Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

L'odore della cera - di Giovanni Cammareri


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I VENERDI' DI QUARESIMA - Monitor n° 5 - 11 febbraio 2005


Trapani: Anni '20 l'Ascesa al Calvario (Coll. Cammareri)

Scinnuta, ossia discesa, termine coniato con la realizzazione delle cappelle dell'oratorio di S. Michele. I lavori iniziarono nel 1712 per concludersi poco dopo il 1750. Ma la scinnuta, non ancora così chiamata, esisteva da tempo. Era semplicemente una religiosissima funzione dei venerdì di Quaresima, una riflessione meditata sul significato iconografico del gruppo esposto.
L'orazione nell' orto al primo, La guanciata al secondo, La coronazione di spine al terzo, quindi La sentenza e L'ascesa al Calvario.
L'ultimo venerdì, detto dei Dolori - proprio perché al dolore della Madre dedicato ovunque e istituito col Sino do di Colonia nel 1423, in opposizione all'eresia degli Ussiti che distruggevano le immagini di Maria dolente - era perciò riservato all'Addolorata.
I vennari risalgono insomma al 1653. A principio, assieme al mistero di turno veniva esposto, fin dal mattino, anche il Santissimo. Al tramonto, la predica conclusiva.
Padre Benigno di Santa Caterina, nella sua Trapani Sacra, manoscritto del 1812, non solo conferma l'esistenza dell'antico rituale, ma ribadisce e suggerisce altri due elementi.
Primo, i gruppi coinvolti riguardano la Passione (non la Morte), niente deposizioni quindi, lanciate o sollevazioni di croci.
Secondo, è ancora la Confraternita di San Michele a gestire i quaresimali venerdì (gestione, defInizione assolutamente attuale e da tenere, preferibilmente, lontana dalle realtà festive).
A essere precisi il Frate, elencando le fInalità del sodalizio, a un certo punto dice: finalmente si predica con gran concorso di popolo in tutti i sei venerdì di Quaresima. ...
All'epoca, per i trapanesi è già, la scinnuta du misteri. Perché sebbene l'atto di scendere l u misteri dalla cappella (o nicchia, come usualmente la chiamavano) rimaneva sempre un momento avulso dal rito vero e proprio, esso rappresentava comunque un'operazione indispensabile'al fIne di porre poi il gruppo in mezzo alla chiesa. O meglio: a San Michele ve~va sistemato dietro un altare di legno e innanzi la porta che separava la primordiale chiesa dall'oratorio, di rimpetto l'entrata. Cerchiamo di visualizzare la situazione attraverso una succinta descrizione del luogo.
La trasformazione dell'antichissima (1436) cappella a pianta ottagona, luogo di culto dei francesi, che nei paraggi tenevano il Consolato, diede vita a una struttura quasi rettangolare con l'altare maggiore a Est e l'entrata più recente a Nord.
Misurava 15 metri e 43 centimetri restringendosi fIno a 14,70 sul lato occidentale, per 18 metri, escluso l'abside, profondo 9,90 (altare centrale) e 8,40 (nei due laterali). L'oratorio (profondo circa quindici metri e largo undici) era attaccato alla parte meridionale della chiesa e da essa separato dal prima menzionato portone. Quindici dei sacri grupPi vi venivano custoditi in apposite cappelle chiuse da imposte a vetri.
I rimanenti tre, assieme all'Addolorata e Gesù nel Sepolcro, rimanevano nella prima chiesa. Pare infatti che la gente distinguesse in questo modo le due strutture: la prima e la seconda chiesa.
Col sopraggiungere della Quaresima il luogo cominciava ad animarsi, assieme alla via S. Michele sulla quale si apriva il cancello che dava accesso al cortile antistante, dove i musicanti (sempre se 'u misteri aveva la musica) trovavano posto disponendosi sulle sedie appositamente preparate.
Le note si spargevano così nell'aria ancora fredda dei tardi pomeriggi d'inverno, penetrando nelle strade tortuose e popolate di quello che ora è Corso Italia. E mentre fuori, gli uomini tracannavano i sorsi di un intruglio a base di vino e gazzosa, dentro ci si riabbracciava coi Misteri. Dopo un lungo, lunghissimo anno che aveva fatto perfino scordare com'erano fatti, rinchiusi, com'erano stati, in quelle nicchie dai vetri ondulati saldati da asticelle di rame; perché una così grande vetrata risultava impossibile farla intera. Allora a ogni venerdì ne veniva fuori uno; atteso, quasi bramato.
