Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

L'odore della cera - di Giovanni Cammareri


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IL CARNEVALE CHE NON C'È - Monitor n° 4 - 04 febbraio 2005


Trapani: Bando per il Carnevale 1827 (coll. T Perrera)

Un tale, detto Trinca, di professione calzolaio, produceva pernacchie che parevano trona. Appostato sotto Palazzo Cavarretta, dispensava il magico suono a quanti volessero sfottere un amico o un nemico capitato nei paraggi o anche più distante.
La leggenda metropolitana narra infatti di una lunghezza d'onda fenomenale, pare fino alla chiazza, alla Capitaneria di Porto e alla cattedrale, rispettivamente a destra, a manca e di fronte la sua postazione. Bastava chiamare un nome ad alta voce. E il suono si propagava immediato a mò di risposta. E' questo uno spaccato relativamente recente del carnevale trapanese, antico quasi quanto la stessa città, sopravvissuto a divieti e guerre, poi smarritosi improvvisamente tra le abuliche corde musicali del benessere.
Nel 1545, il divieto dell'allora Presidente del Regno rappresentò una prima svolta a un momento che avrebbe potuto forse percorrere direzioni diverse. Multa di mille fiorini o quattro tratti di corda ai contravventori.
Per la verità il Carnevale aveva preso una brutta piega.
Approfittando della baraonda collettiva ci si prendeva la licenza di ingiuriare, decantando nomi di donne fedigrafe, e qualcuna di esse finì ammazzata da qualche marito geloso.
Il cinquecentesco Carnevale descritto dal Pugnatore non cessa, muta le sue forme. Sebbene, al suo tempo, egli parli di antico costume come una finta immagine delle guerre veraci e di moniti della Chiesa di non intervenir di là innanzi in simili giochi. Il gioco consisteva nella conquista della Loggia. Palazeschi e Casaleschi iniziavano a contendersela circa venticinque giorni prima del martedi grasso (del resto si diceva doppu i tri re si rice olè), ultimo giorno di una guerra a base di offese e... avventandosi vincendevolmente, in prima aranci, poi vilicespi d'erbaggi, et appresso fango et ogn'altra spezie di lordezza e di succidume... con pugni, con spinte, et alle volte con bastoni.
Per fortuna tutto rimaneva circoscritto in quei momenti ludici perché, usando ancora le parole dello storico, la mattina seguente tutti amichevolmente conversan fra loro, e contan ridendo i fatti dei più valenti... sopportando i vinti con tranquillo animo la fortuna avversa, sperando di vendicarsene alla prima pugna seguente.
Il Dopoguerra rappresentò un periodo speciale. La gente aveva voglia di vivere e di ridere; se era il caso, di dare e prendere pernacchie, perché no?
Il 1947 vide già la realizzazione di carri allegorici a cura dell'Enal, della Cooperativa S. Alberto, della Corda Frates, goliardico sodalizio di studenti universitari in seguito divenuto Cut. Proponevano tematiche semplici, satire politiche per chiedere la rimozione delle macerie, la ricostruzione della città, l'acqua; già, l'acqua, liquido sempre prezioso da queste parti, binomio quasi inscindibile: Trapani-acqua.
Quindi, per quello e altri anni ancora che seguirono, nel rigoroso rispetto dell'universale copione carnascialesco, tutto aveva fine con la chiassosa immolazione del nannu e della nanna.
Ritenuti responsabili delle nefandezze di quella (?) società venivano bruciati in piena Loggia a conclusione di regolare processo... inquisitorio.
Gli anni '60 segnarono un intiepidimento delle iniziative locali. Come nell'800 si continuò a ballare nelle sale, nei circoli, nelle abitazioni private. Diminuirono però i concorsi riservati alle maschere e non vennero più allestiti carri allegorici. Iniziò così a spegnersi la chiassosa partecipazione collettiva, il connotato pubblico del carnevale cittadino vissuto nelle strade e nelle piazze, il sano elemento aggregante frutto di una voglia di rinascita che andava allontanandosi anno dopo anno. Assieme all'eco delle pernacchie di Trinca.
A nulla sono servite, in tempi piuttosto recenti, le iniziative della locale Associazione per la tutela delle tradizioni popolari. Rinverdire i fasti di un fenomeno a suo tempo perfino spontaneo, è risultata pura illusione.
Certe cose finiscono e basta, fuoriuscite dalle abitudini culturali si spengono e muoiono.



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