Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

L'odore della cera - di Giovanni Cammareri


pagina precedente

pagina successiva

IL PANE DEGLI DEI - Monitor n° 10 - 17 marzo 2006


Salemi: "Cena" di San Giuseppe (V. Anselmo)

Narrano, le leggende, di miti e carestie, di alberi rinsecchiti, senza frutti né fiori, e di genti disperate. Il ratto era stato consumato. Ade aveva rapito Persefone, e sua madre, Demetra, dea delle messi e della vegetazione, smarrita la voglia di vivere abbandonò a se stesso il giardino del mondo che era la Sicilia, supplicando Zeus affinché la figlia tornasse.
Venne allora stabilito che Persefone avrebbe trascorso sei mesi negli inferi e sei mesi sulla terra.
Arrivato il momento ella lasciava le tenebre della dimora coniugale, e sua madre, presa dalla gioia, colorava il gran giardino con i fiori e i frutti della primavera. Perfino gli uomini, scongiurato il freddo perenne e la morte, festeggiarono quel ritorno allestendo altari adorni di mirto, di alloro e di pani.
Da allora mai tralasciarono la devota pratica.
La metafora delle stagioni, la bella e la brutta stagione, le due sole stagioni in effetti plausibili, non ebbe perciò mai fIne, nemmeno quando i miti abbandonarono gli uomini, che iniziarono a trarre conforto dai santi.
Oggi, quando è il tempo sacro a san Giuseppe, sono altari zeppi di pane a forma di scale, forbici, baccelli, chiavi, orologi; ancora ricchi di mirto, di arance e limoni lasciati dagli arabi e con un pesciolino rosso che è il cristianesimo.
Da allora insomma, al tempo del primo ritorno di Persefone, le tracce della storia hanno sedimentato le diverse culture attraverso innumerevoli simboli, segni utili a esorcizzare paure, ad alimentare speranze.
Da Malfa, nelle Eolie; ad Acate, Santa Croce Camerina (nel Ragusano), fino a Ribera, Borgetto, Salaparuta,Vita, Salemi e nelle Egadi, soprattutto a Marettimo, li chiamano cene, questi apparati allegorici della vita allestiti per un culto incredibilmente vivo e parecchio diffuso nell'intera Sicilia.
La bella stagione ritorna, la pratica si ripete puntuale, simile ovunque, con piccole varianti da un lùogo all'altro.
La sacralizzazione dell'equinozio di primavera avviene attraverso 'u mmito, offerto per motivi di voto alla Sacra Famiglia. In certi posti l'invito viene esteso a sant'Anna e san Gioacchino, per cui i personaggi (e gli invitati) generalmente interpretati da bambini una volta poveri, diventano cinque.
Le cene, in realtà lauti pranzi, avvengono presso abitazioni private; ma anche in spazi pubblici.
I bambini che interpretano i sacri personaggi, talvolta, soprattutto nella Sicilia occidentale, vestono all'araba, anche se sempre più spesso, ormai, indossano abiti normali.
Vengono prelevati nelle case con la banda musicale o con un tamburo e attraversando le vie del paese giungono in chiesa, dove assistono alla messa, oppure vanno direttamente al banchetto. Ovunque i santi bùssano prima di essere accolti in chiesa o nelle case. A Sommatino il bussare è chiamato tuppi tuppi, la tavola imbandita la si dice sbampata .
A Santa Croce Camerina le sacre famiglie invitate possono essere più di una e a interpretare san Giuseppe è sempre un uomo anziano. Questi benedice la casa una volta entrato, si lava le mani in una bacinella contenente vino e acqua, asciugandosele quindi in una tovaglia di lino; infine, prima di sedersi a tavola dice così.. o cantu o cantu, cc'è l'ancilu santu, 'u Patri, 'u Figghiu, 'u Spiritu Santu. E inizia il banchetto. Il susseguirsi delle portate sarà, pçr così dire, regolare, a differenza di Salemi dove si comincia con la frutta, generalmente arance, e si conclude con la pasta c'a muddica e (finocchi. Sempre a Salemi suole dirsi che le portate siano centouno, tuttavia va segnalato che questo è soltanto un modo di dire, per evidenziare cioè che sono tantissime. In effetti possono anche arrivare a quaranta.
Nello stupendo e incomparabile barocco di Scicli, la sera della vigilia (una volta il18 marzo, oggi il sabato più vicino al 19) ha luogo una singolare cavalcata caratterizzata dal gran frastuono dei campanacci dei cavalli. Ma ancora più singolari, quasi bizzarre, sono le enormi bardature dei cavalli rivestite da composizioni floreali (calici, croci, ostensori ecc.) realizzate con le violacciocche.
La singolare sfilata equestre viene preceduta dai tre personaggi interpreti (il santo Patriarca da un uomo maturo) della Sacra Famiglia impegnata nella ricerca dell'Egitto. I cosiddetti pagghiari, enormi cataste di legna, piante rinsecchite e quant'altro, altra caratteristica della festa, oggi ridotti soltanto a due, vengono poi incendiati al passaggio della rumorosa e variopinta carovana festante. Ricompare il fuoco quindi, in tutta la sua simbologia scacciamali legata ai transiti stagionali.
A Marettimo sono ancora infatti in uso i famosi vampi' SagnusepPi della vigilia, quest'anno postergati al 19 poiché, essendo domenica, disposizioni ecclesiastiche non consentirebbero la processione e le cene, a loro volta, sono state spostate al 20. Nel piccolo centro isolano danno fuoco alle barche vecchie sulla spiaggetta dello scalo nuovo se è scirocco; se soffia la tramontana il rito catartico del fuoco viene spostato al molo vecchio. il sacro convito della giornata festiva è qui soltanto uno e avviene in piazza. Ciascuna famiglia del paese viene però ugualmente coinvolta attraverso una suddivisione di compiti: chi fornisce tavola e 'sedie, chi le posate, chi prepara il primo, chi il secondo e così via.
Le solite processioni concludono qua e là i festeggiamenti.
A Scicli, a Giarratana, a Santa Croce Camerina, dove peraltro possono ostentare il simulacro più bello dell'intera Sicilia, opera del Bagnasco (nella foto), le processioni avranno luogo il 19. Sebbene domenica infatti, dopo l'abolizione del giorno festivo la soluzione rimediata da quelle parti è stata quella di effettuarle la domenica più vicina al 19, che quest'anno coinciderà con il giorno festivo esatto. Lo stesso anche a Vita, dove però la si fà ad anni alterni. A parte alcuni singolari stendardi a gonfalone, ricchi di nastrini variopinti legati in cima, tratta si comunque di una processione abbastanza comune. Meno comune rimane semmai la convinzione degli abitanti di Vita i quali si ritengono i veri inventori delle cene, la cui idea venne loro sottratta dai vicini salemitani.
Vai a capire da dove nasce questa loro convinzione. E vagli a raccontare di quella vecchia storia di rapimenti e miti...


Santa Croce Camerina: San Giuseppe (S. Brancati)




pagina precedente

pagina successiva









E-mail e-mail - redazione@trapaninostra.it