Archivio culturale di Trapani e della sua provincia
DATTULI Poesie in dialetto siciliano di Palma Mineo


pagina successiva

Prefazione di Francesca La Commare

“Si soffre per la caricatura o per la miniatura di se stessi”. Palma Mineo fa parte della seconda categoria.
Dolce-amara la sua vita. Dopo poco nata nuzzintedda e fu turmentu è colpita da una malattia invalidante, s’accascia piru sfattu senza piricuddu; portata e curata al Lazzaretto, trasformato poi in un luogo ricreativo, dove lei ritornerà tra gente di cultura tutti nnamurati di la puisia. Circondata da tantissimo affetto, battagliera, accudita da un’intelligentissima ed attentissima madre tutti li me’ capricci accuntintavi e la me naca fu spissu lu to pettu.
Trascorre la sua infanzia a “Torre di Ligny” a contatto a trecentosessanta gradi con il mare, infinita distesa d’acqua verde di cui diventa innamorata, amica, confidente talìu ‘ncantata jò stu beddu mari e comu ‘nnamurata batti ‘u cori, un moddu lettu mi pari, dunni ci posu tutti li pinseri, stari ‘n mezzu ‘i so’ biddizzi e notti e jornu aviri ‘i so’ carizzi.
Altro suo amore è il cielo smisurato che la circonda, di notti stiddiatu e la luna mi talìa, mi pari chi m’abbrazza e quando non è piena pari na naca e mi canta l’alavò.
In famiglia e con le amiche parla il dialetto puro, denso di espressioni, termini arcaici, arcani, retaggio di tante, svariate e lontani invasioni e dominazioni che hanno trasformato uomini, cose e paesaggi, linguaggio dai suoni ora dolci ora aspri ma sempre efficaci, pieno di potenza e bellezza, e la sua si manifesta prestissimo, come vulcano in ebollizione: quando la sua musa chiama la emoziona e la squassa fino a che Palma non si siede e trasferisce su carta emozioni, commozioni, sentimenti, riflessioni, considerazioni, ricordi accorati e la lingua sprizza fuori limpida, trasparente, semplice, malinconica o lieta, affettuosa o irritata, appassionata o lucida, a versi liberi o in rima, ritmati ma sempre lirica; il suo mezzo espressivo è quasi sempre il vernacolo, perché è immediato e diretto, sgorga dal profondo del suo cuore: puro, senza aggiustamenti o ripensamenti, è la lingua dei padri: è puzzu surgivu pari la so menti, rispetta l’italiano: jò ci rispettu ‘i versi e ddu sapuri ma lu me cori parla ‘n sicilianu, il cuore del poeta è di mattula vagnata sempri tènnaru pari picciriddu, cu duci paroli lu pettu trapàna (come ci ricorda Wordsworth e il fanciullino di Pascoli!).
Il suo interesse è rivolto a temi di natura intima ma anche sociale e universale: bambini e vecchi, genitori e nonni, droga, buco dell’ozono, guerre, progresso, emigranti, rivelando rabbia e dolore per il male, gioie, nostalgia, rimpianti, ma soprattutto tanta umanità ed affetto.
Spicca per originalità “‘A musca prigiuniera” una mosca che liberata ‘ntornu vulàu tutta leta. Dolce-amara la vita di Palma: una donna piccola, solare, dagli occhi ridenti e intelligenti; in tarda primavera sposa un uomo vedovo con due bambini che la adorano, uno le regala un anellino di scarso valore oggettivo ma di immenso valore affettivo: perciò cuntrollu sempri stu tisoru, lu vogghiu misu appressu quannu moru; il piccolo le fa una prumissa: ma quannu sugnu granni ti prumettu di strìnciti ogni jornu a lu me pettu, le sarà negata la gioia di essere madre naturale della propria creatura che per pochi mesi è cresciuta dentro il suo grembo, rimanendo amaramente delusa, il colpo più forte però le viene inferto dalla morte improvvisa del marito vittima di un incidente stradale che la prostra lasciandole un vuoto incolmabile ma lei risorge dalle sue stesse ceneri, come la fenice, testarda trova conforto e guida negli affetti: con la madre - alla soglia del centenario - esiste da sempre un cerchio magico d’amore, con i figli, le nuore ma soprattutto con i suoi tre nipotini: li me giuielli d’oru culatu e di granni valuri.
Il suo contatto con la natura e l’ambiente è unico, lei è da sempre innamorata dal luogo dove è nata «Turrignì», sospesa tra cielo e mare, ma nel suo cuore c’è Erice, la Sicilia, l’Italia, per espandersi poi nel mondo intero, visto con gli occhi dell’emigrante, quando ne considera la solitudine e la sofferenza: tra nivi e negghia spanni lu suduri, a Natali talìa lu celu d’àutri cuntinenti, pi riturnari s’addisiassi l’ali. Palma si fa amare da tutti per la sua sincerità, la sua comprensione, la sua umanità la sua semplicità e disponibilità; la sua è una voce spontanea, umana, potente, musicale, lirica alla sua prima pubblicazione: ad maiora Palmina!

Francesca La Commare




pagina successiva



dedica:
A mia madre,
àncora, sostegno e guida
della mia vita


ringrazio l'amico
Nino Barone
per avermi dato la possibilità di pubblicare queste pagine





E-mail e-mail - redazione@trapaninostra.it