Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

L'odore della cera - di Giovanni Cammareri


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I FUOCHI DI SAN GIOVANNI - Monitor n° 23 - 22 giugno 2007


San Giovanni Galermo: San Giovanni

San Giovanni è momento di passaggio, apertura all'estate, mutazione quindi del Tempo. Se queste cose generano ancora nell'uomo stati di apprensione, la risposta è legata agli arcaici retaggi inconsciamente ereditati dall'uomo moderno e pronti a manifestarsi ancora tutte le volte in cui cambia qualcosa, che siano i millenni, gli anni o le stagioni.
In tali momenti si credeva nella presenza in terra di entità demoniache le quali potevano liberamente colpire con i loro malefici sortilegi. Per questo si accendono ancora i falò.
Perché occorre generare il fuoco, elemento naturale, catartico e scacciamali di cui le entità malvagie hanno timore e dal quale preferiscono starsene alla larga dandosi alla fuga.
Prendiamo i transiti stagionali. Nel mondo contadino soprattutto, non coincidevano necessariamente con i solstizi e gli equinozi, anzi, probabilmente, certe coincidenze astronomiche risultavano poco conosciute. Allora l'uomo, li decideva lui i momenti di passaggio. Lo faceva attraverso un rapporto diretto con la natura, la stessa che in fin dei conti gli condizionava l'attività lavorativa nei campi, dalla semina al raccolto; anzi al contrario, e con un necessario riposo estivo nel mezzo.
L'autunno giungeva 1'8 settembre, giorno ritenuto della natività di Maria. La presenza mitica ancestrale della Donnadea, della Donna-Madre, nel suo ruolo protettivo e riproduttivo, dava conferme rassicuranti. E intanto si accendevano i falò. Nella'notte tra il 7 e 1'8. Vi partecipava la gente che in quei luoghi aveva trascorso la villeggiatura. Il giorno dopo ritornava in città celebrando la Madonna Bambina.
Esattamente tre mesi dopo veniva suggellato l'ingresso nella stagione invernale. A Calatafimi, per esempio, nella notte vengono ancora accesi i fasci di ampelodesma, celebrando così l'Immacolata.
La primavera arriva con san Giuseppe. I vampi della vigilia sembrano destinati a portarsi via il buio dell'inverno, mentre la luce della bella stagione trionfa puntuale il giorno dopo fra le tavole imbandite della provvidenza.
Infine, come si crede ancora che la notte di santa Lucia sia la notte più lunga dell'anno, la cosa opposta accade il giorno di san Giovanni Battista, dell'anno ritenuto il più lungo. E' il 24 giugno e, finalmente, si diceva all'inizio, è l'estate.
Per tale ragione veniva aperta ufficialmente la stagione balneare, anche perché, dicono, i capelli del Battista, sempre un po' scompigliati nell'iconografia che lo raffigura, alluderebbero proprio ai raggi del sole.
Nei posti rurali si faceva gran festa. Si usava soprattutto mangiare le fave novelle. Le classi subalterne hanno sempre dato grande importanza a questo legume molto spesso presente nelle occasioni festive.
Mentre le donne aprivano i baccelli, gli uomini andavano a raccogliere quanto occorreva al fine di accendere un fuoco.
Per scacciare il male. E per metterci sopra la pentola dove cuocere, con abbondante sale, le fave. Ancora ad esse era legata l'usanza riservata alle donne di prenderne tre, sbucciarne interamente una, una in parte e una per niente. Da quella che poi prendevano a sorte dipendeva il buono o cattivo auspicio, quest'ultimo era legato alla fava interamente sbucciata.
San Giovanni, protettore dai fulmini e dei buoni rapporti fra compari, suggeriva inoltre le condizioni del futuro sposo alle donne nubili. Bastava che esse attingessero l'acqua da un pozzo gettandosela dietro, o mettersi in bocca un anello e attendere alla finestra.
Nell'uno e nell'altro caso il futuro sposo avrebbe avuto la condizione del primo uomo di passaggio. Numerosisime e variegate erano comunque le credenze legate al 24 giugno, tuttavia lasciamo spazio ai momenti devozionali che rimangono abbastanza sentiti a Marsala dove il santo è compatrono e dove però i festeggiamenti non hanno più il clamore e il coinvolgimento di prima. Le cose vanno meglio a San Giovanni Galermo, vicinissimo a Catania. Il santo esce a mezzogiorno e, immediatamente dopo, i cosidetti pueli'vara salgono sul fercolo e, pensando forse di essere accarezzati dai capelli del Patrono, recitano sotto i raggi di un sole a dir poco impietoso.



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