Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

CORALLO - Storia e arte dal XV al XIX secolo


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SECOLO XIX

L'instabile quadro politico nel Mediterraneo condiziona l'esercizio della pesca del corallo. La Compagnia d'Africa. La piaga della pirateria scoraggia 'i corallini. Scorrerie dei Mori e pestilenze contratte in Africa. Interferenza francese. Flusso commerciale verso la Gran Bretagna. Imposizioni fiscali francesi sui banchi nordafricani e conseguente ridimensionamento dell'attività delle coralline trapanesi. Il ripudio del corallo. Le doti nuziali di jocalia, nel XIX secolo a Trapani. Andamento delle campagne di pesca prima della scoperta dei banchi di Sciacca. Corallicoltura. Gli effetti del «fenomeno Sciacca». Importazione del corallo giapponese.

La piaga della pirateria
La pesca del corallo non è stata mai esercitata senza che una potenza marinara non ne assumesse la protezione. Vada sé che i corallini erano anche predisposti e pronti a trasformarsi in bellicosi uomini d'arme per difendersi dai corsari; ma questa bivalenza fu possibile e rimase valida per una certa epoca (sicuramente fino a tutto il XVII secolo), fino a quando la pirateria venne esercitata con spade, lance, pugnali, baliste e balestre e alcune imprecise armi da fuoco.
I Trapanesi, comunque, si facevano rispettare.231 Tale era la fama del coraggio e dell'intraprendenza dei siciliani che i «mori più di lor (stessi) temendo, incominciaron di là innanzi a guardar con pii! vigilanza che prima tutte le loro marine ed occurrendogli di armar alcun brigantino di corsa, siccome si usa di far tra loro, incominciarono a chieder o segurtà, o giuramento almeno dal padrone (che lo fosse per condurre) di non dover dietro di detto spazio prefisso a gir a sorgere nel mare di Trapani per nulla occasione».232
Di fatto, però, quando i tempi divennero piu cruenti la protezione delle grandi potenze si dimostrò indispensabile. Spagnoli, Genovesi, Francesi e Inglesi, consapevoli dei grandi margini di utile che lasciava il commercio conseguente alla pesca del corallo, orbitarono costantemente attorno alle coste africane per esercitare in proprio o per proteggere le coralline. Talora venne chiesto come contropartita un rapporto commerciale privilegiato creando un flusso preferenziale nei traffici mercantili, come fu per gli Inglesi.
Ma si può dire che fino agli inizi del '700 l'attività di pesca fu piuttosto libera, per cui Trapanesi, Napoletani e Genovesi si spostarono con molta facilità nel Mediterraneo, pirati permettendo, per sfruttare il banco piu ricco.
L'interferenza dei Francesi in questo mare coincise con il calo dell'egemonia spagnola e determinò le prime turbative. Da tener presente, comunque, che i Marsigliesi già nel XV e XVI secolo pescavano e commerciavano in corallo, alla stregua di Siciliani, Campani e Genovesi. Ma fino a quando la marina della Repubblica di Genova mantenne integro il suo prestigio, l'azione della potenza d'oltralpe rimase molto contenuta.
A metà del XVI secolo i Francesi ottennero dal sultano Keireddin (padrone di Bona e Costantina) il privilegio esclusivo di pesca sul tratto di costa che va da Tabarca a Bona, cioè un vero e proprio monopolio. Nel 1560 i transalpini costruirono in quelle terre il «Bastione di Francia» che però nel 1598 venne distrutto dagli Algerini; ma i Francesi lo riedificarono nel 1628. Le ostilità degli Arabi e la tenacia dei Genovesi non consentirono, tuttavia, ai nuovi arrivati di sfruttare appieno il monopolio ottenuto, ma con ogni mezzo l'attività degli Italiani fu disturbata. La pratica alla quale piti frequentemente ricorsero i Francesi fu la concorrenza nell'acquisto di grosse partite di corallo grezzo, offrendo cifre sempre piti elevate che causarono la lievitazione dei prezzi per tutti i produttori.
Infine, nel 1740 i Genovesi vendettero i loro diritti di pesca ai Francesi.
Il comandante Andrea Doria nel 1550 aveva sconfitto e preso prigioniero il terribile pirata Dragutte che infestava il Mediterraneo: impresa nella quale nel 1535 non era riuscito lo stesso imperatore Carlo V. Il pirata, come riscatto per il suo ritorno in libertà, offri T abarca ai Genovesi («piu esattamente a Lomellini che comandava la galea che lo fece prigioniero») che da allora ne divennero padroni, con diritto di pesca.
Il privilegio fu confermato dall'Imperatore turco Solimano II che conquistò il regno di Tunisi. Lo stesso fece Carlo V il quale, dietro pagamento del 5 per cento sull'ammontare complessivo annuo del commercio, costrui un presidio a Tabarca e vi mantenne una guarnigione.
Dal 1740, inizia il lento declino dell'attività di pesca e di lavorazione del corallo da parte dei Trapanesi, perché solo essi restarono quasi senza alternative a causa del predominio francese. Infatti, i Torresi puntarono soprattutto sui banchi sardi, mentre i Genovesi ridussero il loro interesse per il corallo perché distratti da fatti politici interni ed esterni alla Repubblica.
I Trapanesi, invece, furono costretti a ridurre drasticamente l'attività di pesca: l'epoca d'oro si avviava inesorabilmente al tramonto.
I Francesi, al contrario, si diedero una struttura organizzativa efficiente e costituirono a Marsiglia la «Compagnia d'Africa» attraverso la quale esercitarono subito una rigorosa sorveglianza su tutta la fascia di mare prospiciente le coste tunisine. Incursioni di pirati barbareschi, assenza di Spagnoli e Genovesi, fiscalità dei Francesi resero la vita estremamente difficile alle coralline siciliane e napoletane.
Nel 1794, però, il Comitato di Salute Pubblica, accettando il principio della libertà sul mare, abolì il privilegio della Compagnia d'Africa: Trapanesi e Napoletani esultarono.233 Ma fu breve gioia perché nel 1802 i transalpini ritornarono sulle posizioni precedenti. Non si trattava, però, dell'ultima decisione.


