Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

L'odore della cera - di Giovanni Cammareri


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I GIORNI DEL SACRO - Monitor n° 18 - 18 maggio 2007


Vita: Festa della Madonna di Tagliavia (V.S. Giglio)

Quella volta avevo ancora nelle orecchie e negli occhi la straordinaria sarabanda di Calatafimi. Correva il 1997 e per la prima volta mi recavo finalmente a Vita per la festa della Madonna di Tagliavia. Non so dire perché non l'avevo mai fatto prima.
La festa solenne del Crocifisso era finita da una settimana o giù di li. Fu esattamente quella l'ultima grande festa nella sua eccezionalità di evento; nella sua emozionante grandiosità; perchè nel 2004 non fu esattamente la stessa cosa.
Così me ne andai da Vita un po' turbato. Fu solo un problema di dimensioni. La struttura delle celebrazioni vitesi segue del resto la stessa traccia della non lontana Calatafimi, con analoghe modalità rituali legate ai simboli della propiziazione e dell'abbondanza, a loro volta partoriti dall' economia essenzialmente agricola e pastorizia dei due centri. Almeno così era un tempo. Prima della fuga, dell'abbandono di questi e di altri posti dell'entro terra siciliana che visti da qui possono sembrare perfino delle accattivanti oasi di pace. Forse eccessive per chi ci vive. Da rasentare e toccare la noia dell'abbandono, tanto da alimentare, forse, sintomi di rabbia nei confronti di chi ha deliberatamente coltivato il nulla.
Poi arrivano i giorni della festa. A Vita, a Calatafimi, a Sutera o dove vi pare. Allora tutto cambia. Nella dimensione dei giorni appartenenti al sacro tutto appare trasformato come per un sortilegio improvviso, basti che un tamburo inizi a rullare, le bande musicali avviino i loro avanti e indietro dentro ai paesi e le alborate sveglino di buon mattino chi ancora ci vive, in questi paesi.
Quella volta, dicevo, quella volta di dieci anni fa esatti, lasciai Vita in preda a stupidi confronti. Furono i colori delle piume dei cavalli, il tintinnio dei sonagli, i lustrini delle bardature, i carretti insomma dei Cavallari a ingannar mi.
Unitamente ai fucili della Maestranza, a quel loro passq marziale e l'abbondanza lasciata sulle strade fino allo spreco. Per non parlare delle folle. Tutte cose, ricordi eccessiv~mente vicini. Troppo.
Negli anni seguenti volli ritornare a Vita spoglio di ogni preconcetto e lontano da quell'altra festa.
E con la voglia di vedere sul serio, di ammirare, di farmi entrare dentro la festa, di farla mia, annusarla e ascoltarla, viverla fino in fondo, scoprirne la genuinità, la foga e la baldanza, frutti di una devozione viva pronta a esplodere ogni volta in tutta la sua dirompente forza. La grande forza delle cose semplici che ti invitano a ritornare.
Quest'anno infatti ci ritornerò. Anche perché mi risulta si stia preparando qualcosa di speciale.
Il comune di Vita compie quattro secoli allora anche la festa sembra colorarsi di una patina altrettanto speciale.
Tanto che dal 15 aprile qualcosa si è cominciato a muovere dal nutrito programma dei Solenni Festeggiamenti... .
Sabato e domenica passati l'inizio per così dire più ufficiale. Celebrazioni religiose, mostre, giochi piro tecnici, rievocazioni storiche varie e trasporto di san Vito, patrono del paese, dalla chiesa di S. Francesco d'Assisi alla chiesa della copatrona che è 'a Bedda Matri di Tagghiavia che è una Madonna del Rosario la cui iconografia ricorda quella di Pompei.
In effetti, fu proprio l'immagine miracolosa di una Madonna del Rosario che si trovava in una chiesa a sua volta ubicata in un feudo di proprietà dei Tagliavia, nei pressi di Corleone, a far sì che nascesse e si diffondesse una devozione che giunse fino a Vita. Apprendo ciò da un interessante saggio di Vito Giglio dal titolo Il culto della Madonna di Tagliavia nel paese di Vita fra storia, tradizioni e fede, a cura del Comitato Permanente per i festeggiamenti annuali; e sottolineo annuali perché la dice lunga sulla intenzioni legate alle cadenze della locale festa.
Verso la metà del 1800, tale Diego Pedone ritornò da quel posto nei pressi di Corleone con una immagine a stampa della Vergine che collocò sul muro esterno della propria abitazione. Davanti a quella immagine i vitesi cominciarono a pregare. Nel 1896 un uomo, un massaro del paese, ricevette una grazia che egli volle compensare costruendo a sue spese una chiesetta dedicandola ovviamente alla Madonna, sotto il titolo di Tagliavia.
E' l'inizio del culto locale che fa muovere adesso alla volta di Vita gli abitanti dei posti vicini.
I festeggimenti però, le sue origini almeno, pare fossero antecedenti al 1896, sebbene l'attuale dipinto risalga al 1939.
La festa, o quantomeno il suo momento topico e conclusivo venne fissato nel giorno della S ceusa, dell'Ascensione cioè, quando le sfilate dei ceti e soprattutto la processione serale, concludono ogni cosa.
Le ragioni della scelta di tale data sono legate l'apertura del nuovo santuario in contrada Tagliavia avvenuta il giorno dell'Ascensione del 1845, ma verosimilmente venne scelta tale ricorrenza in quanto i pellegrinaggi in quella località, Tagghiavia luntanu, come la chiamavano i vite si, avvenivano già nel giorno dell'Ascensione. Singolare che esattamente in quella giornata venivano lavati gli animali con l'acqua di un pozzo vicino la chiesa, ritenuta mir;colosa, e che proprio in quel giorno accresceva le sue virtù grazie all'antica credenza che voleva tutte le acque del mondo benedette dal Cristo mentre nella notte ascende al cielo.
Era l'aspetto agreste- pastorizio del rito.
Ma poi rimane quello essenzialmente contadino, prettamente legato alla terra e ai suoi frutti e perciò alla semina, al raccolto, ai buoni auspici per l'uno e per l'altro, alla propiziazione, alla sempre desiderata opulenza insomma, garanzia di sopravvivenza e benessere per le famiglie dell'intera comunità.
Ecco perciò il senso del carro dell' abbondanza, la Carrozza trainata dai buoi, il lancio dei tipici ctlcciddati in un certo senso importati, ancora da Calatafimi. La Carrozza scortata dai camperi a cavallo, preceduta dai Pecorai, dai CavaI/ari, dai Viticoltori, dai Burgisi, dai Deputati, dai Massarioti. I ceti e la loro cavalcata lungo la quale il lancio di altri prodotti della terra, appunto: noccioline, arachidi, confetti, olive, piccole bottiglie di plastica, ricordo, con dentro il vino, in un'atmosfera di autentica festa, di grande partecipazione e di gioia collettiva pronta a protrarsi fino a tarda sera, quando a sfilare tocca finalmente ai santi patroni, a quegli alti, singolari stendardi con i nastrini colorati annodati in cima a precederli in processione: .san Vito davanti, la Madonna di Tagliavia, dietro.
E il frastuono dei tamburi nell'aria.



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