E la festa aveva per questo un sapore diverso, il genuino sapore dell'autentica festa.
Si iniziava con Gesù nell'Orto, perciò. Ma anche 'u Signori c'a cruci ncoddu lasciava subito l'oratorio per fInire (spoglio dei suoi argenti) nel cappellone centrale, quello riservato a san Michele, a sinistra dell'entrata. L'usanza potrebbe essere giustifIcata da motivi di culto o da remoti retaggi. L'utilizzo del gruppo per esempio, da parte della Confraternita, in tutti e sei i venerdì di Quaresima, proprio alle origini della stessa funzione.
Il secondo conflitto mondiale si frappose come un orrendo sipario tra la vita che era stata e quella che ricominciava.
E niente poteva ricominciare uguale a prima, neanche i giorni del Sacro.
L'oratorio di S. Michele aveva subito danni gravi, ma non irreparabili. I Misteri lo abbandonarono lo stesso. Dal 1947 al 1958 trovarono sede nella chiesa del Collegio, dall'anno successivo, al Purgatorio. Del primo periodo vanno segnalate soltanto le funzioni del Venerdì dei Dolori; finalmente, nel 1964, i Misteri, sebbene ormai solo addossati alle pareti della nuova dimora, ricominciano a essere impropriamente scesi.
Due i cambiamenti: La caduta al Cedron prende il posto di Gesù nel/'orto, La Coronazione di spine viene sostituita dalla Flagel/azione.
Agile predicatore dell'epoca, Padre sanacore; abitudine discutibile quella di condurre il gruppo fin davanti al portone attraverso un'annacata all'interno della chiesa. Ovviamente per chi usufruiva della musica ed eccettuati L'ascesa al Calvario e l'Addolorata che peraltro, in quella circostanza, quasi mai disponeva di banda musicale.
Gli anni '70 furono anni confusi. La cultura dell'epoca si dimostrò poco propensa al rispetto delle radici, delle espressioni festive a carattere religioso in genere, problematica sociale di ampie dimensioni e non strettamente a carattere locale. Qualche scinnuta saltava completamente se un altro ceto non era pronto a fornire la propria disponibilità nella· sostituzione. I ceti rinunciatari affermavano di non potere sostenere le relative spese, qualche altro non intendeva rimpiazzare nessuno, adducendo la motivazione di non essere mai rientrato tra i venerdì. Insomma, colmare o semplicemente rispettare la tradizione era divenuta una vera incombenza.
Fu questo il periodo dell'introduzione della messa, ancor prima che negli anni '80, quando, completamente travisato il carattere originario, religioso e meditativo della funzione, molti ceti, ravvedendo forse in essa una sorta di privilegio, pretesero scinnute che vennero effettuate di giovedì, di sabato, di domenica, di lunedì, perfino.
I vescovi frattanto iniziarono a intervenire limitatamente alla funzione dell'Addolorata prima, a cui aggiunsero il venerdì precedente riservato all' Ascesa al Calvario.
Nel 1991 e nel 1997, in un contesto rivalutativo del rito (intendo dal punto di vista di una rinata divulgazione della sua esistenza) va ravvisato lo sforzo di un ritorno alla tradizione, sebbene con qualche compromesso. Ritornato ai soli venerdì, l'antico costume ha visto l'inserimento di più gruppi nello stesso giorno, talvolta senza badare, almeno alla salvaguardia di qualche punto fermo, come la scinnuta del Cristo portante la croce, anticipata, qualche anno addietro, di un venerdì, in seguito ritornata al suo naturale spazio del penultimo.
E' questo l'assetto attuale mantenuto fino ai nostri giorni, dove gli sforzi della Chiesa, più attenta rispetto al recente passato (vedi la presenza del Vescovo a ogni venerdì e le vie crucis fatte confluire nella chiesa del Purgatorio) nel volere almeno conferire contenuti alla funzione, si contrappongono al clima di grande bagarre che regna ogni anno in seno all'Unione Maestranze: il calendario, il calendario delle scinnute, questo è il problema.
E mentre un brivido mi percorreva la schiena, ascoltando un tale assessore il quale con assoluta nonchalance parlava in televisione di Misteri e marketing territoriale, ho preferito pensare alle semplici, silenziose, sane scinnute di una volta.


Trapani: Anni '20 l'Addolorata (Coll. Cammareri)




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