta all'arte locale.
Solo la identica provenienza (la Chiesa di San Francesco d'Assisi) fa supporre che il crocifisso esposto presso il Museo Pepoli sia opera dello stesso Fra Matteo Bavera. Nessuna altra concreta indicazione conferma questa ipotesi che tuttavia trova conforto nella finezza della lavorazione attribuibile appunto al frate corallaro.
Anche qui colpisce la dimensione dell'opera. La circonferenza massima del corpo del Cristo supera (a lavoro finito) i quattro centimetri e questo implica che la sezione del ramo dal quale la scultura è stata ricavata non doveva essere inferiore a 6-7 centimetri, misura impensabile oggi per i rari rami che vengono pescati nel Mediterraneo.
Il magistrale rilievo anatomico del corpo languido del Nazareno, la ricercatezza dei particolari e la preziosa raffigurazione di un uomo morto fra le sofferenze fanno del crocefisso di Bavera una fra le opere piu prestigiose in assoluto dell'arte corallara. Bisognerà attendere piu di un secolo per riscontrare qualcosa di simile uscita dalle mani di un altro valente Trapanese, Alberto Tipa, che ottenne dall'avorio quello che altri maestri avevano realizzato con il corallo. Virtuosismo raggiunto solo da pochi maestri che non furono apprezzati tanto quanto avrebbero meritato per l'impegno e la perfezione raggiunta.
Rocco Pirri così lo descrive: «est hic signum S. Crucifixi in integro pretioso corallo palmari affabre sculptum, in toto fere orbe singulare».230


228 S. Salomone - Marino, Una montagna di corallo, Arch. St. Sic., Palermo 1894, pagg. 283 e segg.
229 A. Mongirore, Sicilia ricercata..., pagg. 115-116.
230 Rocchi Pirri, Sicilia sacra, pag. 879.



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DEDICATO A:
Mario Tartamella

1986 © Copyright by
Maroda Editrice

I Edizione Aprile 1985
Il Edizione Ottobre 1986

Per il cortese contributo di esperienze, si ringraziano le famiglie: Adragna, Alagna, Barraco, Barresi, Burgarella, Cammareri, Cardella, Cirafici, Curatolo, D'Ali, D'Angelo, Fardella, Fa da le, Giacalone-Salvo, Governale, Ingarra, La Porta, Manzo, Marini, Marotta, Matranga, Messina, Orbosué, Parigi-Fontana, Romano, Todaro, Virga; nonché le Dirigenze del Museo Regionale «Pepoli» di Trapani e del Castello di Boloeil.

Un ringraziamento particolare al dottore Aldo Sparti (Direttore dell'Archivio di Stato di Trapani) per la costante e dotta disponibilità.

Fotolito: GAMBA - Roma

L'impaginazione delle tavole a colori è stata curata dall'Editecnika srl Palermo-Trapani

Fotocomposizione e stampa: Arti Grafiche Siciliane - Palermo





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