Via Corallai a Trapani, com'è attualmente. La strada era abitata dai pescatori di corallo.

ATTENZIONE PER VOLONTA' DELL'AUTORE IL CAPITOLO E' INTERROTTO



231 Nel 1582 una colonia di pirati barbareschi andò a rifugiarsi nell'isola di Favignana, pronta a colpire le coste vicine non appena se ne fosse presentata l'opportunità. I Trapanesi, invece, nottetempo andarono a Favignana a scovarli e li fecero prigionieri. Il Viceré di Sicilia, Marco Antonio Colonna, apprezzando che semplici marinai erano riusciti dove la Marina del Regno aveva fallito - la pirareria e il brigantaggio erano la piaga del tempo - esentò i Trapanesi, in analoghe future imprese, dal pagamento della decima delle «prese» all'Ammirante Reale. L'anno successivo i Trapanesi, sulla spinta di questo incentivo andarono ad occupare e saccheggiare Monastir. Da li a poco, sette brigantini rrapanesi nel mare di Biserta assaltarono una galea della marina militare turca (tuttavia avendo infine la peggio).
232 Cosi scrive Giovan Francesco Pugnatore nella sua «Historia di Trapani».
233 G. Balboni, Il corallo considerato come specie animale e come prodotto industriale, a pago 38 afferma che in quel periodo nella zona di Tabarca «200 coralline italiane si portarono a pescare liberamente».



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DEDICATO A:
Mario Tartamella

1986 © Copyright by
Maroda Editrice

I Edizione Aprile 1985
Il Edizione Ottobre 1986

Per il cortese contributo di esperienze, si ringraziano le famiglie: Adragna, Alagna, Barraco, Barresi, Burgarella, Cammareri, Cardella, Cirafici, Curatolo, D'Ali, D'Angelo, Fardella, Fa da le, Giacalone-Salvo, Governale, Ingarra, La Porta, Manzo, Marini, Marotta, Matranga, Messina, Orbosué, Parigi-Fontana, Romano, Todaro, Virga; nonché le Dirigenze del Museo Regionale «Pepoli» di Trapani e del Castello di Boloeil.

Un ringraziamento particolare al dottore Aldo Sparti (Direttore dell'Archivio di Stato di Trapani) per la costante e dotta disponibilità.

Fotolito: GAMBA - Roma

L'impaginazione delle tavole a colori è stata curata dall'Editecnika srl Palermo-Trapani

Fotocomposizione e stampa: Arti Grafiche Siciliane - Palermo





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