Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

L'odore della cera - di Giovanni Cammareri


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IL VERO SANTO PATRONO - Monitor n° 2 - 19 gennaio 2007


Acireale: Uscita di san Sebastiano (S. Brancati)

Vuole la tradizione, che fu un albero d'alloro quello a cui legarono san Sebastiano quando i dardi scagliati dai soldati di Diocleziano lo trafissero. Per questo, a Tortorici, la domenica più vicina al 13 gennaio ha luogo la processione du ddauru. Numerosi devoti di ogni età giungono da circa ottanta contrade sparse tra i Nebrodi recando ciascuno un alberello d'alloro.
Al 20 gennaio, giorno della ricorrenza liturgica, entrano in scena Acireale, Augusta, Barcellona Pozzo di Gotto, Belvedere, Catania, Ferla, Francofonte, Motta D'Affermo, Mongiuffi Melia, Limina, Maniaci, Mistretta, Piedimonte Etneo, Presa, Riposto, Siracusa.
A Giarre e a San Giovanni La Punta le celebrazioni avvengono la prima domenica successiva al 20; a Santa Venerina l'ultima di gennaio.
Ometto quali fra i menzionati centri replicano la festa in estate e quanti altri la propongono soltanto d'estate o in primavera. Mi si consenta però almeno la menzione di Melilli e Palazzolo Acreide. Melilli in quanto fulcro geografico dell'intera devozione isolana al santo di Narbona, dove il 3 e 4 maggio esplodono i festeggiamenti in tutta lo loro dirompente forza sospesa fra il viaggio penitenziale dei nuri e la gioia espressa coi mazzi di fiori e i tamburelli. Palazzolo Acreide per il fatto che la fazione (è il caso di dire) del santo contenda seriamente il primato cittadino al patrono ufficiale che è san Paolo. Il! O di agosto, alle tredici in punto, scende le scalee della sua chiesa fra terrificanti esplosioni e lanci di nzareddi (lunghe strisce colorate di carta) alle grida continue di domanda e risposta: jè chi ssiemu tutti mutil?; chistu è lu vero Patroni!. Una rivalità che in tempi lontani ha portato a suddivisioni di territori, a scontri verbali, agguati e sassaiole. Oggi, a parte le reciproche, intime convinzioni attorno la santa le aderschip locale, sanpaulisi e sammastianisi si limitano a definire, spettacolare gli uni, imponente gli altri, la propria sciuta.
Ma ritorniamo ai giorni dell'inverno, dove nei posti montani occorre talvolta spalare la neve affinché le processioni possano avere luogo. Ma non è solo questo, è che l'incedere processionale di san Sebastiano molto spesso avviene di corsa, veementi corse nel freddo pungente di paesini innevati e al sano e genuino calore della festa, calore meno metaforico laddove il mare si avvicina alla costa. Ad Acireale, per esempIo.
Alle undici del mattino del 20 gennaio il bimartire sbuca sul sagrato della sua splendida basilica.
La piazza antistante è gremita. I divoti, ai quali è riservato l'onore e l'onere di spingere e sollevare, quando occorre, il pesante baiardo, hanno il loro bel da fare per cercare di creare non solo un varco ma un bel po' di spazio per consentire la discesa in strada del pesantissimo fercolo. La discesa avviene di corsa. E quando il sordo rantolio delle ruote sembra liberare quell'attesa sempre più spasmodica, ecco allora che i respiri si fermano. Il fercolo argenteo piomba sulla strada, sovrasta la folla, si mescola al barocco circostante mentre sfreccia, compie una curva prima di arrestarsi quasi a piazza Duomo: gli anziani dicono che una volta quella piazza veniva raggiunta e san Sebastiano correva più veloce di adesso. Meno gente attorno, maggiore abilità dei divoti di allora. Quindi inizia una lunga marcia attraverso ogni via e piazza della città fra continui scampanii e maschiate. Fino a notte.
Verso le tredici, in via San Carlo, avviene l'unico sollevamento totale del baiardo, una macchina settecentesca aventi le ruote non sterzanti, motivo per cui necessita di continui sollevamenti della parte anteriore o posteriore, al fine di essere direzionata a ogni svolta. Ma in via San Carlo occorre sollevarla completamente.
Nel pomeriggio la corsa viene replicata al mercato, prima di qualche altra impennata serale di cui l'ultima al momento dell'entrata al grido di vivasanbastiaaano. Un'invocazione disperata che sembra provenire da ogni luogo, almeno qui, nella Sicilia orientale, dove il bimartire regna.